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Repubblica: Tutti zitti sull´atomo come fosse l´embrione

Quasi nulla è stato fatto ed ora si è riaperto il capitolo nucleare come una necessità imprescindibile ma senza alcuna discussione seria e senza alcun coinvolgimento dell´opinione pubblica

27/07/2009
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la Repubblica

Mario Pirani

Tutti zitti sull´atomo come fosse l´embrione

Il 26 aprile 1986 avvenne il disastro di Cernobyl. Fino a quel giorno il mondo industrializzato aveva baldanzosamente percorso la via dell´energia nucleare. Dopo di allora non fu più così. La installazione di nuove centrali si arrestò quasi ovunque. In Italia avevamo tre centrali in funzione (Latina, Garigliano e Caorso) ed una in costruzione (Montalto di Castro). Cosa fare? Gli esperti, la stampa, l´opinione pubblica si divisero: andare avanti, fermarsi al punto raggiunto o, addirittura, tornare indietro? Ne discutemmo anche nel nostro giornale e pochi giorni dopo, l´8/5/86, apparve su Repubblica un editoriale intitolato kantianamente da Scalfari, che mi aveva incaricato di scriverlo, «La nube sopra di noi, il dubbio dentro di noi».
Nello scritto spiegavo che, come tanti altri, ero stato fino a pochi giorni prima un sostenitore convinto della scelta nucleare. Ora non più.
Cernobyl aveva, infatti, dimostrato che il rischio nucleare poteva assumere dimensioni non quantificabili nei suoi effetti spazio-temporali. Mentre ogni altro tipo di catastrofe (terremoto, incendio diffuso, inquinamento ecologico tipo diossina e, perfino, distruzione bellica) una volta prodottosi, provoca danni una tantum, misurabili anche negli effetti indotti, non altrettanto poteva affermarsi per la fuoruscita del nucleo di una centrale atomica. Dove si sarebbero arrestati gli effetti e per quanto tempo? Nessuno era in grado di dirlo. Di qui, persino, l´impossibilità di coprire per via assicurativa danni non quantificabili. Era, quindi opportuno sospendere il nostro programma nucleare in attesa di una nuova generazione di centrali "pulite", la cui messa a punto era prevista in 20 o 30 anni. La posizione di Repubblica spostò il dibattito ben oltre l´ambientalismo. Nell´87 un referendum, vinto all´80%, cancellò l´industria nucleare nel nostro paese. Sarebbe stato necessario, a questo punto, sopperire al venir meno dell´atomo, con un nuovo piano energetico per far fronte ai futuri fabbisogni. Quasi nulla è stato fatto ed ora si è riaperto il capitolo nucleare come una necessità imprescindibile ma senza alcuna discussione seria e senza alcun coinvolgimento dell´opinione pubblica. Il Senato ha approvato la legge che consentirà la costruzione ad opera dell´Enel di 6-8 centrali nucleari che entreranno in funzione dal 2018. Il governo sceglierà i siti entro sei mesi. L´opposizione - l´atomo come l´embrione? - non riesce ad esprimere una posizione unitaria. Il tutto avviene nel silenzio e alla fine sarà l´onnipresente Bertolaso a decidere per via amministrativa. Nessuno ricorda, ad esempio, che il nucleare potrà coprire il 25% della produzione elettrica, mentre per contro il risparmio energetico peserebbe, se attuato, per il 20%.
Altrove la discussione ferve, perché, se è vero che oggi le centrali possono ripartire tecnologicamente molto più sicure di venti anni orsono, resta insoluto il problema del combustibile usato che resta attivo e spaventosamente pericoloso per migliaia di anni. Come trasportarlo? Dove stoccarlo? È lecito lasciare questa eredità irrevocabile alle generazioni future? Se riprende la produzione vi saranno presto nel mondo 250.000 tonnellate di "residui" attivi. Se ne dibatte in Usa, Francia, Canada, Inghilterra e Germania. Solo la Svezia ha per ora presentato un piano preciso per seppellire in falde di granito omogeneo a 500 metri di profondità dentro involucri di rame, le barre usate.
Dovrebbero restarvi 100mila anni, prima di diventare innocue. Anche questo progetto non è considerato abbastanza sicuro. L´Enel è giustamente preoccupato del problema e pensa ad una soluzione provvisoria: seppellire il materiale sotto le centrali e lasciarvelo per i sessant´anni previsti della loro durata, più i 20 per lo smantellamento e la bonifica. Così non sarebbe per i prossimi 80 anni necessario trasportare per l´Italia le barre usate. Dopo si spera che l´Europa abbia deciso e costruito un "cimitero" unico per i prossimi centomila anni. Non è il caso di discuterne?