Repubblica/Napoli: Dirigenti scolastici incatenati, il senso di una lenta ribellione
Franco Buccino
Sono giunti anche dalla Campania i dirigenti scolastici che la settimana scorsa si sono incatenati davanti al ministero della Pubblica istruzione di viale Trastevere. Sono colleghi seri e stimati, che mai avrebbero partecipato a cuor leggero alla clamorosa iniziativa. Che cosa li ha costretti con gli altri a questa insolita performance? In verità, di questi tempi sono incatenate e schiavizzate le scuole. Impossibilitate a svolgere la loro missione dal governo, che per risparmiare non esita a colpire istruzione e ricerca con tagli insostenibili di risorse umane e finanziarie. Sono bloccate e incatenate le scuole nella loro marcia verso un´autonomia piena, l´autonomia di rispondere alle esigenze e alle domande dei ragazzi e dei territori in cui vivono. Ma di tutto questo parliamo, scriviamo e protestiamo tutti i giorni.
La gente è rimasta colpita dal fatto che si sono incatenati i dirigenti scolastici. Si sarebbe aspettata che lo facessero altri. I precari, che ormai si rassegnano a non lavorare senza neanche poter contare su ammortizzatori sociali seri. I docenti, che mortificati nella loro professionalità si apprestano a coprire le ore delle classi: senza progetto collegialmente elaborato e gestito, come in una scuola senz´anima. Gli studenti, che avvertono sulla loro pelle l´impoverimento qualitativo della scuola e temono un futuro ancora più incerto. Le famiglie, che vedono le loro richieste di tempi scuola potenziati e progetti didattici arricchiti puntualmente respinte.
Invece no, si sono incatenati i dirigenti. Quelli che la gente chiama ancora "signor preside", come chiama "eccellenza" i prefetti, i generali e i presidenti dei tribunali. Quelli che nelle scuole rappresentano lo Stato, o meglio i provveditori, il direttore regionale, il ministro, delle cui disposizioni sono i fedeli esecutori ("la solita, puntuale collaborazione" la chiamano). Quelli che in certi momenti nella scuola diventano controparte di tutti: degli studenti, dei docenti e del restante personale.
Chi si è incatenato davanti al ministero ha un´altra idea del dirigente scolastico. Idea che trae fondamento e si incardina nella scuola autonoma, la scuola della repubblica. Con una bella espressione, mutuata dal linguaggio sindacale, il suo ruolo si definisce "confederale", perché si deve spendere a far rispettare nella sua scuola i diritti della collettività e quelli dei singoli. Purtroppo non la pensano così tutti i dirigenti. Ancora troppi prendono le distanze dalle loro scuole. Si accontenterebbero di stare a scuola in nome e per conto dell´amministrazione. Si sentono ringalluzziti da alcuni provvedimenti del ministro che sembrano ridare alla scuola l´antica serietà. E pensano di recuperare per decreto quell´autorevolezza che gli può venire solo per riconoscimento delle componenti scolastiche. Sperano di ottenere per la loro fedeltà l´equiparazione economica alle altre dirigenze.
Ma negli ultimi tempi anche loro stanno entrando in crisi nonostante il sostegno e il controllo di associazioni corporative e filogovernative. Neanche loro hanno un euro per i supplenti, le visite fiscali, le spese di funzionamento. E, se pure tardivamente, cominciano a pentirsi. Allora il gesto di incatenarsi dei dirigenti scolastici assume una grande valenza politica. È il segno della ribellione, come ha ben inteso la Gelmini. Parta questa ribellione dai dirigenti e si estenda a tutti i docenti e al personale della scuola, precari e di ruolo, agli studenti e alle famiglie. E dalla scuola passi alle università e agli enti di ricerca.