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Scuola-azienda: No pasaran

Marco Revelli

31/03/2012
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l'Unità

Martedì scorso gli insegnanti precari milanesi hanno fatto un presidio davanti al Pirellone, la sede del Consiglio regionale lombardo. Perché in Lombardia rischia di passare una riforma devastante per tutto il sistema scolastico. Dopo il taglio di 150.000 posti di lavoro tra docenti ed Ata e circa 8 miliardi di finanziamenti da parte della Gelmini, il ministro Profumo – che poco dopo l’insediamento affermò: «la riforma Gelmini non si cambia» - non ha cambiato rotta: adesso, coerentemente con la linea del governo precedente, prima ha annunciato un concorso, il cui effetto sarebbe di revocare i diritti acquisiti dei precari presenti nelle graduatorie ad esaurimento, poi ha emanato provvedimenti che prefigurano la chiamata diretta dei presidi, «primo passo verso la completa aziendalizzazione della scuola pubblica», come ha scritto il Coordinamento Lavoratori Scuola di Milano (sul loro sito coordinamentoscuola3ottobre. blogspot. com ci sono molte informazioni). Adesso, con la benedizione del ministro, pare proprio che Formigoni – insieme al suo assessore Aprea, che da anni propugna questo modello - voglia fare della Lombardia un laboratorio di tale modello. La giunta ha infatti approvato una proposta di legge per introdurre, di fatto, la chiamata diretta nelle scuole. Io, che sono precario e insegno da molti anni con supplenze annuali, trovo tutto questo, oltre che incostituzionale, un tentativo di fare della scuola una caserma. Dare ai presidi il potere di chiamare professori a loro piacimento significa rendere gregge servile il corpo insegnante, svilire la libertà d’insegnamento, istillare paura quotidiana in coloro che dovrebbero educare i giovani alla libertà e all’autonomia, fare della scuola un luogo di autoritarismo, clientelismo, familismo e nepotismo. Sarò enfatico: a nome dei precari della scuola dico No pasaran