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«Riprendiamoci lo spazio che la bomba ci ha tolto»

Rabbia e dolore tra gli studenti della Morvillo-Falcone

21/05/2012
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Il Messaggero

 

MICHELE CONCINA


BRINDISI - In cima, addossati uno all'altro come a farsi coraggio, ci sono un coniglio e un leone di pezza. Intorno, una montagna di fiori che non smette di crescere. E' il tramonto, dalla bomba sono passate due giornate e una notte, e ancora le famiglie fanno la coda per fermarsi un istante, spesso mormorare una preghiera, mandare i bambini vestiti da prima comunione a deporre qualcosa sull'angolo della scuola Morvillo-Falcone. Sul pezzo di marciapiedi ormai sgombro dove una ragazzina di sedici anni ha smesso per sempre di sorridere.
Portano mazzi curati o steli raccolti nei campi, rametti d'olivo o spighe di grano, giocattoli e pupazzi, biglietti e letterine. L'importante è che la montagnola colorata si allarghi, rubi spazio alle impronte lasciate dalla morte. Su un grande cartoncino bianco, di quelli che si usano a scuola, è scritto a pennarello: «Hai fatto parte della nostra classe, regalando a tutti le tue potenzialità, ma anche il tuo sorriso e le tue emozioni. Ci mancherai». Fissato a un mazzo modesto, un biglietto chiede solo «perché?». Un altro ribolle di rabbia: «Le parola sono inutili, giustizia sarà fatta». Un terzo, semplicemente, «ti voglio bene».
Brindisi reagisce, mostra cuore e muscoli. Pochi isolati più in là c'è il Majorana, l'istituto che ospiterà gli allievi della Morvillo-Falcone fin quando la scuola colpita non verrà restituita all'insegnamento. Ieri mattina alle nove Salvatore Giuliano, preside del Majorana, ha preso a telefonare ai suoi colleghi in tutta Italia: «Noi apriremo di domenica, riuniremo i ragazzi per dimostrare che siamo più forti degli assassini. Se volete, aprite anche voi, per starci vicini». Centinaia e centinaia di scuole hanno aderito.
Nel cortile si assiepano facce giovani; e già di nuovo allegre, perché non c'è lutto che riesca a stroncare il miracolo di quella età. Si abbracciano fra loro e con gli adulti, parlano poco, ascoltano attenti. Alla buona, appoggiando il microfono sul suo telefono, Giuliano riesce a costruire ponti provvisori che attraversano il Paese. Chiama una scuola di Busto Arsizio, le due scolaresche si applaudono a vicenda. «Vi vogliamo bene, resistiamo insieme a voi», scandisce la preside bergamasca. «Ci impegneremo tutti i giorni perché la legalità diventi uno stile di vita quotidiano». Da Verona, un preside dall'accento toscano conferma: «La scuola è uno dei pochi strumenti della salvezza comune».
Arriva Mimmo Consales, sindaco di Brindisi da meno di una settimana. «Come voi, temo il dopo. Temo il momento in cui i riflettori si spengono e rimane il buio pesto». Coglie un'esigenza, evidente anche in questa serata in cui il microfono è sempre in mano a gente dai quarant'anni in su: «I ragazzi mi hanno chiesto di poter manifestare da soli, e hanno ragione. Martedì piazza della Vittoria e il palco saranno a loro disposizione, noi faremo un passo indietro».
Spunta dal telefono la voce di Francesco Profumo, il ministro della Pubblica istruzione. «Voglio ringraziarvi, ragazzi. Quello che state facendo aiuterà domani tutti gli studenti d'Italia a entrare a scuola senza paura. Voi e io, invece, saremo ai funerali di Melissa. Sarà una prova molto dura, ma saremo capaci di superarla».
Nella voce ormai roca di Cataldo Motta, da decenni il magistrato di punta nella lotta alla criminalità organizzata da queste parti, c'è ammirazione aperta per i ragazzi. «Andavo a parlare nelle scuole, e da tempo ne uscivo con l'impressione che fosse inutile. Voi, stasera, state dimostrando che sbagliavo, come tutti quelli che non hanno creduto in voi. L'effetto di questo atto d'intimidazione terroristica è durato neppure dodici ore. Poi, venendo qui, mostrando il coraggio di essere cittadini, avete riscritto una pagina di storia».
Ci sono ancora sottosegretari, candidati sindaci sconfitti, dirigenti ministeriali, prima che il microfono approdi finalmente nelle mani di una ragazza. Martina Certari dà voce allo sbalordimento di una generazione che la violenza l'aveva vista da lontano: «Non è più una cosa lontana, una cosa da telegiornali. E noi non possiamo più sottrarci. Dobbiamo esserci, essere sempre presenti, riconquistare lo spazio che la bomba ha cercato di toglierci». Ci saranno tutti, per cominciare, oggi pomeriggio a Mesagne, ai funerali di Melissa Basso