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Repubblica-Milano-SE IL PROF STUDIA DA DEPRESSO

SE IL PROF STUDIA DA DEPRESSO FRANCO LA SPINA Da una indagine condotta dall'ASL città d...

27/09/2002
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la Repubblica

SE IL PROF STUDIA DA DEPRESSO
FRANCO LA SPINA


Da una indagine condotta dall'ASL città di Milano risulta che tra diverse categorie professionali la più esposta a malattie della sfera depressiva sarebbero gli insegnanti. Il dato di per sé non sorprende e si presta ad alcune riflessioni non prive d'importanza.
Dal complesso della sintomatologia lamentata dagli insegnanti emerge una prevalenza di sintomi della sfera depressiva: ciò va sottolineato perché, lungi dal consolare, tranquillizza rispetto a malattie psichiatriche più gravi che non paiono essere caratteristica di alcuna categoria in particolare. Le psicosi si distribuiscono in modo apparentemente casuale tra le persone e, in generale, rilevazioni di differenze epidemiologiche dipendono da svariati fattori, sociali, geopolitici, tecnici che impediscono un rilevamento corretto del dato. Quel che preme dire è che non esiste una pericolosità professionale per le psicosi più gravi. E quindi non è pensabile che esista per l'insegnamento. Ben altra cosa è l'attrazione che certe professioni esercitano su chi ha già, almeno "in fieri", disturbi psichiatrici gravi. Ma anche questa particolarità non mi sembra riguardi l'insegnamento.
Alla categoria degli insegnanti il triste primato della depressione, se la ricerca fatta a Milano verrà confermata e risulterà generalizzabile ad altre zone d'Italia, viene riconosciuto da molti, al di là del dato statistico. Si tratta di una categoria di lavoratori bistrattata da molti punti di vista: hanno un'immagine sociale ormai decaduta, dopo i fasti dei secoli appena precedenti e nell'antichità. Ogni uomo politico "dabbene" in campagna elettorale cita il "problema della scuola" come uno slogan denso di significati a tutti noti.
SE IL PROF STUDIA DA DEPRESSO


Lo definisce prioritario, lo riferisce alla formazione dell'uomo e del cittadino e quindi fondamentale per la collettività, e poi regolarmente se ne disinteressa, trascurando la categoria degli insegnanti perché i veri fruitori del servizio sono i ragazzi che, com'è evidente oggi non "fanno categoria", non votano, e rapidamente escono dai banchi preoccupati più di trovare un lavoro che di saperlo fare, più di trovare un lavoro che di saper pensare. Come dar loro torto? Troppo facile e troppo severo, con i tempi che corrono (per tanti motivi bisognerebbe rimpiangerlo il '68, non denigrarlo).
E così gli insegnanti si trovano a fare un lavoro per il quale non c'è attenzione politica vera, non intenzione di investire soldi e soprattutto idee. Se non fosse così non si troverebbero a trattare di riforme con un ministro così incompetente come la Moratti, un ministero che a qualcuno che non dia fastidio politico bisogna pur dare. Chi ha partecipato a riunioni di insegnanti recentemente si è reso conto dello sconforto generalizzato in una categoria di persone che scelgono un lavoro per ben altri motivi che lo stipendio, e si trovano succubi di un mondo nel quale la legge del soldo domina incontrastata e li deride. Un mondo ignorante e compiaciuto del non-sapere che gli permette di far soldi meglio della cultura.
La depressione, insegna la psicoanalisi, è il risultato di una perdita: perdita, in questo caso, di un oggetto interno a se stessi. L'idea di essere professionisti che creano la loro professionalità attraverso la competenza. In realtà chi sceglie per loro, chi decide per la scuola è, ormai da tanti anni, un personaggio ambiguo: burocrate ministeriale di pelo ingrigito dalla noia per il sapere ma anche pseudo-manager della cultura rampante con esperienza aziendale. E li vorremmo allegri gli insegnanti?
FRANCO LA SPINA