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Repubblica-Ritratto di ragazzi tra impegno e veline

Ritratto di ragazzi tra impegno e veline ILVO DIAMANTI STENTIAMO a riconoscere i giovani, oggi, anche se le indagini sull'argomento si moltiplicano. Ricerche scientifiche e soprattutto di m...

25/07/2004
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la Repubblica

Ritratto di ragazzi tra impegno e veline
ILVO DIAMANTI
STENTIAMO a riconoscere i giovani, oggi, anche se le indagini sull'argomento si moltiplicano. Ricerche scientifiche e soprattutto di mercato. Oltre a sondaggi a uso dei media. D'altronde, ogni società ha bisogno di rappresentare i giovani, per immaginare ? se non per progettare ? il proprio futuro. Peraltro, i giovani sono comunque diventati consumatori e, a loro volta, consumo. Sono un segmento di mercato sensibile, ma anche un marchio che fa vendere e un prodotto che si vende bene. Però, malgrado le analisi e gli esercizi creativi, non ci si riesce, a fissarli con una formula, una parola.

Certamente non possiamo, come dieci anni fa, parlare di una "generazione invisibile". Definizione con cui se ne evocava il basso grado di mobilitazione collettiva, il distacco verso la politica e la protesta. Ma anche la preferenza per le relazioni minime, per il privato. E il loro profilo "medio", rispetto ai valori sociali; non lontano dai padri. Una generazione difficile da distinguere, perché, per scelta e/o necessità, impegnata a mimetizzarsi, per aderire a una realtà sociale in grande e costante trasformazione. Rinunciando a proporre e ostentare differenze. Oggi, certamente, non è più così. Sono diventati visibili, i giovani. Appariscenti. Soprattutto i "più" giovani. E i giovanissimi. Con meno di venticinque anni. E, ancor più, sotto i venti. Visibili.
1. Anzitutto, politicamente. Sono divenuti il settore più disponibile alla mobilitazione e alla protesta sociale. Soprattutto gli studenti. L'esperienza della scuola, dopo vent'anni, è tornata ad essere luogo e fonte di partecipazione collettiva. Questa tendenza è maturata da anni. Ma certamente l'attentato alle "Torri gemelle" e il conseguente processo di globalizzazione della guerra ne hanno accelerato la dinamica. Il movimento per la pace, che si è propagato da allora, non è un fenomeno solamente giovanile. Ma fra i giovani ha incontrato sostegno ampio. Generalizzato. Ha costituito una risposta alla solitudine, all'impotenza. Un modo per ricostruire un'immagine, un'identità. Per non rimanere invisibili. Appunto. Peraltro, è cresciuta anche l'attenzione verso la politica più istituzionale. Verso i partiti. I giovani li guardano con disincanto e sfiducia. Ma li guardano. Sono più informati di qualche tempo fa. E, dopo vent'anni di atteggiamenti moderati, sono orientati nuovamente a sinistra. In modo netto. Con una preferenza sensibile per le forze politiche più radicali (Rifondazione comunista, in particolare).
Sarebbe, peraltro, errato pensare a una generazione militante. I "giovani più giovani" hanno poca dimestichezza con le categorie e con le etichette politiche del passato. Se si parla di comunisti, socialisti, democristiani restano perlopiù indifferenti. Quando è caduto il muro avevano 5-6 anni. Quando è affondata la prima Repubblica neppure dieci. Praticano la politica come attività normale, perché incrocia i problemi della loro vita. Fanno politica anche senza chiamarla così.
2. Un altro tema che contrassegna le analisi sui giovani del nostro tempo è la flessibilità. Flessibilità e incertezza, come orientamenti che rimbalzano e si richiamano reciprocamente. Sono flessibili, si dice, perché costretti a fare di necessità virtù. Flessibili - e precari - nel lavoro, ma anche nella vita. Abituati a dilazionare le scelte. O a rivederle. D'altronde, l'orizzonte economico e del mercato del lavoro è instabile e stagnante.

