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Repubblica/Napoli: Emozioni e amore

Michele Rossena

20/09/2007
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la Repubblica

Con l´ultimo attacco frontale alla graduatoria nazionale dei "fannulloni" che vede i nostri alunni campani terzi per percentuale di fuga dal diploma, si apre il nuovo anno scolastico che mette definitivamente in soffitta le tre "i" berlusconiane e gran parte di ciò che ha ruotato intorno al disastroso ministero Moratti. Una scuola che si rifocilla di nuove, costruttive iniziative a favore di insegnanti edalunni, all´insegna di quella storica spinta propulsiva in grado di far decollare l´istituzione in quanto ascensore sociale, «per ora fermo al garage», secondo la realistica valutazione del ministro Fioroni.
Linea dura dunque nei confronti dei docenti assenteisti, con il placet della Cgil, insieme all´obbligo dei sedici anni per gli allievi con un biennio di sperimentazione. Ottime premesse per una questione da rifondare alle radici. Perché la scuola, di per sé, non basta per assolvere a quei fini sociali di cui sono strapiene ogni giorno le colonne dei giornali. Mi riferisco ovviamente al nostro territorio cittadino, provinciale, regionale, sul quale la grave mancanza di consapevolezza civile e di impegno sociale rende più complessa e articolata la questione scuola.
Prende allora corpo una prospettiva riguardante i contenuti trasmissibili in una scuola negli ultimi decenni totalmente incapace di inglobare quei saperi relativi alla crescita psicologica personale e collettiva che tuttora nessuna disciplina ministeriale prevede ufficialmente. Si tratta di quelle competenze trasmesse fino ad ora per via informale, perché lasciate all´"autonoma" sensibilità e capacità professionali di dirigenti scolastici e insegnanti. Che, almeno per quanto ci riguarda, lasciano la scuola campana costituzionalmente lontana dalla difficile realtà che viviamo, a partire dalle varie particolarità del territorio.
Programmi dunque svuotati di consistenza emotiva, di mire appassionanti, saperi frammentati assai lontani dalla motivazione concreta e dai bisogni psicofisiologici degli studenti nostrani, che si dibattono fra insicurezza e noia esistenziale, figlie dell´epoca globale e la stravolgente emergenza quotidiana che caratterizza i nostri vissuti personali e collettivi, maltrattati a oltranza da violenza e criminalità.
Ecco che le attive premesse definite dal ministro Fioroni non possono, non debbono ridursi a riempire di novità, seppure interessanti per potenziale evolutivo, il disastrato contenitore dei programmi ministeriali, disciplina per disciplina. Queste premesse sono atti concreti, in una scuola che ha vissuto principalmente di proposizioni teoriche staccate dalla realtà dei nostri tempi, che necessitano però di un background di valori emotivi ed educativi che rendano finalmente alla scuola la sua vera funzione ancestrale.
Il clima pesante e surreale da Arancia Meccanica che i nostri bambini e i nostri adolescenti vivono quotidianamente può trovare valida alternativa - non conferma come denunciano gli studenti armati, gli stupri nei bagni, le interviste pornografiche via telefonino, le violenze del branco - in una scuola dignitosa, responsabile e stimolante che trasmetta naturalmente i valori essenziali della vita.
Alla domanda «Come tornare a una scuola che sia un luogo dove si va per imparare», stralcio di una bellissima, recente intervista di Laura Lilli su "Repubblica" all´ottantaseienne sociologo Edgard Morin - neoconsulente del ministro Fioroni, evviva! - il geniale pensatore francese ha risposto: «Con l´amore, e non è un´idea mia, sto solo citando Platone».
È la passione degli insegnanti, l´amore trasmesso non verbalmente fra le righe di lezioni competenti e motivanti, è quell´antico senso di missione, comune anche ad altre "professioni d´aiuto", il medico, l´avvocato, lo psicologo, l´infermiere, che fa la differenza. Perché costituisce quel background potenziale, quel terreno fertile sul quale ogni individualità può esprimere appieno quella creatività personale, corredo naturale di ogni essere umano.
Una scuola pur tecnicamente perfetta, ma senz´anima, non ha aiutato finora a crescere i figli di questa crisi epocale. Non ha mai insegnato loro a vivere. Per cambiare veramente, tutti, dunque, a scuola di emozioni. Stimolati dai sentimenti di passione e di amore che rendono completa e penetrante la competenza di docenti e dirigenti.
Buon anno, allora, a una vera scuola di vita.