Ricerca, Italia battuta da Germania e Francia
Su finanziamenti e dottorati
Emanuela Micucci
Insoddisfacenti gli investimenti italiani in ricerca e università. Non solo in rapporto con Paesi all'avanguardia in campo come Corea, Israele, Svizzera e Svezia. Ma anche con gli altri due grandi Paesi fondatori dell'Unione Europa, Francia e Germania. L'Italia, infatti, investe appena lo 0,75% del Pil nell'università, pari circa al 60% di quanto investono Francia e Germania, che dedicano alla formazione universitaria rispettivamente l'1,23% e l'1,25% del proprio Pil. Non meno impietoso, dai dati Eurostat e Mur-HERe, il confronto con la media della Ue all'1,18%. Simile la situazione degli investimenti in ricerca. L'Italia è ferma all'1,39% del Pil, rispetto al 2,06% della media europea. Ma che vede Francia e Germania allungare la distanza con il nostro Paese, stanziando rispettivamente il 2,20% e i ben il 3,13% del proprio prodotto interno lordo. Con gli atenei tedeschi a cui vanno risorse pari a ben 1,74 punti percentuali di Pil in più rispetto a quelle destinate agli atenei italiani. Nel 2019 il finanziamento pubblico dell'università italiana, infatti, è stato di 7 miliardi di euro, quello francese è arrivato a 29 miliardi e quello tedesco addirittura a 32 miliardi. Le differenze sono ancora più significative quando si considera l'investimento per cittadino, che in Italia è fermo a 121 euro, contro i 384 della Francia e i 383 della Germania. Infine, se i dottorati italiani nel 2017 erano 9.000, quelli francesi il 50% in più, cioè 13.500, mentre quelli tedeschi addirittura 28.000, ben il 211% in più dell'Italia. I 57.500 ricercatori italiani sono appena 6,3 ogni mille occupati rispetto alla media dell'Unione europea di 8,9. A differenza degli 11 ricercatori ogni mille occupati francesi e dei 9,9 tedeschi. Per competere almeno con Francia e Germania, allora, è necessario aumentare in modo strutturale e permanente i fondi dedicati alla ricerca nel bilancio dello Stato, come chiesto da scienziati in un recente appello al governo Draghi.