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Repubblica-Perchè la scienza fa paura

PERCHÉ LA SCIENZA FA PAURA Il dibattito sugli abusi dello scientismo Il governo mostra disprezzo verso la ricerca e l'università Ma è difficile lavorare sottobanco o addirittu...

28/07/2005
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la Repubblica

PERCHÉ LA SCIENZA FA PAURA
Il dibattito sugli abusi dello scientismo
Il governo mostra disprezzo verso la ricerca e l'università Ma è difficile lavorare sottobanco o addirittura in silenzio
Il lavoro degli scienziati è guardato con sospetto C'è molta diffidenza verso le tecniche di ingegneria genetica
Sono stati inventati negli ultimi cento anni molti farmaci per curare malattie che prima erano letali
Serve molto tempo per far accettare da tutti realtà provate ma in contrasto con ciò che suggeriscono i sensi
Dopo il processo a Galilei tanti ricercatori dovettero nascondersi e ciò durò per molti e molti anni
Chi ha avuto per primo l'idea di lavorare un ciottolo per farne uno strumento ha dato avvio all'evoluzione
LUCA E FRANCESCO CAVALLI SFORZA


Non è un fenomeno nuovo. Dopo decenni in cui la ricerca scientifica ha goduto di un credito illimitato, almeno sui mezzi di comunicazione, ed ogni scoperta in arrivo è stata magnificata come un traguardo per l'umanità (anche le pseudoscoperte, come la fusione a freddo), oggi gran parte dell'opinione pubblica sembra timorosa delle novità portate dalla scienza. Che si tratti della diffusa diffidenza verso le tecniche di ingegneria genetica, o del sovrano disprezzo dimostrato dal governo per il finanziamento della ricerca e dell'università, o dell'indifferenza rivelata dalla maggioranza dei votanti in occasione del recente referendum sulla fecondazione assistita, si direbbe che la scienza torni ad essere guardata con sospetto.
E giustificata questa preoccupazione? Davvero lo scienziato, come il creatore di Frankenstein o l'apprendista stregone, può liberare forze che più nessuno riuscirà a controllare? Vale la pena di rifletterci, perché le applicazioni della ricerca scientifica pervadono oggi a tal punto ogni aspetto dell'esistenza, da rendere evidente come la scienza non sia più opzionale: non è qualcosa di cui le nostre società potrebbero fare a meno.
Spesso la scienza sfida la comune percezione. Servono secoli, o almeno decenni, oggi che tutto è più veloce, per acquisire a livello collettivo idee provate vere ma in contrasto con ciò che suggeriscono i nostri sensi: è la Terra che gira intorno al Sole; la vita non nasce dal terriccio o dalla carne marcia, ma solo da altri esseri viventi.
Per parecchio tempo, in realtà, sono stati gli scienziati ad avere paura. Aristarco fu condannato per empietà per avere insegnato il sistema eliocentrico. La scienza italiana, che nel Rinascimento era la più avanzata al mondo, subì una durissima battuta d'arresto dopo il processo a Galileo: per i ricercatori divenne necessario nascondersi o tacere, quando le loro conclusioni erano in contrasto con le verità "rivelate". Ma è difficile fare scienza sottobanco e in silenzio. Nei trecento anni successivi, almeno da noi l'indagine scientifica dovette farsi strada molto faticosamente per vedere riconosciuta la sua legittimità. Ancora prima dell'ultima guerra, il più eminente filosofo italiano del tempo, Benedetto Croce, dichiarava che le affermazioni della scienza sono pseudoconcetti, privi di valore reale. Darwin e la selezione naturale sono tuttora considerati con grave diffidenza.
La sfida al senso comune può suscitare incredulità o derisione, ma non timore. Di cosa è che abbiamo paura, di solito?
Prima di tutto della morte, ma anche del dolore, della sfortuna, dell'ignoto, dell'incerto. La ricerca scientifica, per la verità, è il più grande alleato contro queste apprensioni: ci permette di vivere molto più a lungo e anche più sani che in passato; consente di produrre farmaci che combattono efficacemente il dolore e che allontanano la morte; getta luce sulla natura e sul suo funzionamento, facendo avanzare il fronte delle nostre conoscenze e rendendo manifesto molto che prima era ignoto. La scienza, casomai, libera dalla paura: non siamo più terrorizzati dal fulmine, ora che sappiamo che non è un'arma divina e che il parafulmine lo scarica al suolo in tutta sicurezza.
