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Resto del CArlino-Prato:E' una scuola italiana Ma in prima elementare tutti bambini stranieri

L'ESPERIMENTOFigli di immigrati a Prato E' una scuola italiana Ma in prima elementare tutti bambini stranieri di Leonardo Biagiotti PRATO In una città dove gli stranieri residenti cresc...

09/09/2005
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Il Resto del Carlino

L'ESPERIMENTOFigli di immigrati a Prato
E' una scuola italiana Ma in prima elementare tutti bambini stranieri
di Leonardo Biagiotti
PRATO In una città dove gli stranieri residenti crescono al ritmo di dieci in media al giorno e dove i cinesi, tra regolari e non, sarebbero circa 20mila, in una città dove si stima che gli stranieri siano quasi un quinto della popolazione, forse era inevitabile che prima o poi ci fosse anche una prima elementare composta interamente da figli di immigrati. E' successo per la prima volta alla scuola Filzi dell'istituto comprensivo 'Marco Polo' di Prato, che si trova proprio a due passi dal quartiere abitato quasi interamente da stranieri (soprattutto orientali). La prossima settimana, così, entreranno in classe diciotto bambini cinesi, pakistani, rumeni, albanesi e nessun italiano, per un "esperimento" didattico nato in modo casuale (così assicurano dalla scuola) che si è già guadagnato grande attenzione da parte delle istituzioni locali.
Secondo la dirigente dell'istituto, Cristiana Baldi, è stata soprattutto la comodità a determinare la nascita della classe straniera (tra l'altro l'unica prima della scuola). Da una parte le famiglie dei bambini extracomunitari non hanno voluto spostarsi in un altro istituto perché la scuola Filzi è l'elementare più vicina a casa, dall'altra i genitori pratesi hanno scelto in massa il tempo pieno per motivi di lavoro, un'opzione possibile solo con l'iscrizione all'altra scuola elementare dell'istituto comprensivo.
"Abbiamo provato a formare classi miste [FIRMA]ma non è stato possibile[\FIRMA][\FIRMA] conferma Baldi . Credo comunque che la nostra prima elementare possa funzionare anche così, abbiamo insegnanti e programmi adeguati per garantire integrazione e formazione". Un aiuto arriverà dal Comune, che si è già detto disponibile a garantire un potenziamento dei laboratori linguistici. Anche in passato, poi, le insegnanti dell'elementare Filzi hanno lavorato oltre l'orario per organizzare gruppi di recupero specifici. Per ripetere l'esperienza e migliorare il progetto di accoglienza è già partita una richiesta di fondi all'ufficio scolastico regionale. Non solo, a scuola è stata formata una commissione con il compito di elaborare un programma formativo e didattico calibrato sulle esigenze della classe straniera.
"E' un'opportunità bellissima dice l'assessore alla multiculturalità del Comune, Andrea Frattani . Ci dovremo misurare sempre di più con una scuola multietnica e quindi non sarebbe giusto dividere i ragazzini in istituti diversi o pensare alle quote come a Brescia. Questi sono bambini pratesi con caratteri somatici diversi, sarebbe sbagliato portarli via dalla loro realtà quotidiana".
A Prato i ragazzini stranieri superano il 13% degli alunni alle elementari e il 15% alle medie e l'anno scorso soltanto tre scuole elementari su quaranta avevano classi formate interamente da italiani. Sempre alle elementari, gli studenti stranieri iscritti nell'ultimo anno scolastico erano quasi mille.
Il 'Marco Polo' è all'avanguardia per l'accoglienza degli extracomunitari. Per quattro anni la scuola media che fa parte dell'istituto comprensivo ha avuto classi formate soltanto da cinesi, ma in quel caso si è trattato di un esperimento voluto che ha dato risultati contraddittori. Da una parte diversi alunni hanno concluso il ciclo con buoni voti, dall'altra l'inserimento e il rapporto fra compagni, anche di classi diverse, sono stati difficili, soprattutto nei primi anni.
Le tre insegnanti della prima elementare avranno però un vantaggio. Più della metà dei ragazzini della loro classe ha frequentato la scuola materna a Prato e c'è un altro dato incoraggiante. Molti cinesi che vivono da tempo in città in estate tornano in patria a studiare la lingua madre perché altrimenti rischiano di dimenticarla a favore dell'italiano. Segno che le nuove generazioni hanno meno difficoltà con la lingua e che forse, davvero, sono formate sempre di più da "pratesi con tratti somatici diversi".