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Repubblica: Sorpresa, la laurea breve funziona così lo studente non è più fuori corso

La riforma universitaria del 1999 ha mantenuto le promesse: meno abbandoni e dispersione Resta però insufficiente la sinergia con il mondo del lavoro: serve ancora la specializzazione

14/05/2008
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la Repubblica

Una rivoluzione: prima della riforma gli studenti in regola erano il 9,5%, oggi sono il 34,8%
Oltre un iscritto su tre conclude gli studi nei tempi giusti, mentre il 40,6% con un solo anno di ritardo

VLADIMIRO POLCHI
ROMA

"Dottore" in tre anni. Stop ai fuori-corso e a chi abbandona gli studi. Accesso immediato al mondo del lavoro. A nove anni dalla riforma universitaria, la "laurea breve" ha mantenuto le sue promesse? Alcune, senz´altro: i laureati dei corsi triennali in regola con gli esami sono ora il 34,8%. Una rivoluzione: prima della riforma del ‘99, gli studenti in corso erano fermi al 9,5%. Non solo. Sempre meno sono quelli che abbandonano i corsi tra il primo e il secondo anno. «Ciò che però è mancato - spiega Antonello Masia, direttore generale del ministero dell´Università e della Ricerca - è una piena armonizzazione tra università e mondo del lavoro». Basta guardare ai numeri: oltre il 63% degli studenti, terminati i tre anni, decide di iscriversi alla laurea specialistica. Solo così, infatti, può accedere a tutti gli albi professionali, partecipare ai concorsi pubblici ed essere preso in considerazione da ogni azienda. Tra chi si accontenta della laurea breve, solo il 27,4% trova lavoro, il 10% è disoccupato.
La riforma universitaria, introdotta con il decreto ministeriale 509 del 1999 in attuazione della Dichiarazione congiunta europea di Bologna, è entrata a regime nell´anno accademico 2001/02. Cosa prevede? Un corso di laurea triennale, terminato il quale, lo studente può proseguire per altri due anni e ottenere la laurea specialistica. Obiettivo della riforma? Abbassare l´età dei laureati (28/30 anni, rispetto a una media Ue di 21), limitare i fuori-corso e porre un freno all´abbandono anticipato degli studi. Obiettivo in gran parte centrato. Nell´anno accademico 2007/2008 gli iscritti ai corsi di laurea triennale sono stati un milione e 137mila: un dato pressoché stabile nel corso degli anni. Gli studenti sono in maggioranza donne (622mila), concentrati per lo più nel Nord Italia (circa 440mila studenti). In quanti abbandonano gli studi, tra il primo e il secondo anno? Pochi: il 12,6% nel 2006/07 (erano oltre il 20% nell´anno accademico 2004/05). E ancora: oltre uno studente su tre (il 34,8%) si laurea regolarmente, mentre il 40,6% si laurea con solo un anno di ritardo. «Anche qui - conferma il direttore Masia - la laurea breve sembra aver davvero funzionato, se si pensa che prima della riforma del ‘99 gli studenti in regola con i corsi erano meno del 10%». Allora cos´è che non va?
Per rispondere, bisogna guardare l´indagine AlmaLaurea 2007 effettuata su 45 università italiane. Cosa emerge? Oltre il 63% degli studenti non si accontenta della laurea breve, ma prosegue nella specialistica. Di questi, 45% studiano e basta, 18% coniugano studio e lavoro. Solo il 27% invece è entrato definitivamente nel mercato del lavoro. Gli altri sono disoccupati. Grandi differenze si registrano poi tra i diversi corsi di laurea. Le aree più critiche? «I laureati triennali in geologia - spiega Masia - che per esercitare hanno bisogno del titolo di secondo livello. Gli psicologi, che senza la specialistica non possono iscriversi all´albo. I laureati in lettere, che senza il biennio non possono insegnare. Gli ingegneri, anche se per loro è previsto un albo differenziato tra lauree brevi e specialistiche». Per queste difficoltà, l´83% dei geologi e biologi decidono di proseguire gli studi, dopo la laurea triennale, così come il 76% degli ingegneri, l´82% degli psicologi, il 64% dei laureati in lettere. «Il problema - prosegue Masia - è che ci sono ancora aree lavorative che non vedono di buon occhio la laurea triennale. Ma penso - conclude - che quando la riforma sarà davvero completata entro il 2010, l´offerta formativa sarà più rispondente alle esigenze lavorative del Paese».
Vi è poi il caso di Medicina, con un boom di "laureati brevi" che lavorano: ben il 94,1%. «Ma attenzione - avverte Andrea Cammelli, docente a Bologna e direttore del consorzio AlmaLaurea - in questo caso parliamo dei laureati nelle professioni sanitarie, diversi dunque dai medici tradizionali: sono per lo più persone con diplomi sanitari già acquisiti e che già lavoravano». Cammelli invita comunque alla cautela, perché «siamo di fronte a un´indagine solo a un anno dalla laurea, per questo non è facile fotografare la vera risposta del mondo del lavoro alle lauree brevi». E poi, «non va dimenticato che la riforma ha aumentato il numero degli studenti regolari e diminuito gli abbandoni, peccato solo che abbia anche drasticamente ridotto le esperienze di studio all´estero».
La resa delle lauree brevi, si differenzia anche tra regione e regione. L´ "Iniziativa interuniversitaria Stella" anticipa a Repubblica la sua indagine sulle università lombarde (oltre a quelle di Pisa e Palermo). I risultati? Meno della metà degli studenti (il 40,8%) prosegue gli studi, dopo la triennale. Oltre il 47% già lavora e il 10% è in cerca di occupazione. «Nelle università del nostro campione - spiega Nello Scarabottolo, docente a Milano e presidente del comitato scientifico dell´iniziativa Stella - gli studenti privilegiano il corso breve». I motivi? «Negli ultimi due anni, il mercato del lavoro in Lombardia si è riaperto. La domanda di laureati, anche triennali, è cresciuta. Basta pensare che in un recente incontro tra i docenti milanesi d´informatica e alcune importanti aziende come Ibm e Telecom, è emerso il bisogno urgente da parte degli imprenditori di laureati sia specialistici che "brevi"». Anche in Lombardia rimangono però delle facoltà critiche: «In matematica, fisica e chimica - fa sapere Scarabattolo - solo il 17% trova lavoro dopo la laurea breve, il 77% deve invece proseguire gli studi».