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Retescuole-Il Parini ci ha rotto

Il Parini ci ha rotto di Michele Corsi Da settimane le edizioni locali e ora anche quelle nazionali del Corriere...

07/11/2004
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Retescuole

Il Parini ci ha rotto
di Michele Corsi

Da settimane le edizioni locali e ora anche quelle nazionali del Corriere della Sera e di Repubblica ci propinano infinite puntate della telenovela Parini. Non è certo colpa delle bravissime giornaliste che seguono normalmente le questioni scolastiche della nostra metropoli e che ben conosciamo per competenza e professionalità. Sospettiamo fortemente i loro "capi", che, non sappiamo bene per quale ragione, immaginano che sfruttare a fondo questo caso faccia guadagnare audience. Credo di farmi interprete di un disagio diffuso se dico: smettetela per favore, non se ne può più.

Qualche acida considerazione si impone.

Il Parini s'è allagato. La cosa ovviamente è assai incresciosa. E' una scuola pubblica, per rimetterla in piedi ci vorranno soldi pubblici, a soffrirne i disagi sono studenti della scuola pubblica. Dunque: la mia massima solidarietà. Dopodiché: qualcuno pensa sul serio che il Parini sia l'unica scuola che versa in condizioni strutturali difficili? Ci sono fior di edifici scolastici comunali, ad esempio, che cadono a pezzi. Per non parlare degli edifici scolastici inesistenti: in vari comuni dell'hinterland in rapida espansione non si assicura il diritto delle bambine e dei bambini a frequentare la scuola d'infanzia. Non sono problemi seri? Perché, cari direttori, non aprite un bel filone d'inchiesta su queste carenze? Non pensate che potrebbero coinvolgere un più vasto pubblico di quello costretto a subire la telenovela Parini?

Ci viene il sospetto che tutta questa attenzione rivolta al Parini sia dovuta alla sua fama di scuola elitaria e che dovrebbe "formare la futura classe dirigente" (da una delle tante interviste deliranti rilasciate in questi giorni). Però non comprendiamo la logica dei nostri quotidiani: perché suppongono che una scuola elitaria, debba per forza interessare il vasto pubblico? Il pubblico, che è vasto, non è una elite. I normali lettori del Corriere e della Repubblica non si interessano al Parini in misura maggiore dell'attenzione che amerebbero rivolgere a qualsiasi altra scuola. Al contrario, pensiamo sia un dovere civile dei nostri media, occuparsi delle scuole di cui nessuno si occupa. Ad esempio quelle stracolme di disagio sociale, quelle dove lavorano colleghe e colleghi ai quali sono state tagliate le risorse minime per far fronte a problemi così gravi che un allagamento, al confronto, fa ridere.

Il dibattito sul grado di punizione che meriterebbero i quattro ragazzini che hanno aperto i rubinetti ha qualcosa di degradante e deprimente. Mi sento umiliato come insegnante nel sapere che venti colleghi hanno spedito alla ministra una lettera in cui le chiedevano di poter cacciare via per sempre i famigerati quattro (per farli iscrivere, immaginiamo, in una scuola non così d'elite). Siete riusciti nell'incredibile impresa di far apparire progressista la Moratti, che ha detto: la scuola deve educare. Credo che la signora non sappia nemmeno cosa voglia dire quella frase, forse l'ha letta in un fogliettino dei Baci Perugina, però è riuscita nell'intento di sembrare umana. Cari colleghi del Parini, immagino che tra voi ci sia anche qualcuno con la testa sulle spalle, ma l'immagine della scuola che state dando è angosciante. Non so cosa discutete nel collegio docenti, ma una qualche domandina sul valore pedagogico dell'1 meno meno ve la siete fatta? Qualche brivido nella schiena quando sentivate tutti quegli studenti e quei genitori che schiumavano tanta rabbia e sete di vendetta da farceli sembrare i parenti stretti degli elettori di Bush, vi è venuto? Ogni tanto, tra una versione di greco e l'altra, vi siete chiesti: ma i nostri ragazzi sono felici?

Il nostro mondo di adulti è di una bruttezza rivoltante, eppure quei 4 poveretti che hanno aperto i rubinetti sembrano diventati la causa e il simbolo del degrado morale della metropoli e della scuola pubblica. Posso dirlo? Non ci credo. Non ci credo. Non ci credo. Spero che esista da qualche parte in questa fredda metropoli un dirigente o un collegio docenti o una assemblea studentesca che abbia il fegato di dire: venite da noi, noi vi accogliamo, siamo contenti di avervi qui con noi. Se accadesse non farebbero parte delle "generazioni di pariniani" di cui abbiamo letto nei vaneggiamenti di qualche intervistato, però potranno consolarsi pensando che, allo stesso modo, non faranno mai parte dell'italica "classe dirigente". Che, come sapete, fa cose ben peggiori che aprire rubinetti.