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Riformista. E se chiudesse l’università?

ALLARMI

10/11/2006
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Nell’ormai quotidiana rassegna di lamentazioni nei confronti della stretta economica di Palazzo Chigi, ieri si è inserita un’altra voce autorevole, quella del presidente della conferenza nazionale dei rettori. Nella sua relazione, Guido Trombetti ha tracciato un quadro poco rassicurante sul futuro dell’università italiana, bocciando senz’appello le scelte di questo governo, denunciando il rischio per molti atenei di non avere i quattrini nemmeno per pagare i fitti, le aule, gli strumenti didattici, persino l’acqua. Aggiungendo: «È ovvio che a tutti viene chiesto di fare la propria parte nel risanamento fino al 2008. Ma non se ci arriviamo, al 2008».
La posizione di Trombetti, e quindi dei rettori italiani, era già nota. Lo stesso presidente della Crui (Conferenza dei rettori delle università italiane) ne aveva anticipato il contenuto in un articolo pubblicato dal Riformista. Ma da ieri ha il crisma dell’ufficialità. E a noi sembra particolarmente preoccupante il passaggio che il rettore della Federico II di Napoli ha riservato sul futuro della ricerca nel nostro Paese. Pur apprezzando la scelta contenuta in finanziare di aumentare gli stanziamenti per la ricerca scientifica, e ricordando che «il 47% delle aree scientifiche italiane ha raggiunto un impatto superiore alla media mondiale», Trombetti ha evidenziato che la situazione scoraggia i giovani talenti: «Troppo lento l’inserimento nel mondo della ricerca, troppo basse, verrebbe da dire ridicole, le retribuzioni. I giovani non hanno incentivi a rimanere nel mondo della ricerca. E se i giovani si scoraggiano, il danno per il mondo scientifico è irreversibile. Direi premonitore dell’intero declino del Paese».
Certo sarebbe stato apprezzato anche un passaggio sulla produttività dei docenti delle nostre università, ma resta la drammaticità di un quadro piuttosto desolante. Ieri il ministro dell’Università e della ricerca scientifica Fabio Mussi ha definito «un errore madornale» il decreto tagliaspese voluto da Bersani. Non vorremmo che un domani la stessa definizione fosse utilizzata per sottolineare l’errore di aver sottovalutato la condizione della ricerca in Italia.