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Repubblica-LA LEGGE DEL PROFITTO NON È LA STELLA POLARE

LA LEGGE DEL PROFITTO NON È LA STELLA POLARE PIERANGELA FIORANI I genitori della scuola me...

16/02/2004
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la Repubblica

LA LEGGE DEL PROFITTO NON È LA STELLA POLARE
PIERANGELA FIORANI


I genitori della scuola media di un piccolo paese della periferia sud di Milano, un po' più a sud di Quarto Oggiaro, al quale è giusto qui garantire l'anonimato, non erano tra i quarantamila che hanno sfilato sabato pomeriggio per le strade del centro per dire tutti insieme al ministro Letizia Moratti che la sua riforma non porta niente di buono alla scuola che c'è. I genitori di quell'istituto, tanti se non tutti, non sanno quello che sta succedendo, perché non sanno ciò che accade giorno dopo giorno ai loro figli nella scuola che frequentano se si svegliano in tempo la mattina, quando non hanno niente di meglio da fare, quando fa troppo freddo per stare in giro. Quei genitori, per ragioni diverse che sociologi e psicologi definiscono "disagio sociale", non hanno ancora comprato i libri ai figli, nonostante sia già iniziato il secondo quadrimestre, non sono mai stati a un colloquio con i docenti, non chiedono mai ai figli se hanno fatto i compiti, se sono stati interrogati o se hanno fatto un compito in classe.

I quarantamila che si sono ritrovati in corteo però hanno sfilato anche per loro e per altri genitori di ragazzini più piccoli che in quello stesso paesino, cresciuto disordinatamente in pochi anni, frequentano elementari che hanno ancora le pluriclassi. Lì dove i bambini avrebbero bisogno di attenzioni particolari, di aiuto quasi individuale, i genitori non si chiedono come è fatto il tempo che i loro bambini passano sui banchi. I quarantamila genitori, bambini, maestri e professori che hanno cantato, gridato slogan, srotolato striscioni in piazza Duomo potrebbero invece raccontare tante piccole-grandi storie che fanno di ogni scuola un mondo che va vissuto e capito nella sua individualità. I maestri e i professori ancor di più potrebbero spiegare come è sempre più difficile lavorare nella scuola, che è così lontana da quel mondo perfetto studiato in laboratorio da Letizia Moratti. Sì, anche a Milano. Non erano di destra né di sinistra tanti prof che sabato dentro e fuori la manifestazione spiegavano che per loro fare da tutor anche oggi è accogliere ragazzini di 12-13 anni che confessano ("Ma prof, prometti di non dirlo a nessuno") che passano i loro pomeriggi a fumare canne in qualche luogo isolato ("Tanto i miei i soldi me li danno, basta che stia fuori dai piedi"). O che riescono a fare una lezione di inglese, dopo aver chiuso i programmi in un cassetto, solo lavorando sulle canzoni di Robbie Williams, ma devono litigare con la collega di italiano che invece si incaponisce a voler insegnare il complemento predicativo del soggetto. Non erano di destra né di sinistra i maestri che raccontavano della loro passione pagata mille e cento euro al mese e che si sono sentiti più forti solo nell'avere accanto genitori che combattono la loro stessa battaglia. Quella per una scuola che non può avere confini ingessati, ma ha bisogno di spazi in cui poter far fronte alle imprevedibilità della vita. Un mondo imperfetto pieno di pericoli, di trappole, di magie che non potrà sopravvivere a lungo ai manager che la vogliono inchiodare alla legge del profitto.
PIERANGELA FIORANI


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