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Repubblica: L'Università e le parole chiave

Chiara Saraceno

10/07/2010
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la Repubblica

Tra i lavori in corso in cui è coinvolta l´università italiana c´è anche la razionalizzazione delle aree disciplinari in cui sono distribuite le materie di insegnamento a fini sia concorsuali che di attribuzione dei fondi di ricerca (quando ci sono). Negli anni le aree e le materie si sono moltiplicate, non sempre in risposta allo sviluppo del sapere scientifico, bensì spesso per moltiplicare posti quando si poteva ancora fare) e per controllare nicchie di potere. È una situazione molto diversa da quella riscontrabile nella maggior parte delle università europee e no, dove i docenti fanno riferimento alla propria disciplina di base (sociologia, economia, medicina, ingegneria, storia, ecc.) e vengono assunti e insegnano sulla base della loro produzione scientifica e della congruenza di questa con le esigenze delle loro facoltà, senza ulteriori etichettamenti.
Anche in Italia il Cun (Consiglio universitario nazionale) sta ora lavorando ad una razionalizzazione del sistema. Dai primi risultati tuttavia non sembra ci si possa rallegrare, in quanto l´operazione di semplificazione assomiglia molto alle logiche dei tagli della manovra di bilancio di cui si sta discutendo in questi giorni: un po´ di tagli a percentuale, ma senza un effettivo cambio di logica e soprattutto lasciando aperte le porte a molte incursioni degli interessi particolari. Così, sul piano dei raggruppamenti disciplinari le discipline continuano ad essere frammentate in più settori, con divisioni tra l´uno e l´altro e viceversa vicinanze del tutto prive di fondamento teorico. Per rimanere alla disciplina che conosco meglio, la sociologia, premesso che sarei favorevole ad un unico settore disciplinare invece che alla attuale frammentazione in 4 o 5, non si capisce davvero perché ci sia più somiglianza tra sociologia della famiglia, della religione, delle comunicazioni di massa, che fanno parte di uno stesso settore, che non tra sociologia della famiglia e sociologia generale, o sociologia del lavoro, che fanno parte di due altri settori.
Ma è l´ultimo parto del Cun a lasciare sconcertati. Si tratta dell´elenco delle parole chiave per ciascuna delle 14 (!!) macro-aree disciplinari in cui sono accorpati i numerosissimi settori disciplinari. Esse dovrebbero servire a tratteggiare il profilo scientifico di ciascuno, una sorta di un indice ragionato di ciò di cui si occupa una disciplina. Il risultato purtroppo è un guazzabuglio a metà tra ipersemplificazione (o assenza) e rincorsa al particolare. Ad esempio, nell´area 10 (area disciplinare "storia dell´antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche") sono elencate ben sei diverse archeologie: archeologia, archeologia classica, archeologia fenicio-punica, archeologia cristiana-medievale, archeologia dei paesaggi e archeologia e arte mussulmana. Ma allora perché non archeologia cinese, o buddista, o ebraico-israeliana e via elencando? Per non parlare del fatto che alcune parole chiave indicano paesi, non si capisce scelti come. In quella 11 troviamo "storia di una regione italiana", forse perché hanno trovato eccessivo elencarle tutte.
Nell´area che conosco meglio, la 14, che se non altro ha una denominazione disciplinare semplice e chiara (scienze politiche sociali), l´elenco di parole chiave disegna un ambito di ricerca che sembra ignorare i temi classici della sociologia. Non c´è la disuguaglianza, neppure nella variante stratificazione sociale e tantomeno classe, con buona pace di Marx, Weber, su su fino a Dahrendorf e alla forte tradizione internazionale di studi su disuguaglianza e mobilità sociale. Non c´è né devianza né criminalità. Mancano genere e generazioni, con buona pace degli studi sui rapporti tra uomini e donne e sulla condizione delle donne e di quelli sull´invecchiamento o la condizione giovanile. In compenso, oltre a "modernità" c´è "modernità multiple", in omaggio chissà a chi. E sono puntigliosamente elencati fondamentalismo, liberalismo, nazionalismo, socialismo e repubblicanesimo, democrazia – un segnale che forse i politologi hanno difeso meglio dei sociologi il proprio territorio.
Ogni elenco è aperto a critiche, tanto più quando è insieme lungo e dalla logica non chiara. Al Cun dicono di essersi ispirati all´European Research Council e alla sua sinteticità. Lo avessero fatto davvero, magari copiandone integralmente la lista (e, intanto che c´erano, riducendo le macro-aree da 14 a 3), ne sarebbe uscito un elenco concettualmente più dignitoso e più comparabile, appunto, con quelli in vigore fuori dalla nostra asfittica provincia intellettuale e dei piccoli cabotaggi degli amici degli amici.