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Riformista: L’istruzione peggiora,non si salvano neppure Cambridge e Oxford

L'educazione “made in Uk” non è più quella di una volta

26/09/2006
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Il Riformista

L'educazione “made in Uk” non è più quella di una volta. Se n’è dovuto fare una ragione anche il ministro dell’Istruzione Alan Johnson, fino a poco tempo fa considerato la minaccia principale alla successione di Gordon Brown a capo del partito. Sulla testa del ministro gravano due colpe: prima di tutto, dati poco lusinghieri sull’istruzione britannica, e poi un caso di “whitewash”, ovvero occultamento di materiale compromettente. In questo caso, appunto, i risultati dei test tenuti nelle primary school del paese. A incastrare il ministro alcune e-mail inviate da membri del suo staff il cui contenuto appare inequivocabile: quei dati non vanno assolutamente resi noti nello stesso giorno della pubblicazione dei brillanti risultati conseguiti dagli studenti inglesi all’esame di maturità poiché potrebbero oscurare la positività mediatica del tasso bulgaro di promozioni. Caso volle che invece gli special advisers di Alan Johnson pensassero esattamente il contrario: rendere note le due percentuali il giorno stesso garantirebbe un benefico “effetto ombra” del successo nel Gcse (la maturità inglese: il 98,1 per cento di promossi di cui un quinto con il massimo dei voti) rispetto al bagno di sangue ottenuto alle primary school.

Promozioni facili. Ma al di là degli aspetti meramente politici, la questione educativa in Gran Bretagna sta assumendo contorni veramente allarmanti. E a dimostrarlo ci ha pensato l’immediato atto d’accusa formalizzato dal mondo degli affari, un totem verso cui qualsiasi governo si volge con sussiego: per gli industriali d’Oltremanica, infatti, l’eccessiva facilità del Gcse rappresenta il segnale più clamoroso del decadimento del sistema educativo britannico, anticamera alla disoccupazione e alla necessità per le aziende di cercare personale top-flight all’estero o tra gli studenti stranieri. Due le principali rimostranze: il tasso bulgaro di promozioni all’esame finale delle superiori e la scarsa attenzione verso materie come matematica, chimica e fisica, determinanti in un paese votato alla ricerca, alla tecnologia e all’industria bio-tech come la Gran Bretagna. Particolarmente sgradita è stata la scelta di accorpare sotto la voce “scienza generale” chimica, fisica e biologia tagliando di netto il numero di ore ad esse dedicate a favore delle materie letterarie.

Piani falliti. Come se questo non bastasse, il governo laburista ha visto finire sotto accusa uno dei suoi progetti più avanguardistici, ovvero le cosiddette city academies, primo tentativo di gestione pubblico-privato per le scuole superiori. Una ricerca indipendente commissionata dall’associazione National Association of Schoolmasters and Union of Women Teachers dimostra infatti come solo in pochissimi casi queste istituzioni ibride abbiano dimostrato buoni risultati mentre nella maggior parte di casi è stata riscontrata «una scarsa salvaguardia dei bambini, dei genitori e della forza lavoro rispetto alle dannose innovazioni e alla cattive pratiche gestionali degli sponsor privati». Una battaglia con un discreto tasso ideologico, non si può negare ma gli stessi dati del ministero - già ai tempi della gestione di Ruth Kelly - parlavano la lingua di un progetto in fieri che stentava - e molto - a decollare. Anche i maggiori controlli qualitativi promossi dal governo in ossequio alla politica di “naming and shaming” non hanno finora sortito gli effetti sperati, ovvero l’aumento qualitativo del livello di insegnamento pena il licenziamento del preside e degli insegnanti giudicati insufficienti e il loro rimpiazzo come altri provenienti di city academies con conti e standard di eccellenza. Per finire, poi, note dolenti anche dalle università. Nonostante nel ranking mondiale la Gran Bretagna possa vantare due atenei nei primi dieci, Cambridge al 2° posto e Oxford al 10° (gli altri otto istituti sono statunitensi, con Harvard e la Ivy League a dettare legge), il progetto di mergering tra le due università per contenere i costi è praticamente fallito: quindi, aumento delle tasse e rischio di ristrutturazione.