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Rione Sanità, chiude la scuola pubblica per fare posto alla formazione privata

La denuncia di padre Alex Zanotelli. In dieci anni sono stati tagliati il 19% dei fondi all’istruzione nel Mezzogiorno contro il 13% nel Centro-Nord

02/06/2022
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il manifesto

Adriana Pollice

L’unico istituto superiore pubblico della Sanità, il Caracciolo, chiuderà: le sue aule ospiteranno corsi di formazione tenuti da privati. L’indiscrezione è stata diffusa dalla Rete del Rione Sanità, che da anni lotta perché l’istruzione pubblica nel quartiere venga rafforzata e non smantellata. «È sconfortante vedere la facilità con la quale si pensa di poter chiudere una scuola di fronte ad una catastrofe educativa che la sindemia sta comportando – il commento di Alex Zanotelli -, è sconvolgente pensare di chiudere una scuola pubblica in un quartiere deprivato».

Fino a 8 anni fa il Caracciolo accoglieva circa 600 studenti poi diminuiti a 480. Invece di lavorare al recupero della dispersione, l’istituto è stato accorpato all’Isabella D’Este, lontano dal rione Sanità, lasciando il Caracciolo senza vicepresidenza né segreteria. Così il declino è proseguito fino a scendere a 60 studenti arrivando alla chiusura. «È importante la presenza di una scuola pubblica come presidio di legalità – prosegue Zanotelli -. Per la festa della Repubblica la camorra celebrerà la chiusura di una scuola». La pandemia ci ha insegnato che serve più pubblico e invece le risorse stanno andando verso il privato.

Il comune di Napoli a inizio maggio ha pubblicato un bando per l’esternalizzazione del servizio di gestione di 21 nidi e micronidi d’infanzia comunali. Un appalto da 11 milioni 123mila euro finanziato con i fondi Siei, gli ex Pac. È ancora il privato protagonista del Patto educativo della città metropolitana di Napoli, firmato dal ministro Bianchi, la Curia, il Forum del Terzo settore e l’impresa sociale Con i bambini. Il progetto triennale prevede l’utilizzo dei fondi del Pnrr per interventi di contrasto della dispersione scolastica. La Flc Cgil ha commentato: «Abbiamo molte perplessità, c’è un progetto per affrontare il disagio giovanile attraverso un patto educativo di comunità che prevede la partecipazione di tanti soggetti a esclusione della scuola. Così si spalancano le porte alla privatizzazione».

In Campania nel 2021 il 16,4% degli studenti ha lasciato la scuola prima del diploma a fronte dell’11,2% del Centro-Nord. I dati Invalsi 2021 dicono che nell’area metropolitana partenopea la dispersione implicita (cioè i bassi livelli di apprendimento) sono al 5,29% nella scuola primaria (media nazionale 2,61%), al 30,43% nella scuola secondaria di primo grado (media nazionale 16,65%), al 20,35% nella scuola secondaria di secondo grado (media nazionale 9,89%). «La spesa in istruzione in Italia è diminuita a circa 50 miliardi nel 2019-2020. Una flessione del 15% rispetto a 10 anni prima – spiega Svimez – con un calo vicino al 19% nel Mezzogiorno e del 13% nel Centro-Nord. L’esiguità di risorse investite impedisce di sciogliere i nodi strutturali di una popolazione meno istruita».

Il segretario generale Cgil Napoli e Campania, Nicola Ricci: «Quella del sindacato non è una posizione ideologica, la scuola deve essere pubblica perché deve garantire tutti, a prescindere dal reddito e dal contesto in cui si nasce. Nessuno nega il ruolo del Terzo settore, ci vuole una cabina di regia ma con la scuola pubblica che indirizzi i processi, soprattutto a Napoli dove la dispersione scolastica è drammatica con un minore denunciato o arrestato ogni 36 ore».

Si ripete che la scuola non ha le capacità tecniche: «Invece di assumere personale – prosegue Ricci – fornendo gli strumenti per la progettazione dei percorsi formativi, si dirottano fondi verso i privati. Si dica chiaramente che è una volontà politica. Appaltare la formazione a soggetti esterni significa limitare le possibilità di apprendimento rispetto ai ragazzi del Centro Nord, ad esempio si decide che la vocazione della città è il turismo e si formano solo figure professionali di un certa tipo. Il Nord, che aveva un sistema orientato al privato, si sta spostando verso il pubblico, noi facciamo l’opposto senza aprire una discussione, senza analizzare se convenga dirottare fondi statali ed europei in un sistema che comporterà anche spese per le famiglie».


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