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Scuola e madri di nuovo tradite

Chiara Saraceno

14/03/2021
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La Stampa

Da domani la quasi totalità dei nidi, delle scuole d'infanzia, elementari, medie e medie superiori sarà chiusa in tutto il territorio nazionale, con le famiglie che dovranno, ancora una volta, far fronte in totale solitudine, e con risorse molto diversificate non solo alla presenza in casa 24 ore su 24 dei figli, alla loro frustrazione, irrequietezza, bisogni, ma anche alle responsabilità aggiuntive derivanti dalla didattica a distanza. Sembra che i decisori politici non abbiano imparato nulla dall'esperienza della primavera scorsa e anche di questi difficili mesi di scuola spesso a singhiozzo o, in alcune regioni, pressoché sempre chiusa.

Non tutti i genitori possono accedere a un congedo, per condizioni contrattuali o finanziarie. Non possono neppure permettersi il costo di una babysitter a tempo pieno, anche con l'aiuto del voucher... È significativo che, secondo i dati Inps, la quasi totalità dei voucher utilizzati lo scorso anno siano andati a compensare, parzialmente, nonni dalla disponibilità ampia e flessibile, che non si formalizzano sulla quantità di ore effettivamente remunerate (che però, se non ancora vaccinati, andrebbero protetti dal contagio, o no?). Ma non tutti possono contare, compensandoli o meno, su nonni vicini, disponibili, in grado di occuparsi di bambini piccoli per molte ore al giorno. Il ricorso al lavoro a distanza, per chi può farlo, può essere una soluzione se non si hanno bambini piccoli, che richiedono sorveglianza e intrattenimento, tanto più se ristretti in casa senza compagni di giochi (e davvero non si capisce perché vengano chiusi anche nidi e scuole dell'infanzia, dove i contagi sono minimi e l'organizzazione è già in "bolle" per piccoli gruppi). Può essere difficile anche con figli più grandicelli, se la casa è piccola e gli strumenti informatici disponibili pochi. Una signora con due figli in età diversa e una casa piccolissima mi ha raccontato che lo scorso anno doveva mettere la figlia a seguire le lezioni in bagno, con il cellulare e i quaderni appoggiati alla lavatrice, mentre l'altro figlio seguiva le lezioni in cucina. Ora dovrà fare lo stesso. Perché accanto ai problemi dei genitori, in particolare delle mamme che già in questi mesi hanno spesso dovuto lasciare il lavoro, se non lo hanno perso, per far fronte alle scuole a singhiozzo, ci sono quelli dei bambini e ragazzi. Di tutti, ma in particolare di quelli in condizioni abitative, familiari, economiche, difficili.

Con il nuovo Dpcm ci si è ricordati degli studenti con bisogni educativi speciali, legati a una qualche disabilità psico-fisica certificata, permettendo loro di continuare ad andare a scuola, auspicabilmente con qualche compagno per non ghettizzarli interrompendo il processo di inclusione. Ma ci si continua sistematicamente a dimenticare delle altre fragilità che richiedono attenzione e suggeriscono la necessità di spazi fisici e relazioni extra-domestici e extra-familiari. Anzi, con la chiusura delle scuole si chiudono non solo gli spazi gioco attrezzati, ma anche gli spazi educativi offerti dall'associazionismo civico e dal terzo settore. Proprio perché le scuole vengono chiuse, occorre invece mantenere aperti il più possibile questi spazi dove piccoli gruppi, sempre gli stessi, possono trovare non solo gli strumenti e le connessioni informatiche per seguire le lezioni a distanza di cui non dispongono in casa, ma persone che possono seguirli, motivarli, oltre che coinvolgerli in altre attività. Perché non abbandonino la scuola, come stanno già facendo in modo silenzioso molti studenti delle scuole medie superiori nelle aree più disagiate delle città, ciondolando irrequieti per casa o per strada, esclusi da tutto, salvo che dalla tentazione della trasgressione o della ribellione improvvisa.

Le reti che si raccolgono in EducAzioni già nei giorni scorsi avevano chiesto al ministro di fare in modo che anche in zona rossa questi spazi possano rimanere aperti, e anzi di sollecitare l'apertura di altri, oltre che di consentire l'utilizzo delle stesse aule scolastiche per la frequenza di piccoli gruppi stabili composti da studenti che non hanno le condizioni familiari e abitative adeguate (genitori che lavorano fuori casa entrambi, spazi ristretti, mancanza di connessione). Avevano anche chiesto che fosse avviato un monitoraggio degli studenti che si sono persi per strada già in questi mesi, per poter mettere a punto strategie di recupero. Nulla di tutto ciò è presente nel Dpcm. C'è ancora tempo per correggerlo, purché si faccia presto. —