Repubblica: Quando il mondo della Rete diventa movimento politico
Grazie ai social network stanno tramontando i sistemi tradizionali della mobilitazione Ecco i nuovi soggetti della scena pubblica
Internet si è dimostrata un imbattibile strumento di parte: partigiana per elezione, perché è nella sua natura la vocazione a riunire le persone per via di affinità
Comunità virtuali, MySpace Facebook, Twitter, e-mail: tra potere e contropotere, grazie a ogni forma di Internet mobile e all´auto comunicazione di massa, oggi la partita è aperta
GIANCARLO BOSETTI
Con la diffusione del web nel mondo, un miliardo e settecento milioni di utenti (un quarto della popolazione mondiale), ci sono certamente oggi maggiori strumenti per resistere al potere. Si possono meglio difendere valori e interessi alternativi a quelli prevalenti. Tra potere e contropotere, per usare l´espressione di Manuel Castells, la partita è aperta (e non chiusa a vantaggio del primo), grazie ai social network, alle comunità virtuali, a Facebook, MySpace, Twitter, all´e-mail, a ogni forma di Internet mobile e a quella auto-comunicazione individuale di massa, che caratterizza il paesaggio tecnologico contemporaneo. L´asticella della soglia d´ingresso sulla scena pubblica si è abbassata.
La mobilitazione "in viola" del No-B day, costruita in meno di venti giorni, mostra che la piazza web ha cominciato a funzionare anche in Italia. Le smart mobs, le folle intelligenti, di cui parla da anni Howard Rheingold hanno fatto già varie apparizioni: nelle Filippine nel 2001 fu un movimento organizzato con gli Sms a spingere alle dimissioni il presidente; in Spagna dopo l´attentato di Atocha le tesi del governo furono rovesciate e punite con il voto, a mezzo telefonini; in Iran la contestazione delle ultime elezioni viaggiava su Twitter. Si cita da noi il precedente di Beppe Grillo, con il suo V-Day, ma si trattava di un personaggio già molto noto.
Invece piazza San Giovanni il 5 dicembre scorso è stata riempita da organizzatori poco conosciuti. Era evidente il carattere "orizzontale" della mobilitazione, accentuato dalla collocazione dei politici tra gli spettatori.
Negli Stati Uniti la politica è stata già largamente ridisegnata dal web; Obama aveva reclutato nella sua campagna Chris Hughes, uno dei fondatori di Facebook, e deve a YouTube tanto quanto J. F. Kennedy doveva alla tv e F. D. Roosevelt alla radio. Si tratta del paese con il più alto indice di penetrazione della Rete (75 per cento). Da noi meno della metà della popolazione ha accesso al web e dunque la performance del corteo No-B è una tappa da ricordare: la politica tenti di adeguarsi.
Ormai una traccia chiara della direzione del cambiamento è evidente: non si tratta dell´utopia della "e-democracy", ma di un radicale aggiornamento delle tecniche della competizione. Il web annunciava fin dall´inizio la caduta di barriere tra i cittadini e la politica. Ross Perot entrava in scena nella campagna presidenziale americana del 1992 con l´idea della democrazia diretta per via digitale; Al Gore promuoveva le "autostrade dell´informazione" nel 1994, e nel 1995 si parlava di "ascesa della repubblica elettronica" (Lawrence Grossman).
E negli anni successivi Internet ha davvero modellato la scena pubblica, ma non nel senso che molti avevano idealizzato: democrazia diretta, assemblee elettroniche, disseminazione del potere. No, al contrario, il web si è dimostrato un imbattibile strumento di parte: Internet è partigiana per elezione, perché è nella sua natura la vocazione a riunire le persone per via di affinità, per organizzarle intorno a obiettivi comuni. La Rete, per la politica, raccoglie gente con pensieri, interessi, attitudini simili molto più di quanto non serva a porre gli uni di fronte agli altri individui con idee e interessi in conflitto. La Rete è la «piazza elettronica» non perché sia una ideale "agorà" deliberativa, in cui le parti confrontano i propri argomenti, è invece proprio "la piazza" dove si manifesta per un´idea comune. Dovrà essere possibile un giorno anche ricavare dalle tecnologie di rete mezzi per migliorare l´intero sistema democratico, ma per il momento è chiaro quanti benefici, subito, ne possono ricavare le organizzazioni partitiche e i movimenti sociali, in termini di trasparenza, economia, rapidità, efficacia. Se solo lo volessero.
La capacità, che con il web abbiamo, di far sì che l´informazione giunta a uno di noi possa estendersi rapidamente ad altri, a costi bassissimi o nulli, ha un grandioso potenziale di libertà. Dobbiamo stare soltanto in guardia e cautelarci nei confronti di quello che Cass Sunstein (Republic.com 2.0, Princeton 2007 e Going to Extremes, Oxford 2009) chiama il rischio del perfect filtering, del perfetto filtraggio di individui affini, che la Rete esercita inesorabilmente attraendo il simile con il simile, con una autoselezione che tende a escludere voci discordanti. La discussione tra persone, che son sempre d´accordo tra loro, può nutrire complicità, scoraggiare verifiche, accrescere il disprezzo per altri, far commettere di errori a cascata, o meglio a "cyber-cascata", fino ad accreditare come vere notizie false e a polarizzare estremismi. È salutare che, di norma, sulle piazze, anche virtuali, circolino idee in libertà e opposti pareri.
La "tirannide della maggioranza" è sempre in agguato, tanto più in paesi, come il nostro, che soffre non solo di digital divide (metà della popolazione fuori dalla Rete, in America la penetrazione è del 75 per cento), ma anche di press divide (è salita al 40 per cento la percentuale estranea ai mezzi di stampa) e dove la dipendenza dalla tv generalista per l´informazione politica rimane spaventosamente alta (70 per cento per tutti, 81 tra gli anziani, Censis 2009). Il pluralismo dell´informazione resta in sofferenza, la partita tra poteri e contropoteri resta aperta, la contesa tra informazioni dall´alto del vecchio mass-medium e informazioni dal basso del social network è in corso, ma c´è sempre da stare un po´ in ansia per il risultato finale del match.