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Repubblica-"Professori demotivati? Date soldi ai più bravi" -In Italia Estelle Morris, ministro dell'Educazione inglese

L'INTERVISTA In Italia Estelle Morris, ministro dell'Educazione inglese "Professori demotivati? Date soldi ai più bravi" RICCARDO ORIZIO LONDRA - "Mi dispiace per quella signora finita ...

26/05/2002
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la Repubblica

L'INTERVISTA
In Italia Estelle Morris, ministro dell'Educazione inglese
"Professori demotivati? Date soldi ai più bravi"

RICCARDO ORIZIO

LONDRA - "Mi dispiace per quella signora finita in prigione perché le due figlie marinavano la scuola da anni, ma il mio governo continuerà a punire i genitori irresponsabili. Quella madre, prima di finire in prigione, ha ricevuto 78 visite degli assistenti sociali, ma si rifiutava di cooperare. Noi puniremo i genitori che, magari inconsapevolmente, alimentano il circolo vizioso di ignoranza, povertà e emarginazione che poi crea tanti problemi alla società. Io sono una laburista di sinistra e dico che punire i genitori risponde alla buona, vecchia logica del dare pari opportunità a tutti gli studenti e non solo a quelli che hanno la fortuna di avere bravi genitori".
Estelle Morris, ex insegnante e ora ministro dell'Istruzione del governo di Tony Blair, ha in mano uno dei dicasteri più difficili della realtà britannica. Una realtà che è fatta di università di eccellenza mondiale, a partire da Oxford e Cambridge, ma anche di scuole secondarie di periferia infestate da violenza, droga, conflitti tra insegnanti e genitori, assenteismo scolastico record. Estelle Morris è arrivata ieri in Italia per incontrare il ministro Moratti e per scambiare informazioni su due sistemi scolastici diversi, ma che su alcuni temi vivono le stesse spaccature.
In Gran Bretagna la scuola media e secondaria è indirizzata a formare dipendenti specializzati per il mercato del lavoro. Cosa risponde a chi critica questo sistema come troppo utilitaristico?
"In Gran Bretagna il ricordo della grande disoccupazione degli anni '80 è ancora fresco: da allora la nostra scuola è ancorata al principio di formare persone subito collocabili sul mercato del lavoro. Ammetto che in passato ciò è stato fatto restringendo troppo il campo di studio e creando un'eccessiva divisione sociale tra coloro che studiano per farsi una cultura e coloro che lo fanno per trovare un lavoro già a 17-18: da due anni abbiamo rese obbligatorie agli studenti di 16 anni cinque materie invece delle sole tre di prima. Ma la riforma non è facile: i primi a lamentarsi sono stati gli studenti".
La Gran Bretagna è a corto di laureati: il problema opposto dell'Italia. Come state lavorando?
"Non vogliamo che le nostre celebri università sacrifichino la qualità per la quantità. Ma la domanda di personale laureato è in crescita e non siamo in grado di soddisfarlo. Nei prossimi 10 anni 8 nuovi posti di lavoro su 10 richiederanno una laurea. Amplieremo il numero delle lauree, mettendo maggior enfasi sulle lauree tecniche e scientifiche perché per esempio non abbiamo abbastanza medici e abbastanza ingegneri".
Il corpo degli insegnanti appare demotivato e in cerca di nuova identità. Che soluzioni suggerisce all'Italia?
"Suggerisco di investire denaro. Noi abbiamo da due anni un sistema di incentivi economici per gli insegnanti con le migliori performance. Per questi insegnanti, che sono il 70% del totale vengono valutati sulla base dei risultati dei propri studenti, il bonus annuale è di 2 mila sterline. Poi ci sono anche degli incentivi alle scuole: chi fa meglio riceve una somma extra che i presidi distribuiscono in pari misura a tutti insegnanti, altre 400 sterline all'anno. Il sistema del riconoscimento materiale ai migliori non è piaciuto agli insegnanti, che vorrebbero bonus per tutti. Ma funziona. Poi bisogna fare training. Come i medici, gli insegnanti non possono smettere di studiare nuovi metodi".
Perché in Gran Bretagna cresce la violenza nelle scuole, al punto che alcune avranno il poliziotto in classe?
"La scuola riflette la società. Purtroppo la responsabilità principale ce l'hanno i genitori. Molti genitori hanno perso il controllo dei propri figli. Ed è qui che lo Stato deve intervenire".