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Pagina V - Roma
La facoltà di Studi orientali formerà i professori, poi sperimentazione nei licei. Il preside Masini: "Grandi prospettive"
A scuola arriva la lingua cinese
Progetto La Sapienza-Regione per introdurre l'insegnamento
La didattica sarà avviata dal prossimo anno di studi e poi estesa anche a medie e inferiori
BEATRICE RUTILONI
Il cinese s'imparerà sui banchi di scuola. Al posto delle solite scelte, inglese, francese e spagnolo, gli studenti delle scuole superiori della Capitale avranno la possibilità di studiare la lingua di Pechino. Dal prossimo anno partirà una sperimentazione che coinvolgerà licei e istituti superiori, ma in seguito troverà spazio anche nelle medie inferiori e nella scuola primaria. Il progetto nasce da una collaborazione tra la facoltà di Studi Orientali della Sapienza e l'Ufficio Scolastico Regionale: "La prima fase prevede la realizzazione, quest'anno, di un master che formerà gli insegnanti - spiega Federico Masini, preside della facoltà, unica in Italia, che ha sede all'Esquilino - e dal prossimo anno si potrà partire con l'introduzione della lingua nei programmi scolastici: abbiamo già fatto un piccolo esperimento in un liceo classico di Monterotondo, il "Catullo". Per gli studenti che avranno frequentato questi corsi e intenderanno proseguire nella nostra facoltà è poi previsto un sistema di credito agli esami del primo anno, visto che non partiranno dal livello zero".
L'onda lunga dell'oriente è arrivata, dunque: "E' impossibile non pensare che i ragazzi e i bambini di oggi vivranno in un mondo dove la Cina avrà scalzato l'America dal podio delle superpotenze - continua Masini - il processo è già avviato e speriamo che prosegua senza i risvolti negativi di un nuovo imperialismo". I giovani hanno capito prima degli altri dove punta il mercato: nell'anno accademico trascorso le matricole che avevano optato per lo studio del cinese, dell'arabo o del giapponese erano state 400; per quello che inizia a novembre ne sono previste almeno il doppio. E quali saranno le loro prospettive di lavoro? "Turismo, commercio, imprese, diplomazia - dice il preside - in più la scelta è doppia: si può lavorare in Italia, perché sono già molte le richieste di giovani laureati in giapponese e cinese, o all'estero, dove lo sviluppo della nostra economia ha bisogno di interpreti e mediatori culturali".