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Repubblica: Ricerca, se il merito fosse un obbligo

SALVATORE SETTIS

12/01/2007
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la Repubblica

Sul fronte della ricerca notizie mediocri da Roma, ottime notizie da Bruxelles. Cominciamo dall´Europa. La Commissione Europea ha affidato risorse significative (7.5 miliardi di euro) a un nuovo organismo, il Consiglio Europeo delle Ricerche (Erc), guidato da 22 studiosi di varie discipline. Da ieri e ancora per oggi il Consiglio tiene a Milano la sua ottava riunione (la prima in Italia), in presenza del ministro Mussi. I suoi membri non sono di nomina politica, ma scelti da un comitato sulla base di rose di nomi fornite da istituti di ricerca: essi non rappresentano dunque i Paesi di appartenenza, bensì la comunità scientifica (full disclosure: con Claudio Bordignon sono uno dei due italiani di questo Consiglio: in ambo i casi, in seguito a nomination di agenzie di ricerca non italiane). Erc mira al rilancio della ricerca a livello europeo (il solo su cui competere con gli Stati Uniti, il Giappone, la Cina), e perciò ha per unico criterio la qualità dei progetti e il merito di chi li presenta (niente più necessità di "associarsi" ricercatori di altri Paesi, nessun limite tematico). Benvenuti anche i non-europei, purché disposti a lavorare in Europa. Nessuna distinzione fra ricerca "di base" e "applicata", ma invece la promozione della ricerca di frontiera, senza barriere disciplinari. Presieduto dal biologo greco Fotis Kafatos (che insegna a Londra) con due vice (la sociologa Helga Nowotny, austriaca, e il fisico francese Daniel Estève), il Consiglio ha già preso decisioni importanti. Si alterneranno due bandi, uno per i giovani (entro 8-10 anni dal PhD), l´altro per gli studiosi più avanzati. Il primo bando (entro febbraio) sarà dedicato ai giovani, per incoraggiare i più brillanti a restare in Europa, ma anche a trasferirvisi, acquisendo grazie ai fondi Erc una posizione di leadership. Sono previsti finanziamenti fino a 2-3 milioni di euro per progetti fino a cinque anni. Il secondo bando sarà per studiosi avanzati, e i due bandi si alterneranno, per un miliardo di euro ogni anno. Le domande saranno giudicate con un trasparente sistema di peer review. Priorità alle idee, al merito e al talento per creare meccanismi di forte attrattività e favorire il veloce approdo dei giovani più brillanti a posizioni di leadership: questi i principi-guida dell´Europa, per diventare «l´economia più competitiva e dinamica del mondo, perché fondata sulla conoscenza» come prescrive l´agenda di Lisbona (2000).
In Italia, tutta un´altra musica. Il programma dell´Ulivo prevedeva «maggiori risorse pubbliche e più investimenti privati favoriti con il credito d´imposta automatico per gli investimenti in ricerca», ma abbiamo assistito al consueto scenario di ogni Finanziaria: riduzione delle risorse pubbliche per le università e nessuna agevolazione a donazioni private, come sempre in nome di specialissime urgenze e congiunture; ma la verità è che lo scarso investimento in università e ricerca è un dato strutturale della politica italiana, e non c´è alcun indizio che questo governo voglia cambiar registro. In compenso, la stessa Finanziaria che depaupera le università statali equipara i collegi universitari di enti ecclesiastici a quelli pubblici (comma 603) e assegna 8.4 milioni di euro alla "Scuola Europea" di Parma (comma 1342) e 1 milione alla "Fondazione Collegio europeo" della stessa città (comma 654). Il merito e il talento hanno poca cittadinanza in un sistema universitario inquinato da localismo delle carriere, moltiplicazione dei corsi di laurea, autoreferenzialità dei ceti accademici. Proseguirà l´emorragia dei migliori verso altri Paesi: e mentre ci stracciamo le vesti sulla "fuga dei cervelli" il Consiglio Universitario Nazionale (organo di autogoverno dell´università) ha appena respinto decine di chiamate di "cervelli" rientrati in Italia sulla base di un bando che prometteva l´integrazione nel nostro sistema universitario. Se qualcuno ci ha creduto, e per tornare in Italia ha lasciato un sicuro posto di lavoro a Boston, a Oxford, a Tubinga, peggio per lui: torni all´estero, da noi non c´è posto.
