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Repubblica-Milano-La scuola modello dei tamil

In via Dante le quattro classi funzionano a pieno ritmo già dal primo settembre. Orario: dalle 15,30 alle 19 La scuola modello dei tamil Cento bambini, sei insegnanti e tanta voglia ...

08/09/2004
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la Repubblica

In via Dante le quattro classi funzionano a pieno ritmo già dal primo settembre. Orario: dalle 15,30 alle 19
La scuola modello dei tamil
Cento bambini, sei insegnanti e tanta voglia di studiare
L'istituto si regge sul volontariato, si punta sull'apprendimento di storia, geografia e tradizioni dello Sri-Lanka
Dietro alla cattedra le immagini vicine di Gesù e di Saraswany dio della cultura circondato da libri e strumenti musicali
GIOIA SGARLATA


Da due anni non hanno intoppi burocratici, non devono aspettare decreti o assegnazioni. E sono i primi a dare inizio alle lezioni. Già, perché in via Dante 210 per 100 bambini le aule si sono aperte il primo settembre, prima ancora che nel resto d'Italia. Quattro classi con banchi, lavagne, mappe geografiche. Che parlano una sola lingua: quella Tamil. E che hanno una sola regola: il fai da te e il volontariato. In cattedra si alternano in sei tra maestri e professori, cattolici e indù, arrivati dallo Sri Lanka per insegnare ai bambini la loro lingua d'origine, la storia, la geografia del proprio paese. Così sul libro della prima elementare la "m" tamil - per i profani solo un geroglifico - è accanto al mango e non alla mela come qui in Italia e la "c" al cocco e non all'ormai familiare, sorridente cagnolino a chiazze. "Non è il meglio che si possa avere ma è il meglio che abbiamo trovato" dice Kones Subramaniam, coordinatore per l'Italia della Tro, l'Organizzazione umanitaria per la riabilitazione Tamil che pensa alle classi e alle lezioni. "Noi ci occupiamo soprattutto dei bambini. Di quelli che sono qui e dei tanti, tantissimi che si trovano ancora nello Sri Lanka e che sono rimasti orfani o mutilati durante la guerra. Adesso che c'è la tregua è tutto da ricostruire: scuole, case, ospedali. A loro inviamo fondi in collaborazione con altri Paesi del mondo".
Così, se è vero che l'appartamento al piano terra di via Dante "non è il più adatto" e che "molti bambini non sono stati ammessi per la ristrettezza dei locali", almeno dal 2002 le lezioni sono riprese. "Questa scuola - dice Arovinthan Thurswamy, responsabile nazionale del Comitato Tamil che ha sede a Palermo e conosciuto da tutti come Metha - è frutto soltanto dell'impegno del Tro. L'ex sindaco Orlando aveva concesso l'uso pomeridiano alcune aule nelle scuole pubbliche. Ma da cinque anni la situazione è diventata insostenibile. Ci hanno detto che non c'era spazio e che comunque i bidelli si rifiutavano di restare nelle scuole dopo le cinque del pomeriggio". "Così siamo stati costretti ad arrangiarci - aggiunge Kosnes, diminutivo di Kosnevaran - Per tre anni abbiamo girato invano cercando una nuova sede. Fino a quando abbiamo trovato questo locale. Lo abbiamo affittato con i contributi della comunità, così come gli arredi. Gli insegnanti invece sono tutti volontari".
Qui, in questo angolo di Palermo si scopre un altro angolo di mondo. Un pezzo d'Asia con le sue divinità e le sue tradizioni. Sui banchi, uno a fianco all'altro ci sono cattolici e indù. Su una mensola l'immagine di Gesù e della Madonna è accanto a quella del dio indiano Shiva e di Saraswany, dio della cultura, circondato da strumenti musicali e libri. Alle pareti le mappe sono quelle dello Sri Lanka. E al posto della foto di Ciampi c'è quella di Villupilai Prabhakaran, il leader del popolo Tamil. La classe più frequentata è quella dei piccolissimi: bimbi dai quattro agli otto anni, impegnati a giocare, colorare su fogli a quadri e apprendere le prime nozioni di grammatica e lingua, lettere dell'alfabeto e parole base. Poi c'è la classe dagli 8 ai 10 col primo sussidiario, quella dai 10 ai 12 anni, e la quarta dai 13 ai 15 anni. Infine, l'ora di musica. Nel cortiletto sul retro, stretti a cerchio sotto un telone che li protegge dal sole, dieci bambini intonano un canto nella loro lingua. Una melodia dolce ritmata battendo sulle ginocchia ora col palmo della mano, ora col dorso, seguendo il suono del surtuti, uno strumento tradizionale che per certi versi ricorda l'armonica. L'insegnante Thevamanokary Jenathas ha 39 anni, è cattolica ed è arrivata qui sei anni fa per sfuggire ai bombardamenti. Kajaruban, 11 anni, uno degli studenti, invece, è nato a Palermo. E' di religione indù e frequenterà la scuola media Archimede. "Di mattina - racconta - andrò in classe insieme a tutti i bambini italiani, nel pomeriggio, qui". Un banco più avanti c'è Vigitha, 12 anni, capelli neri, cattolica, qui dal 2000. E al primo banco Pamini, anche lei nata a Palermo che nello stesso anno, per la prima volta, ha visto la sua terra d'origine.
La campanella d'entrata - che non c'è - suona alle 15,30. Quella d'uscita alle 19,00. E alle 16,30 c'è l'intervallo per la merenda. "Per tutti questi bambini è importante conoscere le proprie origini e la propria storia - dice Kones - E poi la nostra comunità è quella più numerosa tra gli stranieri residenti: oltre 3 mila persone e tutte con lavoro e regolare permesso di soggiorno". Insomma, la scuola è una cosa seria. Le lezioni in questo angolo di città vanno avanti fino a luglio. E l'attività didattica è alternata a feste e lavori di gruppo. Nella prima classe, le pareti sono piene di disegni, festoni di carta, banchi colorati. Nelle altre si affacciano foto di recite scolastiche e di momenti ludici: con babbo natale che apre i regali e le bambine vestite a festa con il panchapy - il vestito tradizionale con i pantaloni e lo scialle sulle spalle - e il puttu in fronte. Nero come si usa per le bambine. Per scacciare il male e propiziare la buona sorte.