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Repubblica-Se la scuola spegne la creatività bimbi penalizzati dalle elementari

Una ricerca della facoltà di psicologia di Torino Un test Usa applicato a bambini di città e di campagna Se la scuola spegne la creatività bimbi penalizzati dalle elementari Studio a s...

17/06/2004
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la Repubblica

Una ricerca della facoltà di psicologia di Torino
Un test Usa applicato a bambini di città e di campagna
Se la scuola spegne la creatività bimbi penalizzati dalle elementari
Studio a sorpresa: i percorsi obbligati frenano l'intelligenza

E alla fine dei primi cinque anni le loro capacità sono depresse
Molte le sorprese: i bimbi più autonomi hanno grandi difficoltà
VERA SCHIAVAZZI

ROMA - Essere bambini intelligenti non significa avere migliori risultati scolastici. E viceversa. Ma, soprattutto, un sistema scolastico basato su programmi obbligati, che spesso non riesce a stimolare percorsi logici autonomi, può addormentare la vivacità intellettuale dei più piccoli. Un'équipe di ricercatrici della Facoltà di Psicologia di Torino, guidata da Liana Valente Torre, ha studiato per oltre un anno un gruppo di circa 250 bambini, divisi tra scuole di città e scuole di paesi di montagna. L'obiettivo era quello di fissare i parametri italiani del test di Kaufman, un modello americano basato su giochi e prove che cambiano in relazione all'età, ma già diffuso in Europa, per misurare le capacità intellettuali dei bambini dai 3 anni in su. Ma i risultati hanno riservato molte sorprese: i bambini che vivono nei piccoli paesi di montagna, ad esempio, già a 5-6 anni sono autonomi e hanno potuto fare esperienze proibite ai loro coetanei di città, come uscire da soli o andare a scuola in bicicletta. Ma l'inizio della prima elementare può essere uno choc. E alla fine dei primi cinque anni di scuola la loro intelligenza è depressa: le conoscenze di ogni bambino sono cresciute, sì, ma in proporzione minore rispetto all'età, così come la capacità di elaborare "processi mentali compositi". Una situazione opposta è quella che si verifica in città, dove le ricercatrici hanno messo a confronto una scuola di un quartiere popolare con un'altra ai piedi della collina, privilegiata sul piano sociale. Qui i piccoli di 5-6 anni entrano a scuola in apparente svantaggio: poche esperienze, nessuna autonomia. Ma in cinque anni la situazione si ribalta di 6, 7 punti secondo il test.
"I bambini che vivono nei piccoli centri ricevono pochi stimoli dall'esterno, perché frequentano sempre le stesse persone, in compenso giocano molto e fanno esperienze usando le mani e il corpo - spiega Valente Torre - In città è più facile avere relazioni con ambienti diversi. Ma a risultati scolastici buoni o eccellenti, come quelli della grande maggioranza degli alunni della scuola torinese ritenuta "migliore", non corrispondono maggiori capacità logiche. Al contrario, la scuola si rivela un "coperchio" che abbatte la vivacità dei bambini dei paesi, in questo caso, di montagna".
Le soluzioni? La professoressa Valente punta il dito verso l'insegnamento della matematica e della scrittura. "Insegnare a scrivere prima in stampatello poi in corsivo non favorisce i processi logici nei bambini. Se scrivessero da subito in corsivo, il loro coordinamento psicomotorio potrebbe essere migliore. Lo stesso per la matematica, insegnata spesso in modo meccanico: il bambino non capisce in che modo può arrivare da solo a calcolare il risultato ma segue un percorso obbligato, mentre la vera logica è tridimensionale, si muove in tutte le direzioni? Non vogliamo polemizzare con la scuola, né con le famiglie, ma bastano pochi minuti di test per sapere quanto a lungo un bambino viene lasciato davanti alla tv". Nell'attesa di un sistema scolastico più sensibile alle capacità dei singoli, toccherebbe ai genitori svegliare l'intelligenza dei figli. Come? Compensando ciò che l'ambiente circostante non può offrire e ascoltando i segnali. L'intelligenza è una "struttura" non uguale per tutti, e che un sistema troppo omogeneo può mortificare.