ROMA - Il ministro dell'Istruzione, Patrizio Bianchi, ieri ha presentato il progetto per l'arruolamento dei docenti e la loro formazione obbligatoria alle commissioni Cultura di Camera e Senato (la mattina) e ai sindacati (il pomeriggio). Sono due dei sei punti che, sul Piano nazionale di resilienza e ripresa, riguardano l'Istruzione e vanno chiusi, come richiede l'Unione europea, entro il 31 giugno. Su questi aspetti del Pnrr, però, il ministero vuole fare in fretta ed è pronto a portare il decreto in Consiglio dei ministri "entro aprile".
Il decreto prevede, riassumendo, tre strade per arrivare al concorso e alla cattedra di ruolo alle medie e alle superiori, una più agevolata per i precari storici. Quindi, più formazione - 60 crediti - tra teoria e tirocini, in aggiunta alla laurea magistrale o a ciclo unico per l'abilitazione: di fatto un reintegro del vecchio Tfa, il tirocinio (universitario) di formazione e abilitazione alla professione di docente. E, ancora, gli scatti di stipendio non saranno solo per anzianità, ma legati a chi frequenta un percorso di formazione e di aggiornamento permanente. Il punto più delicato, quest'ultimo.
Il ministro Bianchi ha chiarito che la ratio del provvedimento è una semplificazione e una stabilizzazione delle procedure di arruolamento, differenziate nel tempo da una serie di riforme (praticamente una a ogni nuovi ministero) che oggi rendono le assunzioni un percorso complesso e i vuoti in cattedra una realtà mai superata: "Vogliamo dare certezze alla scuola", ha sostenuto il ministro.
Dura la reazione della Flc Cgil, che, con il suo segretario Francesco Sinopoli ha scritto: "E' stata un'altra occasione persa. Dopo lo svolgimento delle elezioni per il rinnovo delle rappresentanze sindacali nei settori della conoscenza, che ha visto la partecipazione di oltre un milione di lavoratori, il governo decide di mortificare la rappresentanza presentando un decreto che è solo da respingere. Ancora una volta l'annunciata importanza del confronto con le parti sociali viene annichilita dall'atteggiamento unilaterale di chi non si pone il tema del consenso sulle proprie proposte politiche".
Sinopoli contesta la modalità della presentazione - "tre slide che hanno schematizzato la riforma senza alcun testo di legge annesso" - e il provvedimento nel merito: "Registriamo l’assenza totale di un collegamento tra formazione e accesso all’assunzione a tempo indeterminato. Una questione che nel caso dei precari è cogente, tanto che l’unica strada che gli si prospetta è il concorso a quiz. Il problema si pone anche per i neo-laureati, chiamati ad acquisire 60 crediti formativi all'università senza garanzie che questa abilitazione sia poi preludio per un'assunzione in ruolo. Il sistema proposto, in estrema sintesi, si configura come un’estensione dei Cfu, che sono requisiti per l’accesso all’insegnamento, e la conferma dei concorsi a quiz, due misure che si contraddicono. Chi investe sulla propria formazione non può affidare a un quiz il proprio futuro. I percorsi di formazione in ingresso devono avere natura abilitante ed essere uno strumento di formazione e accesso al ruolo".
La Cgil, che ha parlato di un ritorno all’età della pietra delle relazioni sindacali, ha rigettato tutta la parte dedicata alla carriera dei docenti: "Una proposta indecente e irricevibile". I motivi sono legati, ancora, alla mancanza di un confronto: "Siamo di fronte alla solita invasione delle materie contrattuali dove, senza peraltro parlare di risorse, si vorrebbe introdurre per legge, saltando il tavolo negoziale, una serie di misure come l'accelerazione di carriera e la formazione per il cosiddetto middle management nonché l'introduzione di nuove figure professionali. La norma si sostituirebbe al contratto che è, e deve restare, l’unico strumento che può regolare il rapporto di lavoro, il salario, le progressioni di carriera".
Siamo alla vigilia del rinnovo del contratto nazionale per i lavoratori della scuola e la trattativa, che non prevede risorse aggiuntive, si svolgerà all'interno di un perimetro di inflazione crescente e spese miltari aumentate, questione che brucia risorse per ogni altra voce di investimento pubblico. "Il governo e il ministro ritirino subito questa idea impraticabile e fuori dalle regole altrimenti la nostra risposta sarà la lotta".
Critici - per ragioni simili - anche la Cisl scuola e il coordinatore della Gilda degli insegnanti, Rino Di Meglio: “I temi del reclutamento e della formazione iniziale e quelli della carriera e degli incentivi vanno affrontati separatamente", dice, "perché questi ultimi due attengono alla sfera contrattuale. I principi alla base della riforma del reclutamento possono anche essere condivisibili e noi siamo i primi a sostenere che per la scuola secondaria va previsto un percorso di abilitazione come quello della primaria. Non siamo d’accordo, però, sulla parte transitoria, perché si delinea un iter troppo complesso rispetto alla situazione drammatica del precariato per la quale serve una procedura più snella”.
C'è un'altra questione che pesa, il taglio di mezzo punto percentuale degli investimenti sulla scuola annunciato dal governo nel documento programmatico Def. “Piove sul bagnato", dice Di Meglio, "visto che l’Italia si colloca già agli ultimi posti in Europa per quanto riguarda le risorse destinate all’istruzione. Ministero e sindacati dovrebbero, invece, trovarsi dalla stessa parte della barricata per fare pressione e ottenere maggiori investimenti”.