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Repubblica-Università, per la Destra solo questione di soldi

L'INTERVENTO Università, per la Destra solo questione di soldi VITTORIO COLETTI Anc...

14/10/2005
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la Repubblica

L'INTERVENTO
Università, per la Destra solo questione di soldi
VITTORIO COLETTI


Anche a Genova, questa settimana, l'Università è in agitazione contro la legge sullo stato giuridico dei docenti appena approvata al Senato. Parziale sospensione dell'attività didattica, proteste degli organi collegiali, manifestazioni sono previste e attuate in una concorde avversione alla nuova legge. Il cittadino che si chiedesse che cosa e quanto può interessargli di quella che potrebbe forse apparirgli una pura vertenza sindacal-corporativa deve sapere che, nelle università, sta succedendo qualcosa di paragonabile a quello che accadrebbe nelle ferrovie, se l'azienda decidesse di fare il doppio dei viaggi con lo stesso numero di treni e di non assumere macchinisti se non quando cominciano a diventare miopi. La legge Moratti infatti raddoppia le ore di didattica dei docenti, sorvolando sul fatto che così non studieranno più o lo potranno fare di meno, magari il sabato e la domenica (tanto lo studio che sarà mai?, che ci vorrà mai a scrivere un inutile libro, a fare noiosi esperimenti di laboratorio?) e stabilisce, di fatto, un tetto minimo di quarant'anni per accedere ai ruoli universitari. Ora, un professore universitario che, principalmente non studia e non fa ricerca, non è più un professore universitario. Forse non è neppure un professore. Ma come spiegarlo alla Moratti o a Berlusconi, che ignora che persino dietro il trapianto dei suoi esimi capelli ci stanno ricerca, tempo, studi? E come far capire che la precarizzazione sine die del lavoro universitario non è solo uno dei tanti frutti della molto lodata legge Biagi, ma è, in più, il segnale della perdita o della sottoutilizzazione dei cervelli? I pilastri della normativa in via di approvazione colpiscono tanto il versante scientifico (specie con l'invecchiamento dei ricercatori) quanto quello umanistico e, se assommati al disastro culturale in cui l'università è precipitata dopo la riforma Berlinguer, disegnano un'architettura fantasma.
Non è pensabile che l'attuale classe dirigente possa avere sensibilità, attenzione per questo versante della vita sociale. Per essa l'università, come la scuola, è solo questione di costi, di quattrini da risparmiare per consentire una sempre dignitosa evasione fiscale. In sede locale, poi, la Regione, nonostante il drammatico taglio delle proprie risorse, dovrebbe porre la questione università tra quelle urgenti e drammatiche, tipo lavoro o sanità, intervenendo perlomeno a sostegno della ricerca, che, a Genova, non riceve da anni più alcun finanziamento dall'ateneo, a causa delle decurtazioni di bilancio decise dal ministero. A fronte di una parte politica che manifesta, con tanta strafottenza, disprezzo e disinteresse per la cultura, l'altra parte dovrebbe farsi un punto d'onore di mettere il sostegno all'istruzione pubblica ai primi posti della propria agenda.