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Repubblica: "No al declino di latino e greco" il Vaticano lancia l´allarme

Il Pontificio collegio di scienze storiche: politica scolastica deludente

31/10/2006
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la Repubblica

"Senza studiare i classici tutte le discipline a rischio"

ALESSANDRA RETICO

ROMA - Non aumenta le prestazioni, e questo è uno svantaggio in una società che adora la performance. È anche piuttosto complessa, e per la generazione monosillabica di sms e spot è una specie di minaccia. Il latino, e anche il greco, soffrono: diminuiscono le ore di insegnamento nei licei e nelle università italiane ed europee, gli autori e tutta la cultura da cui veniamo li capiamo sempre meno. Noi, come persone, capiamo sempre meno. È un po´ di tempo che il Vaticano insiste sull´argomento. L´estate scorsa, ad agosto, l´Osservatore romano ha proposto di usare il latino come lingua ufficiale delle relazioni internazionali "contro" l´inglese che, anche se egemone, «è pur sempre una lingua nazionale impostasi per ragioni fondamentalmente politiche ed economiche, ma è destinata al ridimensionamento col venire meno di tali ragioni». Il latino invece, diceva ancora il quotidiano vaticano, «fu voce non di una particolare comunità, ma dell´universo mondo allora conosciuto ed espressione di una civiltà universale».
Ora il Vaticano torna sul tema lanciando un concorso giornalistico che premierà (5mila euro) gli articoli che si occupano di rilancio e informazione sulle lingue classiche, pubblicati da oggi al 30 aprile 2007. Il premio è alla seconda edizione ed è nato sotto il pontificato di Wojtyla. Benedetto XVI lo ha sostenuto, si narra che lui il latino lo parli quotidianamente e con gusto. L´obiettivo è sensibilizzare scuole e accademie che secondo il Pontificio comitato di scienze storiche hanno fatto «deludenti politiche in questo settore negli ultimi decenni». L´allarme ha toni forti: il declino della conoscenza della classicità danneggerà gli studi storici, filologici, filosofici e teologici. E i guasti riguarderanno la cultura europea in genere. Monito severo, eppure non ingenuamente conservativo. A differenza dei certamina, delle tante nostalgie per pochi, far circolare l´idea sui giornali è un tentativo di modernità, di mediaticità, è misura del bisogno dell´opinione pubblica. E poi qualche preoccupazione realistica, laica, è condivisibile: latino e greco sono la grammatica del ragionare. Al professore Benedetto Vertecchi piace spiegare che «sono lingue inutili, quindi fondamentali: danno competenze a lungo termine, aumentano il profilo del soggetto, non la sua prestazione». Non sono merce, ma durata. Qualcuno se ne è accorto, gli inglesi e i tedeschi vanno matti per gli antichi, su Internet nascono siti, la gente si tatua addosso hic et nunc (ma poi rimane). Altro che lingue morte.