Certo, anche la scienza non può molto contro l'incerto e la sfortuna, e fortunatamente potrà solo rinviare la morte, mai liberarcene. Ma tutti sappiamo, per esperienza, che le conoscenze di cui ciascuno dispone permettono di premunirsi, in qualche misura, contro gli accidenti della sorte, e di affrontare con serenità un futuro incerto.
La scienza, insomma, non è un avversario, ma combatte al fianco di ciascuno di noi. Essa è ricerca della verità: perché mai avere paura della verità?
E importante distinguere, prima di tutto, fra scienza e tecnologia. La scienza nasce dalla curiosità e dal desiderio di cercare risposte a molte domande. La tecnologia è scienza applicata, e nasce dal desiderio di risolvere problemi pratici. La scienza è insieme madre e figlia della tecnologia, perché le scoperte scientifiche rendono possibili le applicazioni tecnologiche, e le applicazioni tecnologiche consentono di costruire gli strumenti necessari per avanzare la ricerca scientifica, ma i loro destini sono separati. La scienza si limita ad accumulare conoscenze e a vagliarle, per cui è neutra da un punto di vista etico; la tecnologia non può essere neutra, mai.
Chi ha avuto per primo l'idea di lavorare un ciottolo per farne uno strumento ha dato l'avvio all'evoluzione della cultura umana, ma lo stesso coltello di pietra che permette di scavare una radice o scuoiare un animale ed estrarre il midollo dalle ossa può essere impiegato per uccidere un'altra persona. Non potremmo accusare di assassinio quel primo inventore, non più di quanto potremmo imputare a chi ha scoperto gli usi medicinali dell'arsenico tutte le morti provocate da questa sostanza.
Ogni applicazione ha sempre dei costi, oltre che dei benefici. Fin da quando è comparsa, l'automobile è divenuta un formidabile aiuto al movimento ed una delle grandi conquiste e miti della modernità. Chi vorrebbe rinunciarvi? Pure, all'automobile dobbiamo ogni anno milioni di morti sulle strade del mondo, e un inquinamento che rende le città invivibili e fa un numero di vittime ben superiore. Dobbiamo prendercela con l'inventore del motore a scoppio? e perché non con chi ha addomesticato il cavallo? Prendiamocela piuttosto con la nostra ingordigia e irresponsabilità, che ci impediscono di comportarci con prudenza ed onestà.
La scienza nasce dall'osservazione, dal ragionamento e dall'esperimento, che chiunque può ripetere per verificare la validità delle conclusioni. Anche nella ricerca non mancano le truffe, gli abusi, gli esperimenti fasulli e i falsi utili ad acquistare notorietà. Ma le esperienze che vantano risultati interessanti vengono controllate da altri, e la verità viene sempre a galla prima o poi. La tecnologia è soggetta a infinite manipolazioni, che non nascono necessariamente dal desiderio di recare beneficio all'umanità, ma forse soprattutto dall'ambizione e dal desiderio di ricchezza e di potere.
Ne vediamo un esempio, con cui tutti abbiamo sicuramente una qualche familiarità, in quella forma speciale di tecnologia che è la medicina. Quanti farmaci sono stati scoperti o inventati negli ultimi cento anni per curare malattie che in passato non lasciavano scampo? Eppure l'abuso di questi stessi farmaci, o l'avidità delle case farmaceutiche, che a volte mettono in commercio medicinali non sufficientemente testati o mentono sulla loro tossicità, creano pericoli che potrebbero essere evitati, o almeno grandemente ridotti.
Nella storia umana, l'esempio più clamoroso di questo conflitto fra scoperta e applicazione è l'invenzione dell'agricoltura e dell'allevamento, che hanno permesso all'umanità di superare crisi alimentari e di aumentare di numero di mille volte in diecimila anni, ma hanno anche innescato quei processi di inquinamento, di desertificazione, di sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, di riduzione della biodiversità, che ci stanno portando oggi a nuove gravissime crisi.
