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Scuola, una legge per dire no all'autonomia differenziata

Proposta del Coordinamento per la democrazia costituzionale e dei sindacati. Lo Stato deve essere il garante del diritto universale all'istruzione

09/11/2022
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Collettiva.it

Secondo lo Svimez uno studente e una studentessa del Sud stanno in classe 100 ore in meno all’anno. Ancora: al Sud i giovani tra i 15 e 24 anni fermi alla licenza media sono il 20 per cento, 5 punti sopra la media nazionale e 9 rispetto a quella europea. Poi c’è l’abbandono: dall’ultimo Rapporto pubblicato da Save The Children la Sicilia è al primo posto per dispersione scolastica a livello nazionale, con una media pari al 21,1% e con punte del 25%. Si potrebbe continuare a lungo con i dati, ad esempio con quelli che riguardano i Neet (cioè i giovani che non studiano, non lavorano e non sono in formazione): nel Mezzogiorno costituiscono il 39% dei giovani tra i 15 e i 24 anni: quasi il doppio di quelli residenti nelle altre aree del paese.

No ad altre diseguaglianze

Ebbene, a fronte di questo quadro in cui prevalgono gli squilibri, con la nuova maggioranza di governo sta tornando in auge la famigerata autonomia differenziata, cioè quella che darebbe mani libere alle Regioni in ben 23 competenze, tra cui ovviamente la scuola. La bozza di legge quadro è stata preparata dall’inossidabile Calderoli, ministro per gli Affari regionali e le autonomie, e rischia di spostare sempre più risorse verso le Regioni più ricche, finendo così per aumentare le diseguaglianze esistenti. Sembra di tornare al 2019, all’epoca delle intese separate di Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna.

Per scongiurare questa iniziativa il Coordinamento per la democrazia costituzionale – insieme a Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola Rua, Snals Confsal e Gilda Unams – ha avviato una raccolta di firme per una Proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare di modifica di parte degli articoli 116 e 117 della Costituzione – contenuti nel titolo V della Carta – che ripartiscono le diverse competenze tra Stato e Regioni tra esclusive e concorrenti.

La governance in mano allo Stato 

Rispetto a questa operazione, spiega la segretaria nazionale della Flc Cgil, Grazia Maria Pistorino, “la prima emergenza che ci si pone come sindacato è quella di difendere e rilanciare il diritto universale all'istruzione. Differenziare i programmi su base regionale, assumere localmente insegnanti e dirigenti, magari pagandoli diversamente, configurerebbe un diritto allo studio ancora più diseguale di quello attuale”.

Di qui la proposta di legge costituzionale che, puntualizza la sindacalista, “non interviene solo sulla scuola. Non parliamo di una modifica integrale del Titolo V, ma di introdurre strumenti normativi che costruiscano un sistema di equilibri tra Stato e Regioni e in cui la governance resti in mano allo Stato, che deve essere il garante dell’interesse nazionale generale. Cosa che del resto avviene anche negli Stati federali”. 

Proprio per questo la potestà legislativa sarebbe esclusivamente statale (e non più in condominio con le Regioni) in materie strategiche per l'unità del paese, dall'istruzione, alla salute e al sistema sanitario nazionale, a porti, aeroporti, autostrade, ferrovie, reti di comunicazione. 

Niente intese separate

“Vogliamo anche – aggiunge Pistorino – scongiurare il principio pattizio, cioè quello per cui si può avviare l'autonomia con accordi tra governo e singola Regione, non passando in questo modo per il Parlamento che avrebbe l’unico compito di ratificare l’intesa”. Tra gli altri paletti inseriti per garantire gli interessi supremi dell’unità nazionale, la proposta di legge prevede anche di introdurre una clausola di supremazia della legge statale, collegare l'autonomia a specificità della Regione richiedente e individuare per la legge di approvazione momenti di verifica referendaria.

Per concludere tornando ai dati, si può ricordare che nel suo rapporto di ottobre l’'Ocse, come ci ricorda Fabio Cirino, segretario generale della Flc Palermo, “certifica il record di analfabetismo nell'Isola e dell'alfabetismo senza titolo: il 50 per cento dei giovani siciliani risulta inattivo ma quel che è peggio senza speranza. Sono dati allarmanti, che indicano 300 mila analfabeti in Sicilia". Un’autonomia differenziata che farebbe parti diseguali tra chi è disuguale sarebbe un ulteriore colpo mortale al futuro di centinaia di migliaia di giovani.