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Repubblica-La rabbia degli insegnanti "Abroghiamo la riforma"

IL RACCONTO Tra slogan e cartelli colorati: "Siamo alla fame, è dura non farsi prendere dalla depressione" La rabbia degli insegnanti "Abroghiamo la riforma" ANTON...

16/11/2004
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la Repubblica

IL RACCONTO
Tra slogan e cartelli colorati: "Siamo alla fame, è dura non farsi prendere dalla depressione"
La rabbia degli insegnanti "Abroghiamo la riforma"
ANTONELLO CAPORALE


ROMA - Piove da stamani. Governo ladro. Gli insegnanti, che guadagnano niente, curano poco i dettagli: gli ombrelli restano a casa. Per di più oggi a Roma si viene per protestare, servono le mani libere. I confederali si ritrovano dinanzi alla Bocca della Verità. Il luogo l'ha deciso il questore senza nessuna intenzione di polemizzare - nemmeno alla lontana - con il ministro. Si è solo trovato nella necessità di avere una piazza anche per i cobas. Nella scuola pubblica l'unica cosa veramente imponente è il numero e la qualità dei sindacalisti in campo. Ieri, per fortuna del questore, non si fermava lo Snals, tra i più potenti sindacati di lotta (e di governo). Avesse scelto di contarsi, ci sarebbe stato bisogno di prevedere un altro grande raduno e un terzo lungo tragitto per la disperazione definitiva dei romani non docenti.
Dei due cortei in marcia il più rumoroso è quello dei cobas, rinforzato da una sigla parente: unicobas. Molta polizia e itinerario classicheggiante: da piazza della Repubblica a via Cavour, i Fori e infine piazza Venezia. Rabbia contenuta entro i limiti, protesta diligente, consapevole. "E' dura non farsi prendere dalla depressione". Gianni, da Savona, laurea in scienze matematiche, 1234 euro mensili. La sua è una vita di proteste e di marciapiedi battuti con i cartelli: "Dovemmo far casino anche con Berlinguer". "Con Berlinguer non tanto", lo rimprovera Giuliana, collega di italiano, stessa busta paga, stessa vita spesa tra le aule e la strada. "No alla riforma, vogliamo l'abrogazione, grida anche tu", chiede una prof a una coppia disorientata di rom in transito. Donne e uomini in numero pari, moltissimi studenti di rinforzo, molti cartelli evocativi dello stato di salute del ministro ("unico esempio di debito formativo vivente"). Agli insegnanti sassaresi la riforma, oltre che bloccare risorse e spezzare le carriere, apre uno scenario psichiatrico funesto: "La legge della Moratti danneggia il nostro sistema nervoso".
Più stile e migliore organizzazione quella vista a piazza Navona. Innanzitutto chi temeva di bagnarsi poteva utilizzare le mantelline plastificate della Cgil. Molti insegnanti cislini (sindacato con stellette in questo mondo) hanno deciso una scelta di rottura. Savino Pezzotta non ha visto e molti di loro non si sono bagnati. "Le mantelline, cazzo! La prossima volta non bisogna dimenticarle", un dirigente ha comunque annotato dal palco questa defaillance.
Più miti ("bisogna riformare la riforma"), dialoganti e persino attenti ai saldi di bilancio, gli insegnanti confederali non ne possono più, come sempre, dello stipendio ("siamo alla fame") e non digeriscono il tutor. "Il tutor ci umilia, cambia il carattere pubblico della scuola, la emargina, la svuota, la riduce al servizio dei più ricchi", dice un gruppo di insegnanti veneti. A piazza Venezia intanto si balla: la rete dei collettivi studenteschi fa brillare d'un colpo una quintalata di watt. Il rap sommerge l'oratore, già in debito d'ossigeno. Musica, spinelli, treccine. I ragazzi trascinano i pantaloni, larghi all'ingiù, tra i sanpietrini e le pozzanghere di Roma capitale. Il battaglione della celere guarda e sbadiglia, i professori danno le spalle pazienti e contenti. Due generazioni, l'una davanti all'altra. Il leader, si chiama Bernocchi, è felicissimo: "Siamo migliaia, diciamo centomila". Fausto Bertinotti dal suo studio saluta "l'immenso popolo". Letizia Moratti è invece a Tokyo e non sente né vede. I ragazzi dei collettivi comunque vogliono andare da lei: "L'obiettivo del nostro sit in è quello di portare già oggi un po' di soldi alla Moratti". Con una nota, il ministro dell'Economia Siniscalco si dice rammaricato dei tagli al personale.
Intanto la pioggia continua a cadere stanca: un grappolo di gocce, poi niente, poi ancora qualcuna. A piazza Navona all'una è tutto finito. Ci sono ottimi ristoranti, i professori analizzano i menù. Sono in molti che, pur di tenersi in forma, scelgono di saltare l'appuntamento a tavola e godersi le meraviglie di Roma antica. I cobas hanno più resistenza: da loro prosegue la maratona oratoria. Esultano quando convogliano verso il loro serpentone un centinaio di confederali allo sbando: "Nessuno di noi è andato da loro. Invece è successo il contrario e qualcosa significherà", certifica Bernocchi.
Alle due anche il capo pattuglia dei vigili urbani abbandona il luogo della protesta. Arrivano in forze i netturbini. E non piove più.