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Riformista: In arrivo 53 miliardi per ricerca e innovazione

UE. GLI OBIETTIVI DELL’ITALIA E LO SPAZIO COMUNE EUROPEO

17/03/2007
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Il Riformista

La Strategia di Lisbona, nonostante le deludenti performance registrate finora, rimane per l’Europa il principale strumento comune per coordinare e rilanciare la crescita delle nostre economie. Le conclusioni del recente Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo hanno posto l’accento su un tema, quello dell’energia, che considero strettamente legato al rilancio dell’economia europea. Sulla partenza a rilento della Strategia di Lisbona ha senz’altro pesato una congiuntura internazionale particolarmente negativa e una grave svogliatezza nella messa in atto delle politiche necessarie da parte di molti governi europei.
Migliorare la capacità competitiva di lungo termine dell’economia italiana significa far crescere congiuntamente il tasso di attività e la produttività in un quadro stabile di sostenibilità che rappresenta anche la strada principale per favorire lo sviluppo duraturo e sostenibile del Paese. Con la revisione della Strategia di Lisbona è stata prevista una redistribuzione dei compiti con una più netta divisione delle responsabilità tra i governi nazionali e le istituzioni europee. Solamente rispettando pienamente questo nuovo equilibrio - e se gli Stati sapranno ben utilizzare i margini decisionali che hanno nella definizione dei Piani nazionali di riforma (Pnr) - si potrà realmente aspirare a un cambio di rotta positivo.
In Italia, la scarsa capacità di crescita delle piccole imprese, la bassa produttività delle risorse umane, le limitate risorse dedicate alla ricerca e all’innovazione, costituiscono i principali ritardi strutturali che limitano il nostro potenziale di crescita e la capacità competitiva. Ma un passo importante è stato fatto: rimettere il Paese sul sentiero virtuoso del riequilibrio delle finanze pubbliche. Solo risanando i nostri conti pubblici, potremo liberare risorse per interventi nel settore pubblico a favore dello sviluppo. La stabilità delle finanze pubbliche è la prima tappa per poter poi concentrarsi sulle altre politiche che possono rappresentare il contributo dell’Italia alla Strategia di Lisbona.
Tra queste deve esserci il potenziamento delle infrastrutture prioritarie per il sistema produttivo, una maggiore attenzione alle politiche del lavoro, un accresciuto sforzo per la formazione permanente, l’introduzione di elementi di maggiore concorrenza per migliorare il funzionamento dei mercati, lavorando contemporaneamente all’abbattimento delle barriere all’ingresso nei mercati protetti, liberalizzando i servizi e riducendo i tempi delle autorizzazioni amministrative.
Infine, ma forse anche il nodo più importante, bisogna incoraggiare la ricerca e l’innovazione rafforzando il partenariato pubblico-privato. Le recenti iniziative del governo - mi riferisco in particolare alle liberalizzazioni e alla riforma della pubblica amministrazione, proposte dai ministri Bersani e Nicolais - credo vadano nella giusta direzione per favorire, da un lato, un miglior funzionamento dei mercati, estendendo contemporaneamente l’area di libera scelta dei cittadini e dei consumatori, e dall’altro, favorire la diminuzione degli oneri pubblici che gravano sull’economia, semplificando e riducendo i costi amministrativi.
I nuovi strumenti di incentivo alla spesa privata - credito d’imposta per la ricerca e aiuti ai ricercatori - hanno le giuste caratteristiche per fornire un impulso immediato alle attività di ricerca soprattutto in considerazione della peculiarità della struttura produttiva italiana, basata su piccole e medie imprese. Contemporaneamente l’Europa deve fare la sua parte impegnandosi su alcuni punti centrali. Innanzitutto sfruttare l’appuntamento della revisione di metà periodo delle prospettive finanziarie - prevista per il 2009 - per rivedere l’allocazione delle risorse disponibili, indirizzandone una quota maggiore a favore di politiche in linea con gli obiettivi di Lisbona, “lisbonizzando” anche la spesa dei fondi strutturali.
Bisogna poi lavorare a uno spazio europeo della ricerca. I nostri centri di eccellenza sono disseminati in tutto il continente e il loro impegno non produce i risultati sperati perché mancano una vera collaborazione e una buona rete di collegamento. In passato, sono state avviate azioni di collaborazione a livello europeo e comunitario, ma solamente riunendo i nostri sforzi e costruendo un vero mercato comune per la ricerca e l’innovazione, simile a quello realizzato per le merci e i servizi potremo avere un reale coordinamento delle attività di ricerca e una convergenza delle politiche di ricerca e innovazione, a livello nazionale e dell’Ue. Per i prossimi sette anni saranno oltre 53 i miliardi di euro da investire in ricerca scientifica e innovazione tecnologica previsti con il VII programma quadro per la ricerca recentemente approvato a Bruxelles. Un primo passo in direzione di Lisbona.

DI GIANNI PITTELLA presidente delegazione italiana
Pse al Parlamento europeo