Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Riformista: L’Università si migliora solo con la revisione dei saperi e della didattica

Riformista: L’Università si migliora solo con la revisione dei saperi e della didattica

c’è arretratezza sul fronte della revisione dei saperi e ce n’è altrettanta su quello della riorganizzazione del lavoro didattico

20/07/2006
Decrease text size Increase text size
Il Riformista

Sul problema della formazione dei docenti e sui ritardi che la sua soluzione sconta, anche rispetto ai tempi non certo serrati del cambiamento nel sistema di istruzione del nostro paese, pesano due arretratezze che coinvolgono contemporaneamente il comparto scolastico e quello universitario: c’è arretratezza sul fronte della revisione dei saperi e ce n’è altrettanta su quello della riorganizzazione del lavoro didattico. Non è chiaro il che cosa né lo è il come. Del resto, se si va a tracciare un bilancio dei tentativi inutilmente messi in atto nel corso delle due ultime legislature per porre rimedio alla lacuna, se ne esce con l’impressione che tali questioni, cruciali per definire il profilo del docente e la sua preparazione, siano state aggirate. Così, ci è trovati a prospettare soluzioni di basso profilo che hanno avuto in comune un presupposto implicito e mai dimostrato: quello che concede all’università, così com’è, la prerogativa di rinvenire al suo interno le competenze e le risorse professionali adeguate per far fronte al compito. Così non è, e sarebbe il caso di riconoscerlo, se non altro per evitare illusioni e delusioni.
Tutto nel paniere. Già per le sue stesse esigenze l’università fa difficoltà a delineare un nuovo impianto disciplinare, che tenga conto dei profondi rivolgimenti avvenuti negli assetti socioculturali nell’ultimo mezzo secolo, figurarsi poi se riesce a superare le non poche aristocratiche resistenze interne, ponendosi umilmente a servizio di una scuola, per di più in crisi di identità profonda, e che sulla questione della revisione dei contenuti e dei modi dell’insegnare non si mostra più coraggiosa del suo partner accademico, né capace di dare e darsi input di orientamento generale. Due debolezze non fanno una forza. Di conseguenza si è preferito rifluire sul confronto fra vessilli istituzionali, e dunque darsi battaglia, dentro ristretti giri accademici, tra i difensori di un modello di scuola di ateneo di stampo enciclopedico-pedagogico e i propugnatori di una soluzione settoriale, volta a perseguire comunque, tramite lauree magistrali di settore, il completamento della preparazione contenutistica del docente. Salvo poi dover riconoscere che, per aver messo tutto nel paniere, senza nessuna esclusione, il percorso prospettato fuoriesce da ogni termine di buon senso, e non soltanto per il numero spropositato di anni. Due arretratezze possono diventare un vantaggio? Sì, se si ha il coraggio di affrontare apertamente, e assieme, i blocchi di questioni che ho detto.
Perenne movimento. Nella sostanza, sarebbe controproducente ancora una volta dividersi, sul fronte della revisione dei contenuti, tra futuristi e passatisti, mentre ben più intelligente e proficuo è riconoscere che l’emergere, sulla scena del mondo, di nuovi assetti di sapere, più mobili e aperti di quelli tradizionalmente affidati a università e scuola, pone un problema serio, di individuazione della forma più adeguata a convogliarli. E’ una questione, questa, che potrà essere affrontata soltanto se ci si renderà conto di come l’universo della comunicazione sociale e tecnologica abbia fatto, nell’ultimo mezzo secolo, almeno due passi di allontanamento rispetto al modello di un sapere astratto, disciplinaristico, di stampo manualistico, quello che scuola e università ancora privilegiano. Oggi ci si rivolge a studenti (e futuri docenti) per i quali è naturale muovere da quadri conoscenza empirica, contestualizzata, operativa: è dunque su tali basi che andranno ripensate e coerentemente introdotte le pratiche didattiche che portano all’astrazione e alla formalizzazione. Qui il problema da teorico si fa politico, e pone apertamente l’esigenza di un’organizzazione dell’attività di formazione del docente dentro la quale la scuola non sia vista come lo spazio di applicazione di un sapere bell’e fatto, ma come l’ambito specifico di sistemazione concettuale di un sapere in perenne movimento. Prospettiva, questa, che pone in modo molto serio e avanzato l’esigenza di un uso serio ed avanzato delle tecnologie di rete.
Roberto Maragliano