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Repubblica/napoli: I pregiudizi sui meridionali

Franco Buccino

27/08/2008
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la Repubblica

Appena qualche giorno fa mi è capitato di esporre, proprio su queste pagine, quello che secondo me è il programma in quattro punti del centrodestra sulla scuola. Uno, che costituisce la premessa di tutto il progetto, prevede il drastico taglio di risorse e personale. Il punto due contempla invece la riduzione di tempo scuola e attività didattiche. Rappresentati dal ritorno del maestro unico alle elementari. Tre, una scuola più seria con gli esami di riparazione e il sette in condotta, che la liberano dagli alunni con scarso rendimento e da quelli con comportamenti irregolari. Quarto, creazione di una scuola di “regime” attraverso una riorganizzazione della scuola e del personale.

Molti colleghi della scuola sono stati d’accordo sui primi due punti; si sono divisi sul terzo (chi ha condiviso dicendo “ci difendiamo da chi? dagli studenti?”, chi invece ha invocato la “sacralità” della scuola); polemiche invece sul quarto punto, a proposito della una scuola di “regime”.

Magari qualcuno si è ricreduto alla luce delle ultime esternazioni di Bossi e altri esponenti dellaLega, e del ministro Gelmini. Bossi se l’è presa con i troppi insegnanti meridionali. Ha ragione dal suo punto di vista perché gli insegnanti meridionali, ma anche marchigiani, umbri, laziali, toscani, che operano al nord, rappresentano un baluardo culturale contro il secessionismo anch’esso culturale. Certo, cercano di andar via subito, come dappertutto: ma l’Amministrazione ha tutti gli strumenti per realizzare e salvaguardare la continuità didattica. Non c’è bisogno di riserve di posti nel reclutamento, se il problema è questo.

La polemica sui presidi del sud, che sono andati in massa a occupare posti in regioni del nord (per una leggina approvata all’unanimità dal Parlamento), fa pensare a ben altri pregiudizi. Il progetto sulla scuola del centrodestra punta molto sui presidi. Chiameranno direttamente gli insegnanti, dispenseranno gratifiche e valutazioni, avranno saldi rapporti con le realtà territoriali: allora devono essere ben selezionati e possibilmente del posto. Quando è nata questa polemica sui troppi insegnanti meridionali emigrati al nord, qualcuno ha scritto che non dovevamo dire che gli insegnanti meridionali al nord sono bravissimi: perché così ci davamo la zappa sui piedi per quello che succede nelle scuole del sud. Ci ha pensato il ministro Gelmini a ridimensionare definitivamente gli insegnanti meridionali: senza mezzi termini ha detto che per ribaltare i risultati modesti di alcune scuole del sud, non poche visto che abbassano la media nazionale, occorre istituire corsi intensivi per gli insegnanti che in esse operano. Poi si dirà che abbiamo capito male, che la maggioranza sono eccellenti, eccetera. La verità è che il ministro ha detto proprio che i risultati scadenti di alcune scuole dipendono dagli insegnanti poco preparati. Il ministro ancora non sa che la sua amministrazione è stata sempre molto indifferente all’aggiornamento culturale e professionale dei suoi docenti, che in particolare non si è mai preoccupata di legare innovazioni e riforme a seri momenti di formazione. Però, da manager, messa a capo di un’elefantiaca organizzazione dissestata con il compito di risanarla con una ferrea cura dimagrante, ha capito subito che la soluzione sta in corsi “intensivi” per gli insegnanti. Per i non addetti ai lavori bisogna dire che i corsi intensivi, di poche settimane, a volte pochi giorni, la nostra amministrazione li ha messi in piedi per i progetti più disparati: abilitazioni all’insegnamento, specializzazione di sostegno, specializzazioni a insegnare lingue straniere, educazione fisica. Tutti titoli per i quali in normali corsi di studio ci vogliono dai due anni in su. Ricordo di un collega che prese, se ricordo bene, un’abilitazione in geografia in nove incontri senza che avesse mai fatto all’università un esame su tale disciplina.

Questa è la grande trovata della Gelmini: corsi intensivi per insegnanti del sud di scuole con modesti risultati. Come d’incanto, non ci sarà bisogno di più insegnanti, di più tempo scuola, di più interventi degli enti locali. I risultati non sono garantiti, perché oltre agli insegnanti poco preparati si scopriranno difficoltà ambientali e natura accidiosa degli abitanti, ma l’abbassamento dei costisì, è garantito. Una scuola essenziale per un numero di alunni ridotti diverrà una scuola di qualità, perfino al sud, una scuola con presidi agenti dell’amministrazione e docenti tuttologi attraverso corsi intensivi in nove incontri.