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Repubblica: Più storia dell´arte nelle scuole

intervista a francesco rutelli

01/11/2006
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la Repubblica

"Vorrei creare, oltre quelli del cinema, un festival del teatro Come Edimburgo e Avignone"
"La Tv di oggi è afflitta da un degrado crescente Che voto merita? Insufficiente"
"Festeggeremo i 150 anni dell´Unità nel 2011, una data fondamentale per l´identità nazionale"
"Diceva Argan: anche se antica, l´opera d´arte è qualcosa che accade sempre nel presente"
Il ministro per i Beni culturali parla del nostro patrimonio, del paesaggio aggredito e delle risorse finanziarie
ROMA

Francesco Rutelli cita Giulio Carlo Argan: «Quale che sia la sua antichità l´opera d´arte è sempre qualcosa che accade nel presente». La cultura è cioè "materia viva", è fruizione, conservazione, passione, sono la storia e la realtà che si fondono. Parte da qui, ricordando le parole di uno dei più grandi critici d´arte del Novecento, il vicepremier e ministro dei Beni Culturali Francesco Rutelli, per spiegare e raccontare cosa vuol dire oggi amministrare un paese, l´Italia, che ha il patrimonio artistico più ricco del mondo, un´industria cinematografica che celebra grandi maestri e scopre nuovi talenti, la straordinaria tradizione dell´opera lirica, il teatro, antico e moderno, ma dove spesso musei, compagnie e orchestre hanno le casse vuote e i conti in rosso. Un territorio stretto e lungo, dove ogni cosa si intreccia all´altra, i lavori della metropolitana con i ritrovamenti archeologici, gli antichi borghi con l´alta velocità, la necessità di tutelare con quella di conservare, gli interessi del turismo e l´usura delle opere d´arte.
Nella sua prima intervista a tutto campo sul ruolo del suo ministero, Rutelli chiarisce subito un punto "politico": «La cultura è una missione pubblica e per il centrosinistra un obiettivo primario. È finita la lunga illusione del berlusconismo in cui si è pensato che anche tutto questo potesse essere privatizzato. L´intervento privato è un elemento di civiltà che integra, mai sostituisce». Francesco Rutelli parla di arte e pittura, di cinema e di teatro. Con dichiarata passione. E affida a Repubblica l´annuncio di un grande evento. «Nel 2011 festeggeremo l´anniversario dei 150 anni dell´Unità d´Italia, un appuntamento fondamentale per confrontarsi sul senso di identità nazionale».
Cosa vuol dire concretamente "cultura come missione pubblica"?
«Faccio subito un esempio. Bisogna tornare ad insegnare la storia dell´arte nelle scuole, è incredibile che in un paese come l´Italia questa materia sia ridotta a pochissime ore di lezione nei licei classici, e sia del tutto assente in molti indirizzi scolastici. Ho già parlato con i vertici del ministero dell´Istruzione, e credo ci siano le possibilità per dare un seguito concreto alla proposta. I ragazzi devono poter capire il contesto culturale in cui vivono e crescono».
Un insegnamento della storia dell´arte quindi che esca dalle aule e si sposti fuori, nelle piazze, nei musei, nei luoghi dell´arte?
«Sì, ma per questo non bastano le tradizionali gite scolastiche. Penso, invece, a un nuovo tipo di "regionalismo", all´insegnamento della cultura alta e di quelle del territorio, che porti i giovani a scoprire prima di tutto il patrimonio artistico che li circonda. Un ragazzo che vive a Spello deve saper leggere la piazza di Spello, un giovane calabrese deve conoscere Sibari e sapere che cos´è stata la Magna Grecia. Essere cioè consapevoli di dove si vive e si cresce, chi ha disegnato le strade che percorriamo e che cosa era il contesto oltre il palazzo che vediamo tutti i giorni. Questo è una necessaria "formazione alla fruizione", che deve passare anche attraverso un altro veicolo fondamentale, e cioè la televisione».
Un´impresa non facile, a giudicare dagli orari impossibili nei quali la televisione pubblica relega i programmi culturali...
«Proprio per questo stiamo rinegoziando il contratto di servizio con la Rai, perché venga assicurato più spazio e più qualità alla cultura. Del resto per anni ci siamo battuti perché la fruizione dell´arte diventasse "per tutti", oggi che questo obbiettivo viene raggiunto, dobbiamo prenderci più cura di chi spende il proprio tempo e il proprio denaro per andare ad una mostra o entrare in un museo».
Scusi ministro che voto darebbe alla tv di oggi?
«C´è stato un degrado crescente, negli ultimi anni, una rincorsa a programmi più uguali e più poveri. Di notte c´è qualche occasione che merita otto, ma oggi la media la darei sul cinque. Ho fiducia, tuttavia, che nei prossimi anni si inverta la rotta».
E le risorse? Come si fa a coniugare la missione pubblica della cultura con il taglio di 12 milioni di euro del decreto Bersani, che ha colpito soprattutto gli archivi e le biblioteche? Ci saranno i fondi per portare a termine i grandi cantieri di Brera, degli Uffizi, la risistemazione di Capodimonte e delle Gallerie dell´Accademia a Venezia?
