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Scuola della Costituzione verso scuola della competizione
Ci sono modi diversi per ragionare di scuola pubblica e della sua funzione in un Paese che intenda concretizzare democrazia.
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Ci sono modi diversi per ragionare di scuola pubblica e della sua funzione in un Paese che intenda concretizzare democrazia. Il primo fotografare l’esistente, considerarlo un dato ineluttabile, destinato a rimanere immodificato e proporre “aggiustamenti”, che non fanno altro che sclerotizzare le condizioni del sistema stesso. È questa la politica di coloro che pensano che parlare, ad esempio, di obbligo scolastico innalzato ai livelli degli altri Paesi UE, comporti solo procedure giuridiche, e non un serio e impegnativo quadro di riforma, di come, che cosa, quando e soprattutto perché insegnare. Molto diverso tenere fino a 16 anni dentro la scuola – così com’è – ragazzi “difficili” o figli della nostra più o meno inerziale borghesia. Non è la nostra scuola immobile da decenni (nonostante sedicenti “riforme” che, almeno da Moratti, altro non sono che restyling su base economica, che nulla hanno a che fare con pedagogia e didattica, sociologia e psicologia) che può accogliere efficacemente chi in essa dovrebbe avere il diritto di trovare un’alternativa.
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