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Repubblica: "La crisi occasione straordinaria ci libererà dal pensiero unico"

Le nuove utopie Morin, il più grande sociologo francese: possiamo di nuovo aprire le menti

29/12/2008
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la Repubblica

Più attenzione al micro-credito, il telelavoro, l´esodo da metropoli disumane, l´agricoltura biologica

ANAIS GINORI
DAL NOSTRO INVIATO
PARIGI - Questione di punti di vista. I crolli dell´economia e della finanza per Edgar Morin sono una «straordinaria opportunità». Mentre molti tremano pensando all´anno che ci aspetta, il più grande sociologo francese intravede una «metamorfosi di cui la nostra civiltà ha bisogno oggi più che mai». «Ci sono voluti quarant´anni per liberarci dal pensiero unico - spiega - . Oggi la crisi può finalmente aprire di nuovo le menti. Si torna alla complessità».
L´intellettuale, che a 87 anni continua a scrivere libri e ad immaginare il futuro, si iscrive di ufficio al partito degli ottimisti. Ma ci arriva a modo suo, senza salti nel vuoto. E´ consapevole delle difficoltà, paventa «uno scenario catastrofico» come possibile conclusione di questo ciclo. Ma si dice convinto che non andrà così, il nostro mondo saprà accettare la sfida che arriva da questa congiuntura. «C´è anche lo scenario che invece prevede alcune modifiche del nostro sistema, concertate a livello internazionale, e una nuova forma di rilancio dell´ecologia». Il nuovo disordine mondiale, dice, sarà rigeneratore. E´ dal caos che nasce la vita. Un primo effetto benefico, spiega Morin, è stata l´elezione di Barack Obama. «Mi domando se sarebbe potuto diventare presidente senza la crisi morale provocata dalla guerra in Iraq e dalla recessione». Cita il poeta tedesco Friedrich Holderlin: «Laddove cresce il pericolo, cresce anche la salvezza».
«Abbiamo finalmente l´occasione di ripensare la nostra civiltà prima che sia troppo tardi» ha detto il sociologo in una lunga intervista al Journal du Dimanche. «Per troppo tempo abbiamo creduto che lo sviluppo tecnologico ed economico sarebbe stato la locomotiva della democrazia e del benessere. Oggi bisogna cambiare l´egemonia della quantità in favore della qualità e di beni immateriali come l´amore e la felicità». Per il pensatore della modernità, la crisi economica è «l´epifenomeno», il sintomo collaterale delle sfide che la nostra civiltà deve affrontare.
Bisogna considerare i problemi come «un tutto» e non solo singole emergenze. E´ il famoso «approccio interdisciplinare» che da anni cerca di promuovere. «Ci hanno insegnato a pensare per compartimenti fissi, a seconda delle specializzazioni e così manca un metodo per collegare le diverse conoscenze. Non si possono, per esempio, separare le riforme economiche da quelle sociali».
«Il nostro futuro si è fermato negli anni Sessanta e Settanta, con la fine delle ideologie». Ma non è il momento di tornare a vecchie ortodossie collettive: bisogna anzi avere una «pensiero complesso» capace di trovare soluzioni tagliate su misura all´esperienza dei singoli. Morin prevede la nascita di piccole, nuove utopie. Come il micro-credito, il telelavoro, l´esodo da metropoli «disumane» verso la campagna, l´incremento dell´agricoltura biologica, la cura delle persone anziane. In una frase: «Il ritorno dell´etica».
La cultura materialista, sentenzia il sociologo, avrà un declino inesorabile. Ci vorranno ancora anni, forse decenni. Ma prima o poi sarà sostituita dalla cultura dell´immateriale. «E´ anche l´unico modo che ci rimane per consentire a tutti di vivere sulla stessa Terra» aggiunge. «Stiamo combattendo la battaglia più difficile: quella per la sopravvivenza dell´umanità».
L´anziano pensatore non si cura degli indicatori economici, e fa professione di un ostinato ottimismo. «Impossibile prevedere il nuovo guardando al passato. Un osservatore che fosse capitato sulla Terra quindicimila anni fa non avrebbe potuto immaginare la nostra civiltà industriale. E´ già successo che ciò che era ritenuto improbabile sia diventato realtà. Succederà ancora».