«Quei tagli sono stati dolorosi ma necessari e hanno riguardato tutti i ministeri, anche se forse per noi sono stati più dolorosi, visto il disastro degli anni del centrodestra. Gli Uffizi sono un grande cantiere, così come le Gallerie dell´Accademia: teniamo conto che si procederà con i musei aperti al pubblico e questo rende tutto più difficoltoso. Il problema di Capodimonte è la mancanza di personale, e lì bisogna agire al più presto. So che è in programma l´istituzione di navette che portino i visitatori dalla galleria Principe di Napoli al museo, per rendere più facile l´accesso a Capodimonte. Per quanto riguarda Brera, dove i problemi della pinacoteca si intrecciano a quelli dell´accademia, sarò a Milano nelle prossime settimane. Aggiungo però che bisogna spendere meglio le risorse del ministero».
Perché, ci sono fondi bloccati?
«In alcune soprintendenze ci sono soldi stanziati per interventi o restauri che non sono stati spesi, o lo sono stati tardivamente, e per questo abbiamo iniziato un monitoraggio capillare di verifica. In molti casi avviene per colpa del taglio del personale tecnico, scientifico, amministrativo, che ha indebolito il ministero. Vorrei aggiungere però che con la Finanziaria abbiamo ottenuto 90 milioni di euro in più, che ci permetteranno a gennaio di lanciare, finalmente, nuovi concorsi. Altrimenti l´attuale generazione di dirigenti finirà con l´andare in pensione senza aver consegnato il proprio sapere a chi verrà dopo».
Parliamo del Maxxi. Il museo nazionale per le arti contemporanee è in perenne crisi di fondi. Si riuscirà a chiudere il cantiere per cui sono stati stanziati soltanto 17 milioni di euro in tre anni?
«Il Maxxi non si ferma, è un mio impegno. Con gli emendamenti alla Finanziaria abbiamo stanziato altri 24 milioni di euro, quindi i lavori continuano. Il museo dovrebbe essere ultimato nel 2008».
A proposito di arte contemporanea. Ha avuto qualche pentimento sull´Ara Pacis? Fu proprio lei, quando era sindaco di Roma, a dare l´incarico per la nuova teca all´architetto Meier.
«No, nessun pentimento. Il cambio della teca era assolutamente necessario, ed è naturale che l´architettura contemporanea faccia discutere. Del resto quella piazza è stata più volte smembrata e ricostruita. Fu totalmente distrutta da Mussolini. Io trovo che la costruzione di Meier sia perfettamente riuscita all´interno, fa più discutere all´esterno. Un impatto che migliorerà con la risistemazione della piazza, progetto per il quale è già partito il concorso. Consiglio di andare sul tetto, e affacciarsi sul Tevere e le cupole barocche: Roma ha un grande luogo di cultura in più».
Per concludere la parentesi sui numeri. Che cosa è stato previsto per il Fondo Unico per lo Spettacolo?
«Una rivoluzione rispetto all´era Berlusconi. Con i fondi del governo di centrodestra oggi ci sarebbero soltanto 294milioni di euro, mentre adesso il "Fus" può contare su 444milioni di euro, che diventeranno 540 entro il 2008. Una prospettiva dignitosa e stabile, che va associata alle riforme del cinema e dello spettacolo dal vivo».
Ministro, si è da poco conclusa la Festa del Cinema di Roma. Lei crede che due festival possano convivere?
«Sì, senza dubbio. Anzi, ritengo che in Italia gli appuntamenti siano tre. La mostra internazionale di Venezia, che è dello Stato; la festa di Roma, che può rappresentare anche una seria opportunità di business, e Torino, per le opere prime, i cortometraggi e la sperimentazione. Ma è mia intenzione creare in Italia anche un grande festival del teatro, sul modello di Edimburgo e Avignone».
Lei pochi giorni fa è stato a Monticchiello, dove sindaci, cittadini, amministratori locali, hanno lanciato un grave allarme sul nuovo sacco edilizio. Cosa può fare il ministero?
«Il codice dei beni culturali prevede che ogni regione faccia i propri piani per il paesaggio, e che in questa fase vengano interpellate anche le soprintendenze. Alcune regioni sono già in regola, altre no. Quello che noi vorremmo è utilizzare proprio la Toscana come regione pilota di questa "collaborazione". Per poter prevenire le brutture cementizie piuttosto che scoprire che è impossibile abbatterle dopo. Aggiungo anche dolorosamente che gli architetti del paesaggio scarseggiano nel nostro ministero».
Torniamo all´annuncio di partenza, il "Giubileo dell´unità d´Italia" del 2011. Quali saranno le prime tappe?
«Intanto, l´istituzione di un comitato che dal 2007 inizi a progettare l´evento. Ma quello che serve è l´apertura di un grande dibattito, che colgo l´occasione di lanciare attraverso Repubblica sul significato del 2011, sul senso di identità di un paese che è orgoglioso della sua immensa cultura nazionale, ma anche delle sue diversità. Il 2011 sarà però l´arrivo, perché le celebrazioni inizieranno prima e coinvolgeranno quelle che furono le "capitali" degli antichi stati, Firenze, e poi Torino, Roma. Un percorso, un cammino di quattro anni che richiamerà la trasformazione dell´Italia tra il 1911 e il 1961, e i traguardi di una nazione del ventunesimo secolo che guarda dentro se stessa. In profondità».