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ScuolaOggi: Falsi Handicappati o medici compiacenti^

di Federico Niccoli

01/09/2010
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ScuolaOggi

Prima dell’inizio di ogni anno scolastico, si fanno le pulci ai vari dislivelli nell’ "approvvigionamento” delle risorse umane tra Nord e Sud.
Ultimo, in ordine di tempo, è Gian Antonio Stella che, in un’inchiesta molto documentata sul Corriere della Sera, si occupa della crescita esponenziale, soprattutto negli ultimi anni, degli alunni disabili, che diventano un formidabile propellente per la costruzione di cattedre di “sostegno” nei vari gradi e ordini di scuole.
Tutto ciò avviene nel dopo Cristo di Gelmini e Brunetta, i quali, a fronte di roboanti proclami sulla serietà e sul rigore, incassano clamorosi insuccessi nella pubblica amministrazione e nella scuola reali.

L’analisi di Stella è, come sempre, puntuale. Sulle cause del fenomeno indagato serve un supplemento di attenzione.
È sicuramente esatto che, come per tante altre situazioni della pubblica amministrazione, il numero degli handicappati certificati nelle regioni meridionali è molto più alto (sia in termini assoluti che in termini percentuali) rispetto alla stessa categoria presente nelle scuole del Nord: dove la disoccupazione morde con più asprezza, i malcapitati insegnanti e l’apparato istituzionale circostante utilizzano tutte le forme di creatività occupazionale per sopravvivere.
Ma, la questione centrale che non è mai stata affrontata seriamente non solo dai governi berlusconiani, ma anche di quelli di centro-sinistra, è da ascrivere alla decisione sempre vigente, in virtù della quale alle scuole possono essere assegnate risorse aggiuntive di organico solo in presenza di alunni definibili come “persone handicappate” ai sensi della legge 104/92.
Negli ultimi anni è sicuramente aumentato, a due cifre percentuali, il numero degli alunni extracomunitari e non in situazione di disagio e di svantaggio socio-culturale.
Dal punto di vista delle risorse aggiuntive indispensabili alle scuole per elaborare decentemente un piano dell’offerta formativa in grado di coniugare le esigenze della generalizzazione con quelle dell’individualizzazione è, in molte occasioni, necessario un insegnante di supporto più per gravi situazioni di svantaggio che per situazioni di handicap lieve.
Dato che l’attuale governo del fare ha fatto strage di posti-docente “in tutti i luoghi e in tutti i laghi”, arrivano le truppe di medici compiacenti che attraversano con noncuranza la sottile linea di demarcazione tra disagio e disabilità con certificazioni improbabili, molto simili alle diagnosi di “nevrosi ansiosa depressiva”, elargite a schiere di dipendenti della pubblica amministrazione in congedo/aspettativa per motivi di salute.
I disabili aumentano in termini assoluti, ma – e questo Stella non lo ha notato – crescono, e considerevolmente, nel passaggio da un grado di scuola all’altro (soprattutto dall’infanzia alla secondaria di 1° grado). Verrebbe da dire, con una battuta, che “la scuola ammala”! In realtà, ancora una volta questo progress della disabilità è dovuto alla confusione tra “difficoltà di apprendimento” e “disabilità”, nonostante i criteri per la certificazione dell’handicap siano rigorosissimi. Ed anche in questo caso, si deve dire che le difficoltà di apprendimento sono un grave problema da affrontare, ma non certo con i tagli selvaggi di organico del duo Tremonti-Gelmini né, tanto meno, con l’aumento indiscriminato di alunni per classe.
Che dire, poi, del fatto che i posti di insegnante di sostegno sono coperti nel Nord da poco più del 50% di incarichi a tempo indeterminato con sacche enorme di precariato, mentre al Sud le percentuali si ribaltano?
Per diretta esperienza professionale, so che a Milano abilitiamo decine di migliaia di insegnanti di sostegno (in prevalenza meridionali), che, ottenuto il titolo di specializzazione, lo utilizzano, appena possibile, per trasferimenti/incarichi al Sud in base alle leggi esistenti, che a nessuno è mai venuto in mente di modificare con tanti saluti alle sacrosante esigenze di continuità didattica e ai diritti inalienabili degli alunni in situazione di handicap ad una prestazione stabile nel tempo e non soggetta ai caroselli migratori direzione nord-sud.
Che fare allora?
Bisogna riscoprire una vecchia, sempre attuale, idea sindacale di costruzione di organici funzionali alle reali esigenze delle scuole, valutando i bisogni formativi speciali non sono dei disabili (quelli veri, denunciando chi inventa quelli falsi!), ma anche dei disagiati, degli svantaggiati, degli extracomunitari,…
E, su questa base, formulare organici con posti per cattedre curricolari più posti per risorse aggiuntive con docenti tutti contitolari e corresponsabili del progetto formativo di ciascun istituto.