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ScuolaOggi: La Corte dei Conti frena la Gelmini: il maestro unico non può essere un obbligo

di Fabrizio Dacrema e Gianni Gandola

14/07/2009
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ScuolaOggi

La Corte dei Conti frena la Gelmini: il maestro unico non può essere un obbligo

di Fabrizio Dacrema e Gianni Gandola

Dopo la Corte Costituzionale sul regolamento sulla rete scolastica, anche la Corte dei Conti frena la Gelmini: il maestro unico non può essere obbligatorio. Nel dare via libera al regolamento sul primo ciclo dell’istruzione la Corte dei Conti afferma che “in sostanza l'indicazione del modello non avrebbe alcun carattere prescrittivo, lasciando piena libertà alle scuole di strutturare orari e assetti didattico-organizzativi secondo la propria programmazione e valutazione".

Nella deliberazione di registrazione del regolamento, la Corte dei Conti fornisce una interpretazione corretta della legge 169/2008: il modello del maestro unico “viene sì indicato come modello da privilegiare nell'ambito delle possibili articolazioni del tempo-scuola, ma pur sempre tenuto conto della richiesta delle famiglie e nel rispetto dell'autonomia scolastica”

Un dietrofront non da poco per il Ministro che ancora recentemente affermava in una intervista a Famiglia Cristiana: «Quella del maestro unico è una scelta culturale e pedagogica del ministero che vale per tutti. Noi abbiamo cercato di venire incontro alle famiglie con opzioni orarie di 24, 27, 30 e 40 ore ma, qualunque sia la scelta, il maestro di riferimento è sempre unico. Il massimo di ore che può fare un maestro elementare sono 22 più 2 di programmazione, quindi ci sarà un maestro di riferimento affiancato da colleghi – d’inglese, di religione – che copriranno le ore rimanenti. Identificare il maestro unico con le 24 ore è un errore di contenuto che sta disorientando le famiglie».

Insieme a larga parte della scuola primaria, abbiamo sempre contrastato il ritorno al maestro unico perché fino ad oggi il gruppo docente corresponsabile, la specializzazione degli insegnanti per ambiti disciplinari e la programmazione unitaria hanno dato buoni risultati ed hanno permesso alla scuola primaria italiana di collocarsi ai primi posti in tutte le indagini internazionali.

Inoltre, la decisione di imporre il modello del maestro unico attraverso una norma generale ci è sempre sembrata una palese invasione di campo dell’autonomia scolastica sulla base della quale (vedi dpr 275/99) le decisioni circa i modelli di organizzazione didattica sono di competenza delle scuole.

Le forzature della Gelmini, d’altra parte, sono originate dall’unico intento di ridurre la spesa per l’istruzione e il maestro unico rappresenta per il governo la strada per diffondere un modello di scuola poco costoso: solo 24 ore settimanali per una scuola esclusivamente antimeridiana e con un unico insegnante. Alla prova della scelta delle famiglie si è però rivelato un flop, solo il 3% dei genitori l’hanno scelto, tutti gli altri hanno optato per i modelli di 30/40 ore con la pluralità docente.

Allora il Ministro ha comunque cercato di imporre un maestro fortemente prevalente in ogni classe in modo da precostituire un modello di funzionamento della scuola primaria semplificato e impoverito, in cui di fatto tutte le discipline sarebbero state insegnate da un docente tuttologo e le ore residue sarebbero state coperte da insegnanti tappabuchi (non necessariamente pagati dal Ministero). Il disegno è chiaro: ridurre il più possibile ad un insegnante per classe il costo standard a carico dello Stato e scaricare su Enti Locali e famiglie le esigenze di tempo scuola aggiuntivo. Lungo questa via, però, il Ministro ha inciampato nella Costituzione, che tutela l’autonomia delle istituzioni scolastiche e, con essa, la possibilità di progettare l’utilizzo degli insegnanti attraverso modelli di organizzazione didattica diversi dal maestro unico. Le scuole potranno così valorizzare la specializzazione in una determinata area disciplinare dei docenti della scuola primaria - dalla riforma del 1990 non ci sono più i maestri unici tuttologi – e potranno continuare a coordinare gli interventi attraverso la programmazione unitaria settimanale del gruppo docente.

Il re è nudo quindi. Non c’è un nuovo modello culturale e pedagogico di scuola primaria fondato sul maestro di riferimento unico, né ci poteva essere perché contrario all’autonomia scolastica tutelata dalla Costituzione e perché bocciato dall’esperienza professionale degli insegnanti, dalle scelte dei genitori e dai risultati positivi finora raggiunti dalla scuola elementare italiana.

Rimangono, invece, i tagli che colpiranno pesantemente la qualità dell’offerta formativa, eliminando tutte le compresenze degli insegnanti, uno spazio di flessibilità didattica indispensabile per individualizzare l’insegnamento e promuovere il successo scolastico di tutti.

Per dirla in altre parole: l’aspetto positivo, da mettere in rilievo, sta appunto nel fatto che le decisioni in merito all’organizzazione didattica spetteranno ai Collegi docenti. Quindi la possibilità di salvaguardare e valorizzare metodologie didattiche fondate sul team teaching, sull’insegnamento cooperativo, ecc.

Il limite, l’elemento che ridurrà di fatto e condizionerà non poco queste potenzialità sarà determinato dagli organici che verranno assegnati alle scuole. Lungo questo difficile crinale dovranno muoversi i Collegi docenti.

Fabrizio Dacrema e Gianni Gandola

Dopo la Corte Costituzionale sul regolamento sulla rete scolastica, anche la Corte dei Conti frena la Gelmini: il maestro unico non può essere obbligatorio. Nel dare via libera al regolamento sul primo ciclo dell’istruzione la Corte dei Conti afferma che “in sostanza l'indicazione del modello non avrebbe alcun carattere prescrittivo, lasciando piena libertà alle scuole di strutturare orari e assetti didattico-organizzativi secondo la propria programmazione e valutazione".
Nella deliberazione di registrazione del regolamento, la Corte dei Conti fornisce una interpretazione corretta della legge 169/2008: il modello del maestro unico “viene sì indicato come modello da privilegiare nell'ambito delle possibili articolazioni del tempo-scuola, ma pur sempre tenuto conto della richiesta delle famiglie e nel rispetto dell'autonomia scolastica”
Un dietrofront non da poco per il Ministro che ancora recentemente affermava in una intervista a Famiglia Cristiana: «Quella del maestro unico è una scelta culturale e pedagogica del ministero che vale per tutti. Noi abbiamo cercato di venire incontro alle famiglie con opzioni orarie di 24, 27, 30 e 40 ore ma, qualunque sia la scelta, il maestro di riferimento è sempre unico. Il massimo di ore che può fare un maestro elementare sono 22 più 2 di programmazione, quindi ci sarà un maestro di riferimento affiancato da colleghi – d’inglese, di religione – che copriranno le ore rimanenti. Identificare il maestro unico con le 24 ore è un errore di contenuto che sta disorientando le famiglie».
Insieme a larga parte della scuola primaria, abbiamo sempre contrastato il ritorno al maestro unico perché fino ad oggi il gruppo docente corresponsabile, la specializzazione degli insegnanti per ambiti disciplinari e la programmazione unitaria hanno dato buoni risultati ed hanno permesso alla scuola primaria italiana di collocarsi ai primi posti in tutte le indagini internazionali.
Inoltre, la decisione di imporre il modello del maestro unico attraverso una norma generale ci è sempre sembrata una palese invasione di campo dell’autonomia scolastica sulla base della quale (vedi dpr 275/99) le decisioni circa i modelli di organizzazione didattica sono di competenza delle scuole.
Le forzature della Gelmini, d’altra parte, sono originate dall’unico intento di ridurre la spesa per l’istruzione e il maestro unico rappresenta per il governo la strada per diffondere un modello di scuola poco costoso: solo 24 ore settimanali per una scuola esclusivamente antimeridiana e con un unico insegnante. Alla prova della scelta delle famiglie si è però rivelato un flop, solo il 3% dei genitori l’hanno scelto, tutti gli altri hanno optato per i modelli di 30/40 ore con la pluralità docente.
Allora il Ministro ha comunque cercato di imporre un maestro fortemente prevalente in ogni classe in modo da precostituire un modello di funzionamento della scuola primaria semplificato e impoverito, in cui di fatto tutte le discipline sarebbero state insegnate da un docente tuttologo e le ore residue sarebbero state coperte da insegnanti tappabuchi (non necessariamente pagati dal Ministero). Il disegno è chiaro: ridurre il più possibile ad un insegnante per classe il costo standard a carico dello Stato e scaricare su Enti Locali e famiglie le esigenze di tempo scuola aggiuntivo. Lungo questa via, però, il Ministro ha inciampato nella Costituzione, che tutela l’autonomia delle istituzioni scolastiche e, con essa, la possibilità di progettare l’utilizzo degli insegnanti attraverso modelli di organizzazione didattica diversi dal maestro unico. Le scuole potranno così valorizzare la specializzazione in una determinata area disciplinare dei docenti della scuola primaria - dalla riforma del 1990 non ci sono più i maestri unici tuttologi – e potranno continuare a coordinare gli interventi attraverso la programmazione unitaria settimanale del gruppo docente.
Il re è nudo quindi. Non c’è un nuovo modello culturale e pedagogico di scuola primaria fondato sul maestro di riferimento unico, né ci poteva essere perché contrario all’autonomia scolastica tutelata dalla Costituzione e perché bocciato dall’esperienza professionale degli insegnanti, dalle scelte dei genitori e dai risultati positivi finora raggiunti dalla scuola elementare italiana.
Rimangono, invece, i tagli che colpiranno pesantemente la qualità dell’offerta formativa, eliminando tutte le compresenze degli insegnanti, uno spazio di flessibilità didattica indispensabile per individualizzare l’insegnamento e promuovere il successo scolastico di tutti.
Per dirla in altre parole: l’aspetto positivo, da mettere in rilievo, sta appunto nel fatto che le decisioni in merito all’organizzazione didattica spetteranno ai Collegi docenti. Quindi la possibilità di salvaguardare e valorizzare metodologie didattiche fondate sul team teaching, sull’insegnamento cooperativo, ecc.
Il limite, l’elemento che ridurrà di fatto e condizionerà non poco queste potenzialità sarà determinato dagli organici che verranno assegnati alle scuole. Lungo questo difficile crinale dovranno muoversi i Collegi docenti.