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Repubblica-Milano-Perché si fa finta che lo straniero non esista

'INTERVENTO Perché si fa finta che lo straniero non esista MARILENA ADAMO* Caro dir...

19/07/2004
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la Repubblica

'INTERVENTO
Perché si fa finta che lo straniero non esista
MARILENA ADAMO*


Caro direttore, Milano non ha dato una bella immagine di sé nella vicenda della classe di lingua araba e dei 400 ragazzi della scuola islamica di via Quaranta. Di fronte ad un progetto, costruito con un paziente lavoro da operatori della scuola e del volontariato, che si proponeva, magari con soluzioni non del tutto convincenti, di avvicinare gradualmente questi ragazzi alla nostra cultura e alla scuola pubblica, non c'è stato lo spazio per un civile dibattito di merito. Si è alzata una vera canea. Di questo Forza Italia porta una pesante responsabilità. In primo luogo perché il progetto è cresciuto all'ombra del ministero Moratti e il Comune ha partecipato a tutti i "tavoli" in cui è stato discusso; in secondo luogo perché di fronte alla polemica si è chiamata fuori. Forse non poteva che essere così perché la giunta Albertini non ha una "politica" di accoglienza per gli stranieri: si fa finta che non esistano o che siano solo un problema di sicurezza e di ordine pubblico. Le poche cose si fanno "di nascosto" quasi in clandestinità. Come se non fosse il problema demografico e culturale, dopo quello dell'invecchiamento della popolazione, il più importante del nostro presente e del futuro prossimo. E' forse intelligente ignorare i problemi e farseli scoppiare poi in faccia nel modo peggiore? Ma così vogliono la Lega e An. Così la scuola è stata lasciata sola.
Milano non è sempre stata così. Nel 1988-89, il Comune si attrezzò per primo, si diede un progetto, costruito con la città: realizzò i centri di prima accoglienza ed aprì il Centro interculturale di via Tadino dedicato allo studio, all'incontro interculturale e alla formazione per gli insegnanti. Era sede delle comunità straniere e della loro Consulta; lì realizzammo tra l'altro i primi corsi di arabo per bambini, mentre le loro mamme imparavano l'italiano, d'intesa con il Consolato egiziano. Dal ?93 incominciò lo smantellamento e in parte questa funzione venne svolta dal centro COME di Caritas, che sopravvisse in convenzione con la Provincia finchè la Colli non se ne liberò.
Ho voluto ricordare quell'esperienza ormai lontana perché ritengo che la tradizione riformista di Milano non può essersi così smarrita e che tante risorse sarebbero ancora in campo se le istituzioni le coinvolgessero intorno ad una politica. Tant'è vero che la scuola è andata avanti. Da sola, affrontando anche questioni che non le competono, sostenuta dallo Stato, finchè c'è stato il governo di centrosinistra. Oggi si trova anche senza risorse a fronteggiare un fenomeno in crescita e sempre più complesso. Vi sono scuole a Milano che si sono viste togliere soldi e personale, dove gli stranieri raggiungono il 25/30%. Intorno c'è il vuoto: e i bimbi stranieri finiscono per essere i "mediatori culturali "delle famiglie immigrate.
Per questo molti guardano con speranza alla nuova Provincia che, anche senza competenze, può far molto; soprattutto fare "sistema", insieme a tutte quelle risorse (università, scuola, volontariato, centri di ricerca, operatori sociali e sanitari) che in questi anni hanno continuato a lavorare in solitudine, per un Progetto all'altezza delle nuove sfide. Certo una pesante responsabilità per i nuovi amministratori, ma anche il conforto di non essere soli: anche a Milano-città le ultime elezioni hanno dimostrato che sono davvero in tanti a chiedere di cambiare.
MARILENA ADAMO
Consigliere comunale ds