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Repubblica-Milano-"In classe i programmi italiani I nostri ragazzi devono integrarsi"

Pagina III - Milano L'INTERVISTA Abdel Shaari, presidente dell'Istituto di viale Jenner: un posto per soli islamici non ha senso "In classe i programmi italiani I nostri ragazz...

02/09/2005
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la Repubblica

Pagina III - Milano
L'INTERVISTA
Abdel Shaari, presidente dell'Istituto di viale Jenner: un posto per soli islamici non ha senso
"In classe i programmi italiani I nostri ragazzi devono integrarsi"
il progetto La parificazione fine a se stessa è un ghetto, serve un luogo aperto a tutti
i pregiudizi Ce ne sono ancora troppi, ma noi dobbiamo lavorare per superarli
ALESSIA GALLIONE


Pensa al futuro, Abdel Shaari. Al futuro dei bambini e dei ragazzi che oggi frequentano via Quaranta. Un futuro che devono costruirsi a scuola. "Chi vuole rimanere in Italia deve studiare, come qualsiasi altro italiano per poter inserirsi nella società, nel mondo del lavoro". Per questo, dice il presidente dell'istituto culturale islamico di viale Jenner, l'esperienza di via Quaranta "non ha più senso di esistere".
Shaari, la scuola di via Quaranta riuscirà a ottenere la parificazione?
"Sono stati obbligati a chiederla, ma avrebbero dovuto farlo di loro spontanea volontà e non aspettare i controlli e le denunce. Quella scuola, così com'è, ha finito il suo ruolo: era stata creata per bambini e ragazzi che sarebbero dovuti tornare nel loro paese, ma se poi continuano a vivere in Italia, bisogna aprire loro altri orizzonti. Così rischiano di non integrarsi mai".
Perché l'idea di una scuola islamica paritaria continua a creare così tante polemiche?
"Perché c'è un clima da neocon e fa paura la parola islamica e il luogo dove stanno. In via Quaranta hanno sbagliato a chiudere le porte. In questo modo si crea sospetto e si alimenta un razzismo ingiustificato. Al centro islamico facciamo il contrario: noi non abbiamo niente da nascondere, non facciamo niente di male e invitiamo tutti coloro che vogliono a vedere cosa succede".
E in via Quaranta cosa succede? Perché qualcuno teme che questi ragazzi possano studiare su testi "fondamentalisti"?
"In via Quaranta non c'è una scuola talebana o chissà cosa altro. Lì si studia quello che si impara in una qualsiasi altra scuola egiziana, ma è proprio questo il problema. Se c'è un crimine, è quello commesso nei confronti di quei ragazzi che, se rimarranno in Italia, non avranno mai una preparazione adeguata, un futuro".
I ragazzi parlano e studiano solo in arabo?
"L'italiano è stato inserito solo da un paio d'anni per qualche ora al giorno, ma questo non basta. Se poi, invece, un genitore pensa di tornare nel proprio paese, è legittimo che possa dare l'educazione che vuole ai propri figli. Ma in via Quaranta ci sono 500 ragazzi, una piccolissima parte rispetto ai migliaia di bambini musulmani che vivono a Milano e che sono regolarmente iscritti negli istituti italiani. È per loro che la comunità araba vuole fondare una scuola".
Un'altra scuola islamica paritaria?
"Non islamica. Una scuola araba privata, che sarà aperta a tutti: musulmani, cristiani, ebrei senza nessuna distinzione di credo religioso. Non vogliamo fare una scuola confessionale legata alla moschea, ma un istituto dove i bambini possano studiare su programmi italiani e continuare a imparare l'arabo. E se qualche cristiano o ebreo vorrà apprenderlo, sarà il benvenuto. Tutto alla luce del sole, però".
L'obiezione di chi è contrario alla parificazione, però, è sempre la stessa: perché non possono frequentare una scuola italiana come tutti gli altri?
"La scuola araba paritaria deve essere una possibilità e non un obbligo. Non vogliamo creare un ghetto, ma offrire un'opportunità, come quella che hanno altri".