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Repubblica-La cultura che si compra a scuola

La cultura che si compra a scuola CORRADO AUGIAS C aro Augias, insegno nella scuola superiore. I...

28/02/2004
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la Repubblica

La cultura che si compra a scuola
CORRADO AUGIAS


C aro Augias, insegno nella scuola superiore. In occasione di una verifica orale una studentessa, invece di rispondere alla domanda, ha sottolineato l'inutilità dell'interrogazione dato che "aveva comperato il libro".

Possedere il testo, per lei, equivaleva al possesso delle conoscenze; se non ci fossi stato stenterei io stesso a crederlo. Riflettendoci però, il teorema della ragazza non mi è sembrato così assurdo. La cultura subisce un processo di mercificazione nel luogo della sua stessa gestazione. La scuola assomiglia sempre più ad un centro commerciale: le valutazioni oramai si contrattano, debiti e crediti formativi sostituiscono carenze e conoscenze. Le prime si dilazionano come rate, le seconde fruttano risultati. Gli scrutini sono diventati saldi di fine stagione. La programmazione didattica è diventata contratto formativo, il "portfolio" dello studente ha una tale assonanza con ciò che abbiamo in tasca che distinguerli è arduo. Gli sponsor hanno cominciato a diffondere marchio e soldi. Il preside (dirigente) svolge di fatto funzioni da amministratore delegato. I progetti didattici, educativi, professionali e varie attività para ed extrascolatiche sembrano offerte promozionali. Gli studenti sono clienti e noi commercianti; quando c'è concorrenza i prezzi scendono, i voti salgono ma la merce perde valore. In questo contesto associare il valore della cultura a un prezzo di copertina non è operazione irreale... sarò io l'elemento anomalo?

Gabriele Fraternali

ITIS "L.di Savoia" Chieti

I l professor Fraternali solleva un problema vasto di recente aggravato da un'impostazione ministeriale sbagliata. Non discuto i risvolti tecnici della riforma voluta dal ministro Moratti ma la sua impostazione di fondo: la visione aziendalistica della scuola, l'insistenza sui buoni stipendi che bisogna saper trovare alla fine degli studi, l'aver suggerito ai ragazzi che fin dalle medie bisogna cominciare a ragionare in termini di "porfolio" che non è ovviamente il 'portafoglio' ma forse è peggio dal momento che si tratta (Devoto-Oli) di una: "Cartella di materiale illustrativo relativo a un nuovo prodotto, a una nuova attività, a una campagna pubblicitaria" . Che obbrobrio aver introdotto questo parametro nell'attività e nella visione di ragazzini dodicenni. Da una parte una concezione brutalmente commerciale, misera, terra-terra, dall'altra una visione così astratta che non una parola, non una, è stata spesa negli opuscoletti sull'uso della scuola a proposito dei pericoli dell'Aids e sugli strumenti disponibili per evitare il contagio. Pura bigotteria, si trattava di citare il preservativo. Agitandosi la scuola in questa schizofrenia, non possiamo meravigliarci se l'allieva del prof Fraternali scambia il possesso del libro per il possesso del suo contenuto. Niente di nuovo del resto, credendo forse d'innovare il ministro ha semplicemente seguito nel modo più pedissequo un andazzo diffuso nelle società contemporanee. Come ha scritto uno dei più acuti analisti dell'oggi, il sociologo Zygmunt Bauman: "Il mercato dei consumi e i modelli di condotta che esso richiede si adattano alla cultura dell'azzardo della modernità liquida, la quale, a sua volta, si adatta alle pressioni e alle seduzioni del mercato" .


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