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Repubblica: Se i tagli alla ricerca li pagano i malati

UMBERTO VERONESI

12/11/2006
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la Repubblica

Non solo gli scienziati, ma anche i malati, i medici, i volontari e coloro che si impegnano ogni giorno per il progresso del paese anche stando al di fuori della politica, sono con Rita Levi Montalcini contro i tagli alla ricerca scientifica previsti dalla Finanziaria. Un paese senza ricerca uccide il suo futuro. Lo diciamo da anni in Italia e in Europa, e l´aveva ripetuto l´amica Rita pochi giorni fa attraverso questo giornale.
Non c´è dubbio su questo principio, che allinea economisti e scienziati, filosofi e politici, ma che si arena puntualmente sullo scoglio di come applicarlo in un regime di risorse limitate e con un debito pubblico alle stelle.

Nessuno pare avere la soluzione nel cassetto, ma io penso che non possiamo allargare le braccia e fermarci qui. Tanto per cominciare aumentare gli investimenti è indispensabile, ma non sufficiente. Ci vuole una strategia: è indispensabile instaurare un dialogo fra mondo produttivo, società e scienza per arrivare ad un disegno strategico per la ricerca, che unisca le visioni e le competenze di tutti. Senza una strategia d´investimento in ricerca, basata su una cultura della scienza condivisa, ci ritroveremo all´appuntamento con ogni finanziaria a manifestare, a criticare questo o quel governo e a lottare contro le forbici dei ministri di turno. Non dovremmo mai sottovalutare il valore della cultura della scienza ad ogni livello e soprattutto la volontà e la capacità di partecipazione degli italiani al sostegno della ricerca scientifica. Contemporaneamente al dibattito sui tagli molte voci si stanno alzando per difendere il 5 per mille (introdotto lo scorso anno da Giulio Tremonti, allora ministro dell´Economia,) cioè la possibilità di indicare nella propria dichiarazione dei redditi che questa percentuale delle proprie tasse sia destinata alle associazioni no profit dedicate alla ricerca, alla sanità o al volontariato. Ebbene se si confermano, come penso, i dati diffusi dall´associazione dalla Onlus Vita, risulta, da un indagine svolta nei Caf diffusi su tutto il territorio che i due terzi degli italiani ha scelto di utilizzare l´opportunità del 5 per mille. La quota più ampia è andata all´area del volontariato (in cui una buona parte è comunque indirettamente impegnata nella ricerca scientifica o nella salute) e un po´ meno direttamente alla sanità e alla ricerca.
Io credo che questi dati ci inducano a tre considerazioni. Primo: poter liberamente indicare la destinazione di una parte delle tasse ha un grande valore educativo perché spinge i cittadini a fare una scelta (che può essere anche di non scegliere, ben inteso). Secondo: l´entusiastica adesione della popolazione è un segnale chiaro di quanto gli italiani vorrebbero davvero partecipare di più alla gestione pubblica. Terzo: l´esito dovrebbe far riflettere i politici su come gli italiani vorrebbero che il denaro delle proprie tasse venga impiegato ed è difficile capire perché si dovrebbe rinunciare ad una strumento che può dare informazioni preziose su cosa pensano davvero i cittadini. Uno strumento certo più affidabile degli svariati e costosi sondaggi che, abbiamo visto, in politica possono avere effetti disastrosi. Reintrodurre il 5 per mille può contare molto per conoscere l´orientamento reale del paese, coinvolgere democraticamente i cittadini nelle scelte politiche ed aumentare in qualche misura i finanziamenti alla ricerca. E´ in fondo una espressione di democrazia diretta molto interessante perché mostra un´apertura nella gente verso una forma molto evoluta di partecipazione alla vita politica, in cui, appunto, il cittadino decide.
Soprattutto si è dimostrata un´iniziativa gradita agli italiani, che l´hanno vissuta come una opportunità per sostenere enti o istituzioni in cui personalmente credono, e per questo mi auguro possa essere