Quanto ai giovani studiosi, che cosa offre l´Italia? La Finanziaria prevede 37 milioni di euro per il reclutamento di ricercatori negli enti di ricerca nel 2007 e 2008 (commi 651 e 652), e 140 milioni di euro per il reclutamento di ricercatori nelle università fra il 2007 e il 2009. Ma perché solo ricercatori? A quel che pare, puntare esclusivamente sui ricercatori sarebbe una misura indirizzata ai giovani. Ma chi l´ha detto che non esistono in Italia (e solo in Italia) giovani abbastanza bravi da aspirare a posizioni più avanzate, associato o professore ordinario? Per loro nessuna speranza: la legge Moratti, che ha riformato i concorsi universitari prevedendo una verifica a livello non più locale ma nazionale, è lettera morta, perché a un anno dall´approvazione mancano i decreti attuativi, e dunque tutti i concorsi sono bloccati. Per sincerarsene, basti andare sul sito del Ministero (Ma c´è di peggio: nulla impedisce che si applichino anche a ricerca e università le norme della Finanziaria sulla stabilizzazione dei precari. Tale è il comma 519, secondo il quale è stabilizzato a domanda «il personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni anche non continuativi», mediante non meglio definite «prove selettive». Anzi, il comma 520 prevede espressamente un tal meccanismo per la stabilizzazione di «ricercatori, tecnologi, tecnici e personale impiegato in attività di ricerca», e ciò anche nel 2008 e 2009 (comma 526). Questa valanga di stabilizzazioni avverrà solo, s´intende, «per fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza» (comma 527). Ora, sarà anche giusto privilegiare il lavoro a tempo indeterminato: ma se si applica questo principio a università e ricerca l´effetto perverso è che i "precari", anche mediocri, occuperanno, di fatto ope legis, posizioni che in qualsiasi altro Paese spetterebbero non ai più precari, ma ai più bravi. Il governo sembra aver dimenticato che ci sono, più precari dei precari, migliaia di giovani in attesa di prima occupazione: nel comparto università e ricerca, dominato da altissima competitività globale, il solo criterio valido è il merito; i "diritti pregressi" in questo campo non contano proprio nulla.
Al contrario, ingrossando il solo ruolo dei ricercatori mentre gli altri si svuotano, fatalmente aumenterà il numero dei ricercatori con incarico di insegnamento ("affidamento"). Non meno fatale sarà che, data la natura precaria di tali affidamenti, i ricercatori-con-incarico ottengano quello che reclamano da tempo, e cioè precisamente la "stabilizzazione" ope legis. L´università italiana ha già vissuto questo scenario con la legge 382 del 1980, che abolì sulla carta il ruolo di assistente (rietichettandolo come ricercatore), e mediante una valanga di "concorsi" ad personam trasformò in ricercatori decine di migliaia di assegnisti e in associati decine di migliaia di assistenti e incaricati (già "stabilizzati" nel 1973), col risultato di bloccare per molti anni la carriera dei giovani, e di costringere i migliori a fuggire. Ogni meccanismo "concorsuale" ad personam, ora come allora, congela il localismo delle carriere, nega il principio della competitività e del merito ed espelle dall´università italiana i più giovani.
Dall´esperienza del 1980, pare, non abbiamo imparato nulla. Nella remota ipotesi che l´Italia non voglia chiamarsi fuori dall´Europa, è necessario non solo eliminare ogni sospetto di ope legis, ma prevedere subito (ciò che la Finanziaria non fa) un efficace meccanismo di turn over che inserisca nel mondo della ricerca i più giovani, a un livello commisurato non alla loro età, bensì al merito conquistato sul campo della ricerca, e solo a quello. Necessario è dunque riaprire immediatamente i concorsi per associato e ordinario, e non solo per ricercatore, e farlo con un sistema più garantito (anche mediante commissari di concorso di altri Paesi, come già avviene in tutta Europa salvo l´Italia) e non localistico; dando risalto ai meriti (se ci sono) di chi già lavora nell´università, ma senza cedere alla demagogia suicida di stabilizzazioni e promozioni ope legis né alla creazione di una "terza fascia" di docenti. Necessario è riprendere il programma di "rientro dei cervelli" con maggiori garanzie di qualità e maggiori prospettive. Nel mondo dell´università e della ricerca, dove la competizione si svolge a livello mondiale, il principio esclusivo della qualità e del merito non è un´opzione, è un obbligo. Solo applicandolo nel modo più rigoroso e trasparente si può mettere l´università italiana al passo con l´Europa: l´alternativa è il ristagno dell´Italia e la fuga dei migliori.