Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » REPUBBLICA-SAN PATRIGNANO SUCCURSALE DEL MINISTRO MORATTI-di MICHELE SERRA

REPUBBLICA-SAN PATRIGNANO SUCCURSALE DEL MINISTRO MORATTI-di MICHELE SERRA

San Patrignano, succursale del ministro Moratti SAN PATRIGNANO SUCCURSALE DEL MINISTRO MORATTI-MICHELE SERRA Il ministro della scuola Letizia Moratti ha stabilito di ricevere a San Patrignan...

04/10/2003
Decrease text size Increase text size
la Repubblica

San Patrignano, succursale del ministro Moratti

SAN PATRIGNANO SUCCURSALE DEL MINISTRO MORATTI-MICHELE SERRA

Il ministro della scuola Letizia Moratti ha stabilito di ricevere a San Patrignano i suoi colleghi europei. Potrebbe essere una semplice variante del costume berlusconiano di ospitare personalmente nei suoi ranch i capi di Stato: amici personali, appunto, di un governo di facoltosi, che intende sollevare lo Stato da onori e oneri dell'ospitalità, in attesa di sollevarlo anche del resto (vedi la prospettata alienazione di parte del patrimonio pubblico: che se ne fa, la Repubblica italiana, di palazzi e giardini, in presenza di un premier che è in grado di ricevere tra i suoi cactus anche l'Onu al completo, vitto e alloggio compresi?). Ma visto che si parla di scuola, l'iniziativa del ministro è piuttosto un eloquente esempio di "parificazione" di un istituto privato: la comunità fondata da Vincenzo Muccioli viene promossa, per l'occasione, a sede governativa distaccata.
Prima di lamentare l'ostilità preconcetta dell'opposizione, l'attuale classe dirigente dovrebbe forse valutare meglio la continua cesura che i suoi atti politici produconoUna buona metà del Paese, già fortemente insospettita dall'evidente confusione tra interessi privati e agire pubblico che questo governo incarna, specie nella figura del suo leader, è molto maldisposta a digerire forzature come questa. Che la cittadina Moratti abbia stretti rapporti filantropici e politici con San Patrignano è cosa nota e assolutamente rispettabile. Che il ministro Moratti decida di sdoganare questa sua vocazione privata, promuovendo San Patrignano a ostello istituzionale europeo, è perlomeno sconveniente.
Foss'anche la comunità di Muccioli un mero e ameno luogo di ricreazione turistica, la scelta del ministro sarebbe già molto discutibile: il governo italiano ha luoghi e facoltà bastanti per svolgere sontuosamente i suoi simposi e onorare i suoi doveri di ospitalità, senza alcun bisogno di subappaltare a privati pernottamento e breakfast. Ma San Patrignano non è un qualunque albergo per convention. È il luogo fortemente simbolico, e fortemente discusso, dove si è esercitata, con successi almeno pari alle critiche, una pedagogia in piena regola: appassionata, generosa, patriarcale, intrusiva e anche manesca. Un ministro della scuola non può non sapere o non capire che un'investitura così solenne, e su scala europea, di quella comunità privata, anche se illustre, corrisponde a una scelta politica forte e significativa.
Si aggiunga, per completare il quadro, che quando la bufera giudiziaria gravava su tetti e tettoie di San Patrignano, venne spesso rivendicata, in difesa di quell'esperienza, una sorta di extraterritorialità fattuale: sulla frontiera aspra della droga, i modi bruschi vennero giustificati come estremi e necessari rimedi a mali estremi. Allo Stato si chiese, sostanzialmente, di non incombere più di tanto, con le sue leggi, su quella piccola repubblica del dolore, dove le leggi si facevano e si disfacevano a seconda dell'autorevole giudizio del Capo. Lo Stato, con paradossale remissività, oggi riconosce a San Patrignano le sue ragioni bussando ai suoi cancelli con lo spazzolino da denti e la ventiquattrore. Altre comunità (poi penalizzate, magari, dalle elargizioni pubbliche) agirono diversamente. Non è certo, nel difficile dibattito sulle tossicodipendenze, che ragioni e torti fossero tutti da una parte. È certissimo, però, che il gesto definitivo di Letizia Moratti consacra arbitrariamente San Patrignano come luogo eletto delle politiche per la gioventù, promuovendo una scelta privata a politica di Stato.
Sarebbe bastata un po' di delicatezza istituzionale per capire che non era il caso. Ma la delicatezza istituzionale è stata da tempo retrocessa, da questo governo, a impiccio ipocrita, a decrepita etichetta. Nell'accelerazione continua verso la privatizzazione di ogni residua attività pubblica, si legge la spavalda cultura di svuotamento dello Stato, e la convinzione che quanto si appalta e si aliena possa poi essere "naturalmente" surrogato dall'estro munifico e benefico degli attori privati. In qualunque campo. Scuola, televisione, servizi, sanità.
Muccioli, poi, fu un pioniere esemplare tanto dei meriti (energica convinzione) quanto dei demeriti (sconfinata presunzione) della nuova destra italiana. Sostituto vivente dello Stato, delle sue inefficienze ma anche delle sue leggi, applicò tra i primi il principio dell'extraterritorialità del suo avere e del suo essere rispetto alle faticose procedure pubbliche. Fu imprenditore brillante anche grazie alla mano libera di cui poteva godere una volta chiusi i cancelli della sua comunità. Dimostrò che il pubblico, in fatto di lotta alla droga, ansimava e/o latitava, e si impose come spettacolare surrogato di ogni inefficienza, vera o presunta, dei tanti dipendenti pubblici impegnati sullo stesso fronte.
La frustrazione di quei tanti operatori, magari penalizzati da stipendi miseri e finanziamenti insufficienti, è speculare a quella degli insegnanti della scuola pubblica, che vedono i loro fondi diminuire anno dopo anno magari in favore delle scuole private. Ma è una scelta politica - non certo un accidente dei tempi - quella che dirotta dal pubblico al privato risorse e simpatie culturali. Scelta politica ufficialmente suggellata da Letizia Moratti stabilendo a San Patrignano la sua Camp David.