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Repubblica: Nella scuola dei ragazzi zero in condotta

Nel pacchetto Grandi Semplificazioni del governo figura il cinque in pagella per gli alunni più indisciplinati È davvero così utile?

05/04/2009
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la Repubblica

Riforme

l´attualità

Nel pacchetto Grandi Semplificazioni del governo figura il cinque in pagella per gli alunni più indisciplinati È davvero così utile? Siamo andati a Palermo, nella media "Benedetto D´Acquisto", dove ben ventotto alunni possono vantare questa insufficienza al primo quadrimestre Spia del nuovo bullismo, ma anche di un disagio sociale
Centotrenta, sparpagliati in nove classi. Disperati e ribelli, non hanno sogni questi bambini che non sono mai stati davvero bambini
PALERMO

Perché hai preso 5 in condotta? «Perché sono vastaso», dice Rosario, un graffio fresco sulla faccia e un cespuglio di capelli neri. E tu Nicola, perché? «Anch´io sono vastaso». E tu Carmine, tu Michele, tu Emanuele? «Siamo tutti vastasi». Nel primo quadrimestre dell´anno scolastico 2008/2009 loro - e anche Salvo, Daniele, Tonino e Lillo, Irma, Stefania, Benedetto e Pietro - hanno trovato tutti sulla pagella quell´«insufficienza». Sono in ventotto su centotrenta, un alunno su cinque. In siciliano "vastaso" vuol dire maleducato, irrispettoso, insolente, villano. In questa scuola di Palermo ci sono più "vastasi" che in ogni altra scuola d´Italia.
Il quartiere è davanti al mare che non c´è più, nascosto dalle barche a vela e dai gommoni, il vecchio mercato del pesce, magazzini abbandonati, chiese sconsacrate, vicoli, odori, le rovine e le miserie della Cala. Nella Palermo più sfregiata e sensuale, in un magnifico palazzo del Seicento ci sono quelli che si «comportano» sempre male.
Corrono come fulmini i ragazzini della Benedetto D´Acquisto, scuola media statale che ha il nome di un francescano di gran cultura, filosofo e teologo che tre secoli fa divenne vescovo dell´arcidiocesi di Monreale. Corrono e si rincorrono, si nascondono negli antri più bui, urlano, si strattonano, ridono, si sfottono, s´insultano. Hanno undici, tredici, quindici anni. I ripetenti sono più del quaranta per cento, bocciati una e due e anche tre volte. Abitano quasi tutti nelle casupole che stanno lì intorno, tuguri, muri fradici, tetti scoperchiati, sudici androni. «E poi ci sono gli espulsi delle altre scuole che li mandano sempre da noi», spiega Rosa Sinagra, la gentile e rassegnata preside che ogni giorno combatte un´impossibile guerra palermitana.
Un portico, una loggia, un cortile interno quadrangolare, un balcone con la bandiera tricolore che penzola a brandelli, i soffitti affrescati dal Velasquez, una scalinata che sale e scende fino alle aule dove il silenzio non c´è mai. Sono le 10, è ora di ricreazione. Sono le 11, è ora di ricreazione. È mezzogiorno, è sempre ricreazione.
I ragazzi iscritti sono centosettanta, una quarantina però non si sono più fatti vedere da settembre. Quelli rimasti, sono lì perché non sanno dove altro andare. I loro padri entrano ed escono dall´Ucciardone, fanno gli ambulanti, gli spacciatori, i parcheggiatori abusivi, i disoccupati eterni. Le loro mamme sono nate nel 1977, nel 1978, alcune nel 1979. I loro nonni hanno tutti meno di cinquant´anni. «Questo è un inferno», racconta Salvo Puma, professore di italiano che dal 2004 insegna qui ma presto chiederà anche lui il trasferimento. Presenta la sua scuola: «Per questo istituto fanno la raccolta differenziata degli alunni, raccolgono quella che secondo loro è la monnezza e poi la portano tutta alla Benedetto D´Acquisto».
I ragazzini sono quasi tutti mori, scuri di pelle, asciutti, l´occhio scaltro di chi è cresciuto sulla strada, di chi non ha paura di niente e di nessuno. Le ragazzine sembrano più grandi, il trucco pesante, il rossetto eccessivo, la camicetta scollata. Tutti parlano in un dialetto stretto, palermitanissimo. Molti non sanno leggere e non sanno scrivere. «Che minchia vuoi?», così rispondono ai loro insegnanti quando vengono ripresi. «Chi minchia sei?», così dicono quando qualcuno gli chiede qualcosa che a loro non piace.