L'applicazione dell'energia nucleare è un altro importantissimo esempio di arma a doppio taglio.
La paura della scienza non ha una motivazione razionale, perché la scienza si limita a descrivere come funziona la natura.
E sulle applicazioni date alle scoperte che bisogna procedere con cautela. I fisici che costruirono l'arma atomica furono praticamente costretti a farlo, perché se i nazisti vi fossero giunti prima di loro sarebbero divenuti invincibili. Ma una volta che fu pronta divenne appannaggio dei politici e dei generali. Gli scienziati che inventarono l'ingegneria genetica si autoimposero una moratoria e un rigidissimo codice di procedure sugli esperimenti, in attesa di capire se vi era pericolo in ciò che andavano sperimentando. Nell'arco di alcuni anni, si comprese che quanto si faceva nei laboratori già accadeva spontaneamente in natura, e le misure di sicurezza si ammorbidirono. Ma l'adozione di severe misure precauzionali si rivelò a suo modo controproducente, perché nel pubblico si diffuse il timore che fossero in agguato pericoli innominabili. Di fatto, se negli anni a venire l'ingegneria genetica porterà benefici senza precedenti o danni irrimediabili, oppure entrambi, non dipenderà dalla ricerca, ma dalle applicazioni che ne saranno fatte.
L'uomo è il più razionale tra gli animali, ma è anche irrazionale quanto tutti gli altri, specie in circostanze difficili. Alcune tra le pulsioni più potenti che governano il nostro comportamento irrazionale ci spingono all'autoconservazione. E il caso della paura: il timore del nuovo ci difende dall'imprevisto, ispira prudenza e può prevenire guai.
Ma la paura della scienza non è indizio di prudenza: è largamente dovuta ad ignoranza, a mancanza di istruzione e di informazione.
Anche se il mondo rimarrà un grande mistero, i modi in cui funziona non sono più sconosciuti, e questa conoscenza chiama in causa la nostra responsabilità: dobbiamo decidere cosa fare di ciò che sappiamo. Non possiamo esimercene, mettendo la testa sotto la sabbia per non vedere.
Una grande responsabilità per questa ignoranza ricade sugli stessi scienziati, che non hanno saputo o voluto fare la fatica di spiegare a tutti, nei termini più semplici e comprensibili, quale è l'oggetto delle loro ricerche e quale il risultato delle loro scoperte. A questo si può e si deve porre rimedio, comunicando la scienza al pubblico senza usare termini scientifici inutilmente complicati, ma mettendo tutti in condizioni di capire.
Nella società contemporanea, ignorare la scienza è come ignorare la costituzione, o lo stesso alfabeto. Privi di questi strumenti, non è possibile cooperare alla costruzione di una società civile. Di questo sì, c'è veramente da avere paura.
La scienza è spesso accusata di essere relativistica, di non proporre verità assolute. Naturalmente, tutto è relativo a questo mondo. Quanto dista Milano da Roma? Un'ora o un mese, a seconda di come si viaggia. L'osservazione scientifica ci ha portato a scoprire come avviene la fecondazione. Spermatozoo e cellula uovo si uniscono e danno origine a una cellula speciale, che inizia a riprodursi fino a dare origine a un nuovo individuo. Oggi abbiamo la possibilità di fare avvenire la fecondazione in provetta.
Questo consente di rimediare a molti casi di infertilità e di vagliare la possibile presenza di malattie genetiche nell'embrione, prima di impiantarlo nell'utero della donna.
Una legge sadica oggi impone, fra altre cose, di impiantare l'embrione in utero anche se affetto da gravissime malattie genetiche. Chiamati a pronunciarsi in merito per referendum il mese scorso, tre italiani su quattro hanno creduto giusto non esprimere il proprio parere.
Perché mai rinunciare ai vantaggi offerti dalle nuove conoscenze, se permettono di evitare la nascita di malati che non sapremo curare? Soprattutto, perché negarli a chi ne ha bisogno e li desidera?
Forse il fallimento del referendum è stato un sintomo di quanto la scienza sia estranea alle coscienze nel nostro paese.
Forse è stato un segnale di quanto sia ancora difficile fare posto alla ragione sul ponte di comando, quando le decisioni sono gravi.