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Repubblica: Perdere il posto per una denuncia

Evidentemente la tolleranza zero fa tendenza, ben al di là della questione sicurezza, anche se qualche connessione sussiste.

20/08/2008
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la Repubblica

LUCIANO GALLINO

Evidentemente la tolleranza zero fa tendenza, ben al di là della questione sicurezza, anche se qualche connessione sussiste. O meglio esprime una tendenza. Un´impiegata è assente ingiustificata per un giorno da un ufficio della Pubblica Amministrazione? Rischia il licenziamento in tronco. Fanno timbrare il cartellino da un collega per guadagnare cinque minuti dopo aver fatto due ore di straordinario, senza alcun danno per l´azienda? Licenziati tutti.

Un macchinista si permette di dire, a fronte di palesi inconvenienti tecnici verificatisi su alcuni treni, che occorre approfondire le indagini e aumentare le attenzioni in tema di sicurezza ferroviaria? Licenziato in tronco per la seconda volta in due anni. Questi sono episodi recenti. Ma è noto che negli ultimi mesi i licenziamenti attuati o minacciati per motivi disciplinari, che tempo addietro avrebbero motivato al massimo una penalità pecuniaria o una breve sospensione, si sono moltiplicati anche in imprese private.
La stessa tendenza alla tolleranza zero estesa a settori ben lontani dall´ordine pubblico, dopo avere investito a valanga quest´ultimo come se fosse in gioco l´esistenza del Paese, si esprime anche in altri modi. Ad esempio nei tanti divieti, sostenuti da pesanti multe, che numerosi sindaci si sono inventati, o hanno rispolverato, non appena dotati di nuovi poteri dal ministro dell´Interno. Vietato mangiare e bere in prossimità di monumenti ed edifici storici, dormire sulle panchine, sdraiarsi sull´erba nei parchi, fumare anche in luoghi aperti, scambiarsi effusioni magari innocenti. Comportamenti spesso sgradevoli, certo, così come quelli richiamati sopra sono azioni non corrette. Ma questi come quelli richiederebbero, in luogo di tolleranza zero, licenziamenti e ammende, interventi quali discussioni, educazione, trattative, analisi dei problemi sottostanti, differenti modelli organizzativi, visioni larghe dei problemi di una convivenza civile.
Quel che preoccupa in genere nell´inclinazione alla tolleranza zero avanzante in settori sempre più larghi della società italiana, e ancor più dovrebbe preoccupare l´opposizione, è la sua derivazione da due processi sociali che si completano e si eccitano a vicenda. Il punto di partenza è che il governo in carica ha una manifesta vocazione autoritaria. Lo è nel senso di presentarsi come un governo dichiaratamente decisionista. Dà a intendere di sapere quali sono i veri problemi del paese, anzi del popolo, e procede, o comunque riesce a dar intendere di procedere, per la strada che si è luminosamente tracciata, senza riguardo per gli sparuti – ai suoi occhi – gruppi sociali che dovessero pensarla diversamente.
In realtà questo governo non farebbe molta strada, se non lo sorreggessero processi concomitanti di imitazione e fiancheggiamento da parte degli strati della società che hanno potere e denaro, e forme diffuse di conformismo e deferenza di gran parte degli strati che non hanno né l´uno né l´altro, ma sono inclini a credere che ciò che viene dall´alto può giovare a tutti. Sentendo profumo di autoritarismo, coloro che stanno in alto inclinano a imitarlo ed a tradurlo in forme adeguate alle proprie esigenze e interessi. Coloro che stanno per contro piuttosto in basso in maggioranza si conformano perché nella tolleranza zero applicata al lavoro o alle folle urbane sentono confermati i propri giudizi, pregiudizi e rancori. Ben vengano, ai loro occhi, i licenziamenti dei dipendenti pubblici e delle ferrovie o, perché no, della scuola o delle Asl o di qualsiasi impresa privata – purché non tocchi a loro.
Un segno? Alla radio e nelle lettere ai giornali, nei giorni scorsi le dichiarazioni favorevoli al licenziamento dei ferrovieri, come nelle settimane precedenti quelle consenzienti con le draconiane misure del ministro della Funzione Pubblica per far rigare finalmente diritto gli impiegati della PA, hanno largamente prevalso, per enfasi e forse anche per numero, su quelle che provavano a dire che forse si era esagerato. La stessa sorprendente mitezza con cui la maggioranza degli esponenti sindacali ha accolto i provvedimenti delle Ferrovie, come altri interventi del governo già annunciati o attuati in tema di politiche del lavoro, mostra quanto la deferenza nei confronti del potere possa fare presa.
Siamo ovviamente soltanto agli inizi, ai prodromi di una involuzione sociale e politica. È la fase in cui si potrebbe arrestarla e avviarne le spinte in altre direzioni. Ma ci vorrebbero capacità di analisi e di immaginazione politica che al momento non è dato scorgere da dove potrebbero venire. Per intanto l´opposizione dovrebbe rendersi conto di un fatto. Il persistente e aggravantesi disagio materiale delle classi lavoratrici, il popolo dei 1.000 euro al mese, nonché le paure che angosciano le classi medie di fronte alla constatazione che i figli non proseguiranno in quella che fu la loro ascesa sociale, che la loro stessa posizione sociale è a rischio, non è materia destinata prima o poi ad alimentare movimenti politici di sinistra o di centro-sinistra. È materia ottima per la destra. Tende a costituire uno dei due pilastri di quella che si sta profilando come una tolleranza zero a trecentosessanta gradi. La destra lo ha capito benissimo, e per questo si adopera a incanalare disagi, rancori e paure in tale direzione.