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Repubblica: La frontiera dei diritti

ancora una volta l´Italia ha parlato con chiarezza e tempestività solo quando ha preso la parola la Chiesa di Roma

13/11/2008
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la Repubblica

ADRIANO PROSPERI

Non era difficile prevederlo. Passato il momento delle consuete solennità di rito, stavolta più inodori e insapori del solito, evaporate anche le nuvole grigie delle battute sedicenti spiritose di chi non ha saputo nascondere il disappunto, è venuto il momento di scoprire le carte. E ancora una volta l´Italia ha parlato con chiarezza e tempestività solo quando ha preso la parola la Chiesa di Roma. Che ha parlato a suocera americana ma per farsi intendere direttamente anche dalla nuora italiana. L´avvertimento sulle cellule staminali riguarda le prevedibili novità portate da un presidente degli Stati Uniti che si è guadagnato la vittoria battendosi anche contro le bigotterie fondamentaliste della passata amministrazione.

Ma l´occasione era buona anche per un richiamo a uso interno. Non tanto ai giudici della Cassazione impegnati a decidere sul caso Englaro, quanto a chi deve ancora risolversi a dire fino a che punto la vittoria di Obama ci riguardi. E, se si può immaginare che i giudici della Corte di Cassazione italiana si siano formati le loro convinzioni in modo autonomo e con largo anticipo senza dover temere i pronunciamenti pubblici degli uomini di chiesa, la stessa cosa non ricorre nel caso delle cosiddette forze politiche ? cosiddette, perché nel loro caso la forza non è l´attributo più evidente. E allora bisognerà tornare sul legame tra le due sponde dell´Atlantico, oggi che quelle del Tevere sembrano quasi cancellate.
Quando l´elezione del Presidente americano era ancora da venire appariva già evidente la radicale differenza tra il contesto politico italiano e quello statunitense. Al di là delle parole e degli schieramenti di facciata, non c´era niente in comune fra la consapevolezza seria della posta in gioco, il travaglio collettivo di un popolo davanti alla necessità di reagire a una crisi profonda con una scelta altrimenti inaudita, imprevedibile, obbiettivamente rivoluzionaria e la nostra Italia ? un paese ingessato, prigioniero di una casta inamovibile, dove si risparmia e si taglia solo sulla scuola e sulla ricerca e dove leggi e regolamenti punitivi e discriminatori nei confronti degli immigrati tendono ad aggravare e non a risolvere la divisione tra il paese legale e il paese reale.
Oggi che quella scelta è avvenuta tocca a noi trarne le conseguenze. Lasciamo agli uomini della Chiesa di Roma tutti i diritti legali e tutte le responsabilità morali e civili di dire e fare quello che fanno: la libertà di opinione e di parola e i diritti della coscienza individuale sono conquiste fondamentali di cui è giusto che godano anche i membri di una istituzione che nella sua storia secolare ne ha variamente ostacolato l´affermazione. Gli argomenti che adottano ricorrono a un uso strumentale delle conoscenze scientifiche e non mostrano nessuna pietà per gli esseri umani nella loro concretezza. Sono parole che preannunziano quel che accadrà quando si arriverà anche in Italia a definire giuridicamente il diritto individuale a disporre della propria esistenza. È al paese e alle sue forze politiche che spetta il dovere di trarre compiutamente tutte le conseguenze dal mutamento che è avvenuto. Che è stato grande, profondo, non episodico: ma ha ? dal nostro punto di vista ? un solo grande difetto: non è avvenuto in Italia. Lo abbiamo visto arrivare, ne abbiamo scrutato i caratteri, seguito i protagonisti, scommesso sui risultati: ma la nostra partecipazione è stata a lungo quasi solo un gioco, come quelle elezioni da burla che sono state recitate in un piccolo centro toscano che si chiama "California" e che ha voluto divertirsi a recitare la parte che spetta all´omonima regione degli Usa.
Eppure non è più il tempo di giocare: né si può contare sulla distanza che consentiva ai rappresentanti del granducato di Toscana di raccontare nei dettagli la rivoluzione del 1640 e l´esecuzione capitale di re Carlo I Stuart consapevoli che nessun pericolo del genere incombeva sui loro regnanti. Oggi la distanza si misura in modo diverso. E le ragioni della crisi dell´egemonia americana come anche la maniera in cui quella egemonia oggi torna a crescere ci riguardano assai da vicino. Parliamo di egemonia, che è cosa diversa dalla somma di potere economico e di forza militare: è la capacità di dettare l´agenda politica al resto del mondo sul piano che più conta, quello dove il velo del presente con le sue contingenze si solleva e lascia intravedere il futuro per il quale vale la pena di vivere e di impegnarsi. Oggi il presente del sistema internazionale, dopo l´11 settembre, la guerra irachena e la voragine finanziaria dei subprime, è scosso dall´assenza di una leadership credibile.
Con l´elezione di Obama si è improvvisamente riaperta la frontiera dei diritti: e il diritto di ogni essere umano a sentirsi cittadino del mondo ha trovato la sua incarnazione nella figura di un uomo che si è fatto avanti fieramente senza che l´esser figlio di un padre africano gli facesse abbassare lo sguardo. In lui oggi si riconoscono tutti coloro che hanno bisogno di sperare in conquiste liberatorie, che vedano all´opera i figli delle nuove generazioni e nelle quali sia messa visibilmente a frutto la cultura impartita nelle scuole del mondo civile per far fare un passo avanti al resto del mondo. E dunque sarà bene che anche in Italia le forze politiche siano avvertite. È in atto nel nostro paese un vasto movimento giovanile che ha rotto l´incantesimo di una politica capace di parlare solo di rinunce e sacrifici per chi già ne fa molti. È bene che lo schieramento incerto e confuso che milita dietro la parola d´ordine della democrazia si chiarisca le idee. Il consenso non è una cosa che si conquista centellinando le parole, mettendo d´accordo sulla carta i fondamentalismi religiosi e le libertà civili che sono le conquiste inalienabili del mondo moderno.
Le rivoluzioni sono scomode: pongono problemi anche a chi non le fa. Gli italiani che ne hanno fatte ben poche sono abituati a guardarle da lontano, partecipando emotivamente ma da distanza di sicurezza, come a uno spettacolo sportivo. Oggi però non deve essere consentito stare alla finestra né cullarsi nelle abitudini di quella vecchia sindrome italiana che è riuscita a trasformare la parola "decisione" nell´astratto peggiorativo di "decisionismo".