Difficile fare progetti professionali ed esistenziali di lungo periodo. Anche il sistema di welfare, peraltro, non consente loro di guardare lontano in modo tranquillo. E infatti la maggioranza della popolazione ritiene che i giovani non riusciranno a maturare una pensione, in futuro. Pensa, inoltre, che i giovani e i giovanissimi non riusciranno a migliorare e forse neppure a pareggiare la condizione degli adulti. Tuttavia, è interessante notare come il pessimismo e il maggior senso di sfiducia nel futuro si rilevino, non fra i giovani, ma fra gli adulti e gli anziani. Fra i loro genitori e fra i loro nonni. Perché i giovani all'incertezza si sono abituati; come alla precarietà futura. Vi reagiscono, in parte, apprendendo l'arte della flessibilità; in parte appoggiandosi ai riferimenti presenti nel loro mondo (la famiglia, la scuola); in parte rafforzando i loro legami reciproci. Attraverso la partecipazione. Ma anche attraverso la tela, fitta e intensa di relazioni amicali e personali; che tende a non finire mai, a dilatarsi ad ogni ora del giorno.
3. Perché, a differenza dei loro fratelli maggiori - e tanto più dei genitori e degli anziani - , i giovanissimi oggi intrattengono un dialogo che non finisce mai. Parlano con le dita. Usano i cellulari non per telefonare, ma per comunicare via sms e mms con gli altri amici. Per stare insieme di continuo, alle ore e nei luoghi più impensati. Una pratica che i più anziani apprendono, talora in modo competente. Ma che non possono riprodurre, perché abituati a parlare con la lingua; al più per email. Ma l'sms è un'altra cosa. Genera rete, relazione, gruppo.
4. Infine, fra le diverse rappresentazioni associate a questa generazione, c'è il rapporto con i media e con i miti mediatici. Forse l'elemento che, più degli altri, stride con i precedenti, per chi cerca un disegno se non unitario, almeno coerente, per tratteggiare questa generazione; per attribuirle un segno dominante. Perché, fra i giovani e i giovanissimi, è forte l'attrazione suscitata dai grandifratelli, dalle veline, dagli amicidimariadefilippi. I mostri mediatici che, per quanto appartengano a generi diversi, vengono spesso catalogati insieme come segno di liquefazione culturale.

La realtà simulata, il sogno italiano del successo a buon prezzo. Niente di più lontano, di più diverso, dal ritorno della partecipazione collettiva, dall'impegno sociale e politico. Niente di più deviante, insidioso, per chi è destinato a una dura e incerta "lotta per la vita". Indulgere alla finzione, all'illusione come spettacolo, alla competizione individuale come regola. All'immagine per l'immagine. Appunto. L'immagine. L'esigenza di diventare "visibili". Magari per una sera. Di avere un volto, una faccia. Come persone. Di essere "riconosciuti". Anche a costo di "recitare" i fatti propri. Di interpretare il copione della vita quotidiana. Di replicare lo spettacolo della competizione individuale. Un modo, anche questo, per rifiutare l'invisibilità.
Non deve sorprendere questa commistione. Né dobbiamo fare l'errore di pensare che i giovani, i giovanissimi, abbiano un solo volto. Una sola identità. Non è così. E non (solo) perché vi siano segmenti di popolazione giovanile distinti e distanti: i militanti, gli impegnati, i virtuosi dell'sms, i precari, i rintronati dalla tivù. In una certa misura fra i giovani, come in ogni realtà sociale, queste distinzioni esistono. Tuttavia, i margini di sovrapposizione, fra questi orientamenti, sono ampi. E una gran parte dei giovani è, di volta in volta e allo stesso tempo: militante, pacifista, co.co.co, velina. Parlano linguaggi diversi, i giovani, e si muovono fra elementi diversi. Come anfibi. Abituati ad affrontare il futuro nuotando nelle acque del presente. A misurarsi con il mondo piantando molte radici su territorio. A cercare e a costruire relazioni, dirette e a distanza. A protestare e a manifestare insieme agli altri. Per non sentirsi soli. Per evocare il futuro. I giovani. Capaci di parlare con le mani. E di immaginarsi veline, amicidimariadefilippi, per conquistare un'evidenza effimera. Per diventare visibili, almeno per un giorno. Senza sentire, provare disagio e contraddizione.
Per la società adulta, per chi nei giovani cerca una rappresentazione del proprio presente, una raffigurazione del proprio futuro, è un disegno difficile da decifrare.
Però, se ci guardiamo intorno, se riflettiamo: sulla catena che lega politica, media, comunicazione, sulla dilatazione degli spazi dell'incertezza economica, sulla difficile ricerca di riferimenti di valore. Allora, questi giovani meticci ci appaiono il riassunto del nostro tempo. Impegnati a scrivere un manuale di sopravvivenza. Senza rassegnarsi. Senza rinunciare a rendersi visibili. E a divertirsi un po'.