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Repubblica: Rimettiamo il grembiule a scuola (forse) si cambia. Il ministro dell´Istruzione Gelmini: un´ottima iniziativa

Benedetto Vertecchi: «È un falso problema. Spero che la scuola italiana affronti i problemi veri e concreti, senza aggrapparsi a queste false soluzioni».

02/07/2008
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la Repubblica

Il ministro dell´Istruzione Gelmini: un´ottima iniziativa per contrastare l´abbigliamento firmato anche tra i bimbi
Lo psicoterapeuta: ha anche un effetto positivo sull´autorevolezza dell´istituzione

MARIO REGGIO

ROMA
Nero, bianco, blu. Fiocco, colletto di cotone, a volte anche di pessima plastica. Basta scorrere le immagini della "Settimana Incom" degli anni 50-60 per rivedere le legioni di studenti delle elementari, medie, ma anche delle superiori, incolonnate nel cortile della scuola con il grembiule. Maschi in nero, femmine in bianco, a volte in rosa. Sono passati cinquant´anni e l´idea di tornare al grembiule prende corpo. L´idea l´ha lanciata una trentenne parlamentare del centro-destra, Gabriella Giammanco, ex Tg4, che ha fatto la proposta al ministro della Pubblica Istruzione Mariastella Gelmini. E la trentacinquenne responsabile della scuola (che ieri ha compiuto gli anni) non si è fatta sfuggire l´assist: «La proposta è da prendere in considerazione, le motivazioni sottese sono convincenti - ha commentato il ministro - non è soltanto un fatto d´ordine, ma anche di eguaglianza sociale tra i ragazzi, soprattutto ora che va tanto di moda l´abbigliamento firmato già in giovanissima età».
La divisa scolastica fece la sua apparizione nelle aule italiane alla fine dell´Ottocento, seguendo la scelta della scuola francese. Ma da noi non è stata mai obbligatoria per legge. La riforma Gentile del ‘25 parla di obbligo morale ad un abbigliamento "consono alle aule scolastiche". Nessuna norma o circolare ministeriale ha mai parlato di obbligo del grembiule a scuola. Tutto è affidato all´autonomia scolastica, quindi ai presidi ed ai consigli d´istituto.
Nel corso dei decenni i costumi, le abitudini, il look dei giovani è cambiato di continuo. Agli inizi degli anni ‘60 i presidi andavano su tutte le furie quando le studentesse delle superiori si presentavano a scuola con la minigonna. Stessa musica se i maschi andavano a scuola con i capelli a caschetto stile Beatles. Ma nessuno è riuscito, nel bene o nel male, a cambiare le mode. Ora è il turno delle adolescenti con l´ombelico in vista. Un film già visto.
Ma cosa ne pensano gli esperti? Le idee divergono. Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell´età evolutiva, commenta: «La proposta è un po´ vecchia e di tanto in tanto rispunta, ma il criterio è giusto: creare uniformità e interrompere le inutili gare di griffe tra i bambini, dovute alle fisime dei genitori. Ha anche un effetto positivo sull´autorevolezza della scuola - conclude - che facilità gli insegnanti». La pensa in maniera un po´ diversa Benedetto Vertecchi, ordinario di Pedagogia Sperimentale a Roma Tre: «Strana situazione. È un falso problema. Sono stato in Gran Bretagna la settimana scorsa - afferma Vertecchi - lì anche le scuole pubbliche impongono la loro divisa agli studenti. Ma la differenza di classe appare subito chiara: gli studenti che vengono dalle famiglie ricche si riconoscono subito. Mises costose e griffate. Quelli delle scuole di più basso livello sociale si possono permettere divise di scarto. Anche in Italia, oggi, ci sono istituti dove è d´obbligo per le ragazze la gonna blu e la camicetta bianca. Spero che la scuola italiana - conclude - affronti i problemi veri e concreti, senza aggrapparsi a queste false soluzioni».