L´altro giorno, lunedì 30 marzo, nel cortile che profuma di calce e pittura sono arrivati i carabinieri. Un´alunna di undici anni aveva messo le mani addosso all´insegnante di matematica. «Il professore mi ha detto sbudiddata», ha riferito due settimane fa un´altra ragazzina al papà. "Sbudiddata" significa sverginata. Non le hanno creduto, il consiglio di istituto «visti i fatti accaduti» ha comunicato ai genitori di M. «che vostra figlia è sospesa dalle lezioni fino al giorno 15 aprile 2009 per avere calunniato un docente». Il padre di M., che è un prepotente del quartiere, il giorno dopo ha massacrato di botte il professore che a dire della figlia l´aveva oltraggiata. Non era la prima volta. Gli insegnanti hanno paura. Minacce. Ingiurie. Occhiate cattive.
I bidelli sono tre, i docenti ventotto. E sono tutti testimoni inermi del tormento di quei centotrenta ragazzi sparpagliati in nove classi. Disperati e ribelli, non hanno nemmeno sogni questi bambini che non sono stati mai bambini. I maschi sperano un giorno di diventare manovali e muratori, le femmine di «stare a casa a fare le pulizie e aiutare mia madre». Solo Elsa ha un altro desiderio: «Voglio ricostruire le unghie delle mani e dei piedi alle mie vicine». Sopravvivono solo lì, nel loro piccolo mondo della Cala.
«Scendo a Palermo», dicono quando al sabato pomeriggio si spingono verso il teatro Politeama e affollano la via Principe di Belmonte, appiccicati fino a notte alle vetrine più eleganti. Non sanno dov´è Agrigento e non sanno cos´è l´Umbria. In gita scolastica non li hanno mai portati i «vastasi» della Benedetto D´Acquisto.
Lo fanno ogni mattina, sempre. Si scambiano messaggini con il cellulare, si danno appuntamento nel cortile o sulla scalinata e poi in tre o quattro fanno un giro delle classi. Dove c´è più calma irrompono loro. Si sdraiano sui banchi, fermano le lezioni, lanciano matite e quaderni addosso agli insegnanti. La preside è avvilita: «Sì, sono ragazzi molto problematici... Capiscono che "l" più "i" si legge "li" ma non sanno cosa significa». Racconta ancora il professore d´italiano Salvo Puma: «Alcuni non riescono neanche a comprendere la morale della favola della cicala e della formica, per loro la cicala è la cicala di mare che qualche volta trovano a casa nel piatto condita con il finocchietto selvatico».
A Palermo, quest´anno, il 5 in condotta - che è determinato da regole stabilite dalla scuola, somma di «note disciplinari» e «comportamento gravemente scorretto», di «frequenza irregolare» e «rispetto delle consegne scarso» - l´hanno appioppato a 3 alunni su 100. La media della Benedetto D´Acquisto è sette volte più alta. Non ci sono professori che vogliono venire a insegnare alla Cala, in tre anni sono cambiati tre presidi. Il ministero dirotta fondi della Comunità europea per finanziare corsi del tipo "Dall´ardesia alla lavagna interattiva multimediale", una pazzia in una scuola dove i disperati e ribelli sanno scrivere bene solo una cosa. Sui muri, con il gesso o con la vernice: «Suca» o «Suca forte».
Da due anni il Comune di Palermo non distribuisce i buoni libro e quasi tutti non hanno neanche un testo per studiare. Negli zainetti però si portano le pietre. Qualche mese fa le hanno scagliate dalle finestre. Agli sposi che si baciavano fuori dalla chiesa di Santa Maria in Valverde, giù nella piazzetta dei Cavalieri di Malta. Anche quella volta sono arrivati i carabinieri.
I più "bravi" però ci sono pure alla Benedetto D´Acquisto. Finiscono in una bacheca della presidenza, è la classifica dei migliori alunni. Nel primo quadrimestre, fra i primi 10 ci sono 8 extracomunitari. Vengono tutti dal Bangladesh.
(ha collaborato Salvo Intravaia)