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Scienze delle religioni come scienze pigliatutto

na bella facilitazione, che permette ai laureati in scienze delle religioni di insegnar un bel po’ di discipline: una sorta di laurea pigliatutto

09/06/2021
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ROARS

Riceviamo dalla Senatrice Bianca Laura Granato e volentieri pubblichiamo. Facciamo solo notare che tutto ruota intorno alla locuzione “spiega i medesimi effetti”. In effetti, nella normativa esistente (D.M. N. 259/2017) è previsto per chi ha conseguito la LM-64 (Scienze delle religioni) l’insegnamento nelle classi di laurea A-18 (Filosofia e scienze umane, in licei e istituti tecnici e professionali) e A-19 (Filosofia e storia, nei licei) a condizione di aver conseguito un certo numero di crediti (ad es., nel secondo caso, 60 CFU nei settori M-FIL, M-STO e L-ANT). Se la locuzione “spiega i medesimi effetti” viene intesa nel senso che “equivale a”, allora l’obbligo di aver dato un certo numero di crediti scende  per la LM-78 e l’insegnamento di Filosofia e storia nei licei a soli 36 crediti nei soli settori scientifico-disciplinari M-STO e L-ANT (di cui 12 M-STO/01, 12 M-STO/02 o 04, 12 L-ANT/02 o 03): cioè i laureati in Scienze delle religioni possono non aver dato alcun  credito in discipline filosofiche, come invece è previsto nella normativa ancora vigente. Una bella facilitazione, che permette ai laureati in scienze delle religioni di insegnar un bel po’ di discipline: una sorta di laurea pigliatutto. Perché ciò vale, ovviamente anche per le altre classi di laurea previste nell’emendamento (cioè LM-84 e LM-01). E’ con tali provvedimenti (lasciando da parte le questioni concernenti lo specifico religioso) che si vuole migliorare la qualificazione e la preparazione dei docenti della scuola secondaria superiore.

La laurea magistrale in scienze delle religioni equivale a quella in scienze storiche, filosofiche e in antropologia culturale ed etnologia.

E’ il risultato di un emendamento all’art. 10 del  decreto 44/2021, attualmente in esame alla Camera dei deputati, inserito dal senatore Rampi del PD e approvato in Senato giovedì 13 maggio, nella semplificazione delle procedure per i concorsi pubblici per l’emergenza da Covid.

Si è approfittato di un’emergenza per “infilare” un comma ultroneo che permette a un laureato in Scienze delle Religioni di insegnare con qualche credito in più italiano, storia e geografia alle medie, storia e filosofia nei licei e italiano e storia negli istituti tecnici, ma anche di partecipare ai concorsi della pubblica amministrazione.

La cosa grave è che alla laurea Magistrale in Scienze delle Religioni si ha accesso anche, previo colloquio (sic! Presso l’università degli studi di Roma Tre), dalle triennali di Scienze Religiose, gestiti dagli Istituti di Scienze Religiose della Santa Sede. Si tratta di vere e proprie lauree ibride che entrano a gamba tesa nell’insegnamento statale delle discipline umanistiche e nella pubblica amministrazione.

La gestazione di lauree ibride è già perfezionata, tant’è vero che a Palermo dall’Anno Accademico 2021/22 partirà un corso di Scienze delle Religioni che avrà oltre  agli sbocchi tradizionali anche quello di Insegnante di Religione Cattolica e di docente di discipline storiche e filosofiche.

Ecco in che contesto va utilmente collocato l’emendamento Rampi, in quello di un ponte che si è in sordina costruito nel tempo tra ordinamento universitario statale e dottrinale estero.

Questi i fatti.

Si allega alla presente

  1. Link Università degli Studi di Roma Tre, Scienze delle Religioni
  2. Piano di studi del corso dell’Università statale di Palermo