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Ricerca, i cervelli migliori lavorano negli atenei pubblici

Indagine sulla qualità In Italia gli studiosi più quotati si concentrano nelle strutture statali. Le università private restano indietro: sono solo undici tra le prime cinquanta classificate

06/01/2011
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l'Unità

Mariagrazia Gerina

In Italia la ricerca più qualificata si fa nelle università pubbliche, piuttosto che in quelle private. È lì, nell’università statale e nei centri di ricerca sempre pubblici, che si concentrano i migliori cervelli italiani. A contarli, scoperta per scoperta, pubblicazione per pubblicazione, sono stati alcuni «cervelli in fuga» che da Manchester hanno stilato una classifica dei centri di ricerca italiani, scegliendo come criterio di valutazione il numero e la qualità delle pubblicazioni scientifiche. Sette dei primi dieci classificati sono atenei pubblici. In testa, l’Alma Mater di Bologna, seguita dal Consiglio nazionale delle ricerche e dall’università Statale di Milano. L’università di Padova si classifica quarta, quella di Roma La Sapienza si colloca al quinto posto, seguita dalla statale di Torino, sesta, e dall’Istituto nazionale di astrofisica, al settimo posto della classifica. I primi due istituti privati sono l’Ospedale San Raffaele e l’Istituto nazionale dei tumori, entrambi milanesi, rispettivamente ottavo e decimo classificato. In mezzo, un’altra università pubblica, quella di Firenze, che si classifica nona. Altre due illustri università private, la Cattolica di Roma e la Bocconi di Milano si collocano rispettivamente al trentottesimo e al trentanovesimo. Scorrendo la lista dei primi cinquanta atenei, le università private sono soltanto undici, le altre sono tutte strutture pubbliche. All’undicesimo posto si trova l’ateneo di Pisa, seguito dall'Istituto Mario Negri e dagli atenei di Ferrara, Napoli e Genova. La Normale di Pisa è ventiduesima, il Politecnico di Milano quarantasettesimo. La classifica stilata dai ricercatori italiani “fuggiti” a Manchester è una delle iniziative dell’accademia da loro creata. In inglese Virtual italian Academy, Via. Una sorta di network pensato per valorizzare il sapere made in Italy e promuovere anche nella nostra penisola la cultura del merito. Per esempio, scegliendo come criterio per valutare ricercatori e strutture il numero e il rilievo delle pubblicazioni. La cosa funziona così. La Via-academy ha classificato i migliori cervelli attivi in Italia tenendo conto della quantità e della rilevanza accademica delle loro scoperte. Poi li ha suddivisi per posti di lavoro, ricavando da questa ripartizione una classifica delle strutture di ricerca. Il valore delle ricerche di ogni studioso è misurato secondo un indice, denominato «h». Se uno scienziato ha «h-index» 32, ad esempio, significa che ha fatto 32 scoperte citate ciascuna almeno 32 volte, in scoperte di altri suoi colleghi. L’indice «h» privilegia in particolare i ricercatori che ottengono risultati di rilievo, a scapito di chi ne produce tanti madi scarso interesse, o di chi fa il colpo isolato. Per la graduatoria, sono stati considerati solo gli studiosi con un indice «h» pari almeno a 30. Poi sono stati raggruppati per centri di ricerca, e per ognuno di questi si sono sommati gli indici «h» dei relativi ricercatori. Più alta la somma, più alta la posizione in classifica. Via-academy si è soffermata sui primi 50. Il criterio di valutazione - osservano dalla stessa università Alma Mater di Bologna, che pure si è classificata prima - ha alcuni limiti. La classifica stilata infatti assomiglia a una sorta di work-in-progress. Gli studiosi considerati e valutati fin qui sono solo quelli rintracciati dai colleghi di Manchester. E la classifica (aggiornata in tempo reale) potrà via via perfezionarsi e completarsi, man mano che altre persone si aggiungeranno a quelle fin qui considerate. Altro limite è che l’indice «h» privilegia chi ha una lunga carriera alle spalle.