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Repubblica-Roma-Scuola, l'ora di integrazione "Mai più scontri di civiltà"

Pagina III - Roma LA LOTTA AL TERRORISMO L'assessore regionale Silvia Costa: "Tra i banchi inizia la convivenza tra popoli". Percorsi di italiano per figli di immigrati Scuola, l'o...

03/08/2005
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la Repubblica

Pagina III - Roma
LA LOTTA AL TERRORISMO
L'assessore regionale Silvia Costa: "Tra i banchi inizia la convivenza tra popoli". Percorsi di italiano per figli di immigrati
Scuola, l'ora di integrazione "Mai più scontri di civiltà"
Finanziati programmi per le classi multietniche
Stanziati 15 mila euro per avvicinare 157 etnie diverse presenti negli istituti romani
Ahmad Ejaz, mediatore culturale: "La situazione non è buona, agire subito"
BEATRICE RUTILONI


L'integrazione che passa dalla scuola. Il diritto allo studio garantito anche per gli studenti stranieri: forse la lotta al terrorismo può cominciare da qui e da subito, in una classe di bimbi, durante una lezione un po' diversa dalle solite. Le basi per un futuro che sa di pace le getteranno loro, che oggi hanno qualche anno: questa una delle sfide del programma dell'assessore all'istruzione e alla formazione del Lazio, Silvia Costa, che nelle linee guida proposte ai Comuni e alle scuole per l'utilizzo dei 15 mila euro stanziati (il 15 per cento in più rispetto allo scorso anno) a garanzia del diritto allo studio degli studenti del Lazio, ha indicato una nuova priorità. "Si tratta dei percorsi di italiano per gli studenti stranieri che frequentano le scuole nella nostra regione - spiega l'assessore - ormai la presenza di bambini e ragazzi che appartengono a etnie diverse è un dato importante, che chiede di essere ascoltato: siamo intorno all'8 per cento di iscritti, concentrati soprattutto nelle scuole elementari. E' ora di agire con programmi ben costruiti, che mirino a realizzare quell'integrazione tra culture che è la necessaria base per una buona convivenza tra popoli. Ogni scuola stabilirà, con l'autonomia, come utilizzare i fondi: posso immaginare corsi di italiano per genitori e figli stranieri, oppure percorsi paralleli che aiutino gli insegnanti nel difficile compito di svolgere i programmi quando in classe ci sono anche sette bambini che parlano ognuno una lingua diversa".
Roma, in particolare, è un vero crocevia di culture: secondo la Caritas nella Capitale convivono ben 157 nazionalità, laddove in tutta Italia ne sono presenti 190, mentre gli studenti stranieri sono 17.872 (nel Lazio: 23.078) di cui un buon 60 per cento proviene dai paesi dell'est europeo (in testa la Romania, seguita dalla Polonia) e un 25 per cento da Africa e Asia (con le comunità più importanti: Filippine, Egitto, Bangladesh). Il mondo in una classe, dunque, ma non il migliore dei mondi ipotizzabili, a ben vedere: "La situazione dell'integrazione tra culture nelle scuole romane non è buona - fa notare Ahmad Ejaz, mediatore culturale, pakistano, sposato con una italiana e papà di un bimbo di 4 anni ("che sceglierà da solo quale religione seguire") - con la legge Bossi-Fini si sono fatti molti passi indietro, era ora che si ripensasse a un progetto di lavoro serio sull'intercultura: da dieci anni faccio questo lavoro e quello che vedo è sbagliato come principio. Noi mediatori culturali, ex "raccontamondi", siamo concepiti per lo più come un sostegno ai bambini stranieri, il nostro compito sembra risolversi quando questi hanno imparato la lingua. Ma non basta e i risultati li vediamo, in un'assurda scala di valori, nei fatti che sono accaduti nel mondo, di recente: a Londra come a Roma, le nuove generazioni di immigrati hanno perso la loro identità e una volta diventati adulti hanno voluto riconquistarla a ogni costo. Quello che bisognerebbe fare è lavorare sulle identità culturali di ognuno, e, nel caso di chi ha doppia nazionalità, mantenere intatte le origini". D'accordo la dirigente della "Iqbal Masih" di Centocelle, una delle scuole a più alto tasso di presenze straniere, circa il 12 per cento: "Ai bambini non bisogna insegnare solo l'italiano - spiega Simonetta Salacone - semmai questo va bene per chi arriva già grande, magari alle medie: per i piccoli sono assai più importanti progetti che utilizzano linguaggi non verbali, legati alla convivialità. Uno spettacolo teatrale che metta in scena culture diverse, un coro multietnico o un giornalino scritto in diverse lingue possono unire molto di più di un corso di italiano, la questione importante è un'altra: che si torni finalmente a pensare di fare intercultura a livello istituzionale, nel rispetto e nella conoscenza reciproca".