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Repubblica: Ma i bimbi-lavoratori sono 500mila

La Cgil: in pizzerie, negozi e in strada. Dall´estero 80mila

21/12/2007
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la Repubblica

L´Unicef: Italia in svantaggio per il benessere dei bambini tra i paesi avanzati
LUISA GRION

ROMA - Spesso fanno lavori alla luce del sole: portano i caffè negli uffici, raccolgono i bicchieri sporchi in pizzeria, consegnano la spesa a domicilio. Altre volte il «capo» li tiene nascosti nelle cucine o nei laboratori artigiani, ma non vederli è praticamente impossibile. Sono stranieri e italiani: un esercito di 500 mila ragazzi che tenta di guadagnarsi la giornata, che spesso ha già lasciato la scuola, che ha alle spalle una famiglia povera o che vive con un solo genitore. Troppo piccoli per lavorare, troppo piccoli per doversi già preoccupare di soldi e costo della vita. E sono tanti: secondo uno studio elaborato dall´Ires Cgil in collaborazione con "Save the children" i minori che lavorano in Italia, e per tali s´intendono ragazzi dall´età compresa fra gli 11 e i 14 anni, sono 480-500 mila, di cui 70-80 mila stranieri.
Certo, le cifre mondiali mettono i brividi (i baby-schiavi sono quasi 8 milioni e mezzo di cui quasi 2 costretti alla prostituzione), ma secondo l´Unicef l´Italia, riguardo al benessere dei bambini, è in posizione di svantaggio rispetto agli altri paesi avanzati.
Di fatto il lavoro minorile è la punta sciagurata del grande iceberg del lavoro nero: «Il 26 per cento del Pil è costituito dall´economia sommersa, è la quota più alta fra i paesi europei - dice Agostino Megale, presidente dell´Ires-Cgil - si tratta di 3,4 milioni di lavoratori il 14 per cento dei quali minori». La tipologia del ragazzo a rischio è facile da identificare: i maschi sono in maggioranza, gli stranieri corrono qualche pericolo in più (il 25,5 per cento ha esperienze di lavoro precoci contro il 21 degli italiani), la famiglia spesso fa da traino, decide e ordina. Nel caso dei ragazzi cinesi, il 90 per cento di quelli occupati svolge un´attività assieme ai genitori, fra gli italiani - al contrario - è più frequente il lavoro extra-familiare svolto saltuariamente (solo uno su quattro fra quelli che lavorano lo fa con continuità).
Il 59 per cento dei bambini e delle bambine cinesi che vivono in Italia e il 42 per cento degli altri minori stranieri è occupato invece tutto l´anno. E spesso non si tratta di «lavoretti»: le ore sono tante, il contratto e le tutele chiaramente inesistenti, lo sfruttamento totale.
Sia chiaro: italiani o non italiani che siano, i ragazzi a quell´età non sono affatto contenti di lavorare, lo fanno solo perché lo chiede la famiglia e percepiscono chiaramente la fatica di conciliare, quando riescono a farlo, la scuola con il lavoro. Vittime di una mancanza di tempo libero che spegne i normali entusiasmi di quella che dovrebbe essere una fase della vita in cui si cresce e si punta a se stessi, quasi sempre abbandonano la scuola. «Ed è esattamente da lì che si deve partire - chiede la Cgil - non ci può essere più alcuna tolleranza per l´abbandono scolastico». Anche perché le prospettive non sono buone: «L´Italia si sta impoverendo sempre di più - precisa il direttore di "Save The Children", Valerio Neri - la povertà è il motore dello sfruttamento dei minori: è chiaro che il lavoro minorile tenderà ad